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I voli aerei in prima e business class emettono fino a 5 volte più gas serra di quelli in economy

Lo rivela una nuova analisi di Greenpeace Europa centro-orientale realizzata da T3 Transportation think tank. Sebbene i passeggeri di queste classi rappresentino appena il 14% dei viaggiatori, sono in realtà responsabili di oltre un terzo (il 36%) delle emissioni complessive dei voli a lungo raggio. Le motivazioni: principalmente occupano molto più spazio e trasportano un peso maggiore per passeggero
 |  Trasporti e infrastrutture

Alla vigilia di un nuovo periodo festivo di viaggi, Greenpeace Europa centro-orientale pubblica una nuova analisi in cui stima che, sebbene i passeggeri aerei di prima e business class rappresentino appena il 14% dei viaggiatori, sono in realtà responsabili di oltre un terzo (il 36%) delle emissioni complessive dei voli a lungo raggio. La ricerca, realizzata per l’organizzazione ambientalista da T3 Transportation Think Tank, ha analizzato i voli a lungo raggio in partenza da 44 Paesi e operati da 24 compagnie aeree europee nel 2024, inclusi quelli di Ita Airways partiti da Roma.

Solo lo scorso anno sono stati venduti almeno 19 milioni di biglietti di prima, business e premium economy per voli a lungo raggio in partenza dall’Europa, riflettendo la tendenza in crescita delle compagnie aeree europee a puntare sui viaggiatori più ricchi. I voli in prima e business class emettono 4-5 volte più CO₂ per passeggero per chilometro rispetto ai voli in economy: principalmente occupano molto più spazio e trasportano un peso maggiore per passeggero. Nonostante il loro impatto climatico elevato, attualmente a livello europeo non esistono limiti o tasse sui voli di lusso. Greenpeace, pertanto, invita l’UE e tutti i governi europei a introdurre imposte efficaci sui voli di prima e business class.

«Un singolo volo di andata in prima classe da Francoforte a New York produce tante emissioni di gas serra quante ne genera un cittadino medio dell’UE in un anno intero. I viaggi di lusso per pochi privilegiati hanno costi incredibilmente elevati per tutte le altre persone e per il pianeta», dichiara Federico Spadini, della campagna Clima di Greenpeace Italia. «Mentre tante famiglie fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, le compagnie aeree ampliano le cabine di lusso, con un consumo di carburante molto superiore a quello di un posto in economy. E questi posti sono di fatto sovvenzionati da soldi pubblici, attraverso sgravi fiscali sul carburante per l’aviazione ed esenzioni sull’Iva».

Greenpeace ha calcolato che, se solo si applicasse una tassa minima di 340 euro per ogni biglietto di prima classe a lungo raggio, di 220 euro per ogni biglietto in business class e di 75 euro per ogni biglietto in premium economy venduto in Europa, si potrebbero generare almeno 3,3 miliardi di euro all’anno in entrate fiscali per gli Stati europei, senza aumentare i costi per la maggior parte dei cittadini. Queste risorse potrebbero essere utilizzate a beneficio della collettività, ad esempio per finanziare un trasporto pubblico migliore e più accessibile, o i cosiddetti “biglietti climatici”, titoli di viaggio a basso costo e integrati per il trasporto pubblico su tutto il territorio nazionale.

Solo pochi Paesi, come Francia e Regno Unito, hanno iniziato a tassare i biglietti di prima e business class, mentre alla recente Cop30 la Spagna ha annunciato di sostenere l’introduzione di queste imposte. Il settore dell’aviazione è ampiamente sovvenzionato soprattutto attraverso massicci vantaggi fiscali, al contrario dei trasporti pubblici terrestri più sostenibili, come le ferrovie, che pagano tasse sull’energia, pedaggi elevati e Iva nella maggior parte dei Paesi europei.

«Non è accettabile che una ricca élite continui ad aumentare le proprie emissioni e paghi cifre irrisorie lasciando alle persone il conto climatico da saldare. I governi europei devono porre fine a questa scandalosa disuguaglianza e far pagare ai più facoltosi ricchi la loro giusta quota, a partire dalle tasse sui voli di lusso», conclude Spadini.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.