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Gli Usa affossano le illusioni del duo Salvini-Meloni: il Ponte sullo Stretto non rientra tra le spese Nato

L'agenzia Bloomberg rilancia le parole dell’ambasciatore statunitense Whitaker: l’America non consentirà «contabilità creativa», le spese militari riguardano settori ben specifici, «non si tratta di ponti che non hanno alcun valore strategico militare». Il ministero dei Trasporti si affretta a diramare una nota che è la classica pezza peggiore del buco
 |  Trasporti e infrastrutture

Gli Stati Uniti spazzano via le pie illusioni di Matteo Salvini e dell’intero governo Meloni, che aveva provato la furbata di far rientrare i costi per la realizzazione del Ponte di Messina nella quota del 5% del Pil per le spese militari prevista dai recenti impegni Nato. Il Ponte come infrastruttura utile per far passare le truppe in eventuali scenari di guerra? Una roba da ridere: come spiega l’agenzia Bloomberg riprendendo le parole pronunciate dall’ambasciatore Usa alla Nato Matthew Whitaker, l’America non consentirà «contabilità creativa da parte degli alleati europei».

Parole già queste interpretate come una «messa in guardia nei confronti dell’Italia», ma a cui poi hanno fatto seguito altre specificamente riferite al tentativo del governo Meloni di far rientrare i 13,5 miliardi necessari per il Ponte tra le spese dell’Alleanza atlantica. A una domanda specifica sull’opera che dovrebbe attraversare lo Stretto di Messina, l’ambasciatore statunitense ha risposto che le spese militari riguardano settori ben specifici, «non si tratta di ponti che non hanno alcun valore strategico militare».

Non solo. Se il governo dovesse tentare altre forzature in futuro, l’ambasciatore Usa ha anche avvertito che verranno impediti tutti i possibili escamotage per far rientrare nel 5% promesso opere che non hanno a che vedere con il settore Difesa: «Ho osservato la situazione con molta attenzione. La cosa positiva di questo momento alla Nato rispetto al vertice del Galles del 2014 è che abbiamo dei meccanismi di monitoraggio».

Al governo, e soprattutto a Salvini, non è restato che tentare di fare buon viso a cattivo gioco. Poco dopo che Bloomberg ha rilanciato le parole di Whitekar, il ministero dei Trasporti ha diramato una nota in cui si legge: «Il Ponte sullo Stretto è già interamente finanziato con risorse statali e non sono previsti fondi destinati alla Difesa. Al momento – aggiunge il dicastero guidato dal leader leghista – l’eventuale utilizzo di risorse Nato non è all’ordine del giorno e, soprattutto, non è una necessità irrinunciabile. L’opera non è in discussione».

L’ennesima figuraccia per Salvini, che neanche un mese fa aveva parlato in conferenza stampa di un «dual use per motivi di sicurezza» del Ponte. E una vera e propria sveglia per i sogni dell’intero governo, che ad aprile aveva classificato il collegamento da 13,5 miliardi di euro tra Sicilia e Calabria come opera «strategica nell’ottica della difesa europea e della Nato».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.