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Al via un nuovo patto tra servizi pubblici e territorio, guidato dal presidente di Confservizi Cispel Toscana, Nicola Perini. Anci Toscana e Comune di Firenze in prima linea

Dalle Confraternite medievali alle società Benefit: l’economia dei beni comuni riparte dalla Toscana

Giani: «È molto importante che le partecipate pubbliche vivano la dimensione delle società Benefit, come Regione sosterremo questo modello con straordinaria forza»
 |  Toscana

Nel 2016 l’Italia è diventata il primo Paese europeo a introdurre nella propria legislazione – dopo aver presentato il ddl a firma Del Barba in anteprima alla Leopolda di Firenze – la possibilità per le aziende di adottare la qualifica di società Benefit, ovvero società che pongono all’interno del proprio oggetto sociale finalità di beneficio comune: per una società Benefit l’obiettivo è creare di valore per tutti gli stakeholder (operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di comunità e ambiente), ufficializzando così l’impegno dell’azienda nel perseguire obiettivi di bene comune e uno scopo che vada oltre il solo profitto.

In questo primo decennio le società Benefit hanno continuato a crescere, arrivando a fine 2024 a quota 4.593 (+27% sul 2023): tutte insieme superano i 217.000 addetti, mentre il valore della produzione si attesta sui 62 miliardi di euro. Società Benefit sono presenti lungo tutto lo Stivale, e in Toscana sfiorano quota 250. Adesso una nuova spinta allo sviluppo sostenibile regionale può arrivare dalle aziende attive sul fronte dei servizi pubblici locali, con la guida dell’associazione che le rappresenta – Confservizi Cispel Toscana – a partire dal suo presidente Nicola Perini, che già da un anno ha fortemente posto l’accento sull’economia civile mettendo al centro i diritti dei cittadini.

L’occasione per impostare la rotta è arrivata oggi al teatro del Maggio fiorentino, dove Cispel ha organizzato il convegno di alto livello Società benefit: un nuovo patto tra servizi pubblici e territorio, con al centro la lectio magistralis di Stefano Zamagni: il concetto di economia civile, ovvero di un sistema economico concepito come un insieme di istituzioni destinate a collaborare insieme per assicurare il ‘ben vivere sociale’ attraversa l’intera opera di Zamagni, che non a caso è docente proprio di Economia civile all’Università degli studi di Bologna.

«L’idea della società benefit è nata a Firenze tra ‘300 e ‘400», ricorda nel merito Zamagni, sottolineando i meriti del mercante Benedetto Cotrugli – nato nell’antica città croata di Ragusa ma con un’intensa attività imprenditoriale nel capoluogo toscano – che nel 1458 pubblica il Libro de l’arte de la marcatura, nel quale l’imprenditoria è dipinta come un’arte, e ne viene individuato il fine: contribuire alla conservazione del genere umano e anche fare profitto. Ma le radici dell’economia civile ripercorse da Zamagni affondano le radici in un passato ancora più lontano, quello delle Confraternite nate in Toscana nel 1200, associazioni laiche d’ispirazione religiosa, in grado di operare mettendo al centro della propria azione un movente ideale. Una lezione antica, da cui arrivano oggi nuove prospettive per la transizione ecologica.

«Oggi il modello di ordine sociale prevalente è bipolare – osserva Zamagni – ricondotto allo Stato (beni pubblici) o al mercato (beni privati). In realtà deve essere tripolare, tenendo in debito conto l’esistenza dei beni comuni e dunque la comunità civile: bisogna restituire compiti e funzioni alla comunità organizzata, di cui parla l’articolo 2 della Costituzione evidenziando il ruolo dei corpi intermedi della società. Qui in Toscana stiamo andando adesso verso l’attuazione del modello tripolare, ed è un importante vantaggio poter essere ancora una volta i primi a guidare il cambiamento».

È quella «innovazione civica che non è fatta solo di tecnologia, ma di fiducia reciproca e capacità d’immaginare insieme modelli di sviluppo più giusti e generativi», come evidenziato durante i saluti introduttivi da Alberta Ticciati – sindaca di Campiglia Marittima nonché delegata all’economia civile di Anci Toscana – insieme alla prima cittadina di Firenze, Sara Funaro, che tiene a evidenziare come il proprio Comune abbia già iniziato il percorso delle società Benefit: «Lo ha fatto come apripista a livello italiano con Afam (Farmacie fiorentine, ndr), inserendo quelli che sono scopi sociali e di sostenibilità all'interno dello statuto della partecipata. Per questo il mio auspicio è di arrivare a un certo punto ad avere tutte le partecipate del Comune che possano inserire, tra i propri scopi, la possibilità di diventare società Benefit».

«Sono ammirato dal lavoro in ottica olivettiana delle imprese Benefit – aggiunge nel merito il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, aprendo il suo intervento – È molto importante che le partecipate pubbliche vivano la dimensione delle società Benefit, e mi piacerebbe che questo modello si diffondesse molto di più rispetto a oggi nell’ambito del settore pubblico allargato. Come Regione noi lo sosterremo con straordinaria forza».

La giornata di lavori è proseguita con gli interventi tecnici di Irene Sanesi (commercialista e fondatrice di Bbs-pro) e di Gian Maria Nardi – consulente e rendicontatore di sostenibilità – per poi tirare le fila con una tavola rotonda moderata da greenreport: a partecipare sono Mauro Del Barba (presidente Assobenefit), Filippo Fossati (amministratore unico di Qualità & Servizi), Massimo Mercati (presidente di Farmacie fiorentine-Afam e ad di Aboca) e Roberto Renai (presidente di Acquedotto del Fiora), col presidente Perini chiamato a concludere una giornata d’intenso confronto.

«Dagli interventi che si sono succeduti – osserva Perini, che oltre a presiedere Confservizi Cispel Toscana guida anche una partecipata pubblica di rilievo come Publiacqua – emerge in modo chiaro un aspetto fondamentale: quella delle società Benefit è una scelta di campo. Oggi la dicotomia pubblico-privato non regge più, per affrontare le crescenti disuguaglianze che attraversano le nostre comunità serve un nuovo paradigma. Il modello della società Benefit ti costringe a mettere in campo elementi di co-progettazione e co-programmazione, coinvolgendo la società civile organizzata. Proprio in qualità di scelta di campo, dobbiamo però riconoscere al contempo che non si tratta di un processo facile da mettere a terra: le società Benefit determinano una crescita culturale, impongono analisi e scelte strategiche, facendo scattare meccanismi che intaccano interessi consolidati – si pensi agli attori della grande finanza, votati esclusivamente al profitto – e per questo a molti possono dare fastidio. Da parte nostra dobbiamo partire apprezzando e coltivando gli strumenti collettivi che abbiamo a disposizione, promuovendoli e rafforzandoli, perché ne va dell’efficienza e della qualità del lavoro che offriamo ai nostri cittadini: quanti pensano di poter fare da sé creano un danno, perché depotenziano il collettivo senza poter garantire risultati equiparabili».

Ed è in questo contesto che anche la buona informazione, sui temi della transizione ecologica, può fare la differenza: «Greenreport è anch’esso un soggetto collettivo e figlio della nostra regione – chiosa nel merito Perini – Dovremmo coltivarlo e leggerlo con attenzione tutti, mostrando più orgoglio per quanto di buono la Toscana già riesce a metter in campo».

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.