Sull’industria dell’auto l’Europa sta seguendo i cavalli del ‘900
«Se avessi chiesto alla gente cosa volesse, la risposta sarebbe stata: cavalli più veloci». La celebre frase attribuita al produttore di automobili Henry Ford, frase tra le più citate da Steve Jobs quando affrontava il tema dell’innovazione, riecheggia oggi intorno al tema dei veicoli elettrici. Con la differenza che oggi a pensare che bastino «cavalli più veloci» per venire incontro alle esigenze ce per non perdere terreno in termini di competitività con altri mercati, non è la «gente»: sono dirigenti d’azienda, capi di governo, istituzioni comunitarie, che nei giorni scorsi hanno formalmente cancellato lo stop alla vendita di nuove auto con motori alimentati a benzina e gasolio dal 2035. Come ha sottolineato Monica Frassoni all’indomani della decisione di Bruxelles, «la fine dei motori a combustione interna entro il 2035 non è un capriccio ideologico né un azzardo tecnologico: è una scelta industriale che rimane necessaria e rinviarla o indebolirla significa esporre l’industria automobilistica europea a rischi molto concreti, in termini di competitività, occupazione e leadership tecnologica». E allora il voto che ha cancellato il taglio del 100% delle emissioni allo scarico dal 2035 è, come scrivono gli analisti di Politico intervistando il condirettore del Centro Jacques Delors Nils Redeker, solo un regalo a Pechino, che potrà invadere ancora più tranquillamente i mercati emergenti e anche europei di auto elettriche sempre più performanti e sempre più a buon mercato “made in China”.
Ma che c’entrano, di nuovo, i cavalli? C’entrano perché le aziende automobilistiche, alcuni governi (in primis quello italiano e quello tedesco) e, con la recente decisione sul 2035, i vertici comunitari pensano che si possa aumentare la competitività dell’automotive europeo continuando a investire per migliorare il settore delle auto ibride, mentre il futuro è del puro elettrico. C’entrano perché a Bruxelles ha prevalso la linea che le auto a batteria non sono veramente un salto tecnologico, come dimostra il fatto che le vendite medie, nel Vecchio continente, si sono attestate nel 2025 al 20% (con un import dalla Cina che ha raggiunto il 55%) e poco di più a livello mondiale: 25%. È poco? È tanto? È un inizio, ci dice la storia del cavallo come mezzo di trasporto.
Il sito britannico specializzato in giornalismo scientifico Carbon brief ha appena pubblicato un’analisi da cui emerge che «il calo dei costi delle batterie, l’espansione delle catene di approvvigionamento e politiche mirate continueranno a svolgere un ruolo importante nel passaggio dei veicoli elettrici al mercato di massa». Ma più dei numerosi studi al riguardo che vengono citati, è il ragionamento che segue relativamente al fatto che le trasformazioni tecnologiche «raramente sono lineari», poiché piccoli cambiamenti nei costi, nelle infrastrutture o nelle politiche possono portare a progressi straordinari o a inversioni di tendenza altrettanto significative: «L’adozione di nuove tecnologie tende a seguire un percorso simile, spesso descritto come una “curva a S”. Questo percorso è suddiviso in fasi distinte, dall’adozione iniziale, con una rapida crescita da livelli molto bassi, fino all’adozione di massa e, infine, alla saturazione del mercato».
Ed ecco allora che entrano in scena i cavalli. I veicoli elettrici stanno ormai superando la fase di adozione iniziale e stanno iniziando a diffondersi su larga scala. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, oggi ne circolano quasi 60 milioni: erano soltanto 1,2 milioni appena dieci anni fa. «Cambiamenti tecnologici di questa portata possono verificarsi più rapidamente del previsto – scrivono gli analisti di Carbon brief – all’inizio del secolo scorso negli Stati Uniti, ad esempio, milioni di cavalli e muli sono praticamente scomparsi dalle strade in meno di trent’anni». All’esempio seguono due grafici messi in parallelo: uno illustra il passaggio negli anni dal cavallo alle auto, l’altro il passaggio dai veicoli con motori a combustione interna a quelli elettrici. Le due curve a S sono identiche fino al momento attuale. E, salvo sconvolgimenti a livello mondiale difficili da immaginare, la curva delle auto a batteria continuerà a puntare verso l’alto e quella dei motori a benzina e gas a puntare verso il basso. Si legge tra l’altro nell’analisi di Carbon brief: «I veicoli con motore a combustione interna non sono diventati il mezzo di trasporto dominante solo grazie alla loro superiorità tecnica. Sono stati sostenuti da massicci investimenti pubblici in strade, pianificazione urbana, zonizzazione ed espansione delle autostrade, finanziati dalle tasse sul carburante. Nel frattempo, hanno subito poche sanzioni per l’inquinamento e le esternalità, beneficiando di sussidi impliciti rispetto alle alternative più pulite. La standardizzazione, la politica industriale e gli appalti in tempo di guerra hanno ulteriormente consolidato quei motori. I veicoli elettrici sono in una posizione favorevole per seguire una traiettoria più rapida, poiché sostituiscono direttamente i veicoli a combustione interna pur essendo più puliti, economici e silenziosi. Le transizioni passate dimostrano che le sostituzioni alla pari, come il passaggio dalla Tv in bianco e nero a quella a colori, tendono a diffondersi più rapidamente rispetto ai prodotti completamente nuovi. Anche chi adotta tardi queste tecnologie beneficia della riduzione dei costi e delle norme consolidate. Ad esempio, ci sono voluti 60 anni perché la proprietà delle automobili si diffondesse negli Stati Uniti, ma solo 20 anni in alcune parti dell’America Latina e del Giappone».
In più, alla rapida diffusione su scala mondiale del settore elettrico, oggi dominato dall’industria cinese, contribuisce rispetto ai processi del primo ‘900 il fatto che oggi l’economia è globalizzata e i capitali e le catene di approvvigionamento viaggiano molto più velocemente di un secolo fa. Dunque se il passaggio dalle carrozze trainate da cavalli alle auto, per completarsi, ci ha messo una cinquantina d’anni, quello tra i motori endotermici e quelli a zero emissioni potrebbe metterci una decina di anni. Se la “curva a S” seguirà il percorso del grafico cavalli/auto e quello tracciato fin qui dal grafico motori endotermici/auto a batteria, l’incrocio tra la linea in aumento e quella in decrescita si realizzerà all’incirca nel 2028. Ben prima del 2035 per il quale l’Ue ha ingranato la retromarcia. A quel punto l’Europa potrebbe ancora tentare di accelerare, ma lo svantaggio nei confronti dell’industria asiatica sarebbe a quel punto davvero tanto.
