Skip to main content

Solo nell’ultimo anno sono 7 le emergenze nazionali registrate sul territorio

Meno rischio in Toscana, la Regione verso una nuova legge per l’adattamento climatico dei Comuni

Concluso il partecipatissimo percorso d’informazione e formazione, si apre un nuovo corso per la prevenzione su frane e alluvioni
 |  Toscana

Studenti, professori, amministratori, volontari, tecnici di settore: c’erano rappresentanti da tutta la comunità toscana oggi al Teatro della Compagnia di Firenze, riuniti per concludere insieme il percorso di informazione e formazione "Meno rischio in Toscana. Nuove soluzioni contro alluvioni e frane", avviato il 12 marzo scorso al Teatro Politeama di Prato.

Nel mezzo ci sono stati 8 partecipatissimi webinar (ognuno dei quali con una media di 900 iscritti) e il coinvolgimento delle scuole per creare il logo dell’iniziativa, oltre a una puntuale opera d’informazione alla cittadinanza in cui anche greenreport è stato chiamato a svolgere un ruolo di primo piano, in quanto media partner dell’iniziativa.

L’obiettivo? «La consapevolezza che cerchiamo di trasmettere è che non esiste il concetto di messa in sicurezza idraulica – spiega l’assessora regionale all’Ambiente e alla Protezione civile, Monia Monni – È un concetto anche politicamente sbagliato che appartiene a un'epoca diversa, oggi che il rischio va gestito. Quello di Meno rischio è stato un confronto intenso e partecipato, fatto insieme ai tecnici dei Comuni, ai rappresentanti degli ordini professionali, ai sindaci, ai giornalisti: noi abbiamo fornito elementi formativi che riteniamo essenziali per affrontare i cambiamenti climatici e le loro conseguenze sul territorio, ma è stato anche un percorso di ascolto che porterà ad alcune modifiche normative che proporremo al Consiglio, come sulla legge 65 del governo del territorio e sulla legge 41, quella che tratta il rischio idraulico».

Il continuo incremento della temperatura media globale – che in Toscana avanza a velocità doppia rispetto alla media – porta infatti con sé eventi meteo estremi più frequenti e intensi, che in Italia sono aumentati del 485% negli ultimi 10 anni, dalle alluvioni alle ondate di calore, e non a caso l’ultimo anno è stato il più caldo mai registrato.

In crisi climatica non basta più togliere il fango che resta dopo l’alluvione e garantire ristori alle famiglie, peraltro sempre più magri a causa dei miseri fondi messi a disposizione dal Governo nazionale, ma occorre lavorare sulla prevenzione di eventi meteo certamente estremi, ma non più rari.

«Chi vuole negare i cambiamenti climatici – snocciola il presidente della Regione, Eugenio Giani – sappia che solo nell’ultimo anno gli eventi meteo estremi mi hanno portato a dove dichiarare il numero incredibile di sette ordinanze di emergenza a livello regionale, che sono poi state riconosciute come emergenze a livello nazionale. Se vogliamo sintetizzare, quanto mi sento di raccogliere dal percorso Meno rischio sta nella proposta di legge che presenteremo sulla costituzione dei Pac, ovvero i Piani di adattamento ai cambiamenti climatici, che ogni Comune sarà chiamato ad approvare per avere la piena consapevolezza di come s’intrecciano gli eventi di protezione civile con l’adattamento dei territori alla crisi climatica. Non so se ce la faremo ad approvarla già in questa legislatura, prima del voto che presumibilmente sarà il 19 ottobre di quest’anno, ma inizieremo subito a predisporla».

Del resto in crisi climatica lo straordinario degli eventi meteo “estremi” è già diventato ordinario, e questo cambia anche la percezione dei cittadini, come mostrano i sondaggi che oggi pongono in cima alle priorità per le opere pubbliche quelle sulla prevenzione e sulla difesa del suolo. Ma il messaggio centrale di Meno rischio è che dobbiamo riorientare il concetto di messa in sicurezza: finora pensavamo a realizzare opere per rispondere con efficacia ad alluvioni con tempi di ritorno duecentennali o cinquecentennali. Ma questo non è più possibile: in questi anni abbiamo assistito a eventi ben superiori e più frequenti rispetto a quelli attesi nei nostri modelli, che demoliscono il concetto stesso di messa in sicurezza; né possiamo definire nuovi livelli di sicurezza in base alle conoscenze attuali, che domani potrebbero essere nuovamente smentite.

Dobbiamo dunque passare dal paradigma della messa in sicurezza a quello della gestione del rischio idraulico, prendendo come riferimento quanto già afferma il codice della Protezione civile: occorre evitare o ridurre la possibilità che si verifichino danni, non gli eventi estremi in sé.

«I cambiamenti climatici – conclude nel merito Giovanni Massini, direttore della Direzione Difesa del suolo e Protezione civile della Regione Toscana, nonché coordinatore del Comitato scientifico di Meno rischio – ci insegnano che il rischio zero non esiste perché la scienza non è in grado di prevedere fino in fondo gli effetti dell'aumento di temperatura su, ad esempio, gli eventi alluvionali, per cui dobbiamo in qualche modo adattarci per convivere con questo tipo di fenomeni. Come? La ricetta è sostanzialmente di due tipi. La prima, costruire meglio e sapendo che determinati fenomeni non potranno mai essere eliminati, ad esempio la possibile esondazione di un fiume. Ma la seconda ricetta è sapere che, se ho questa conoscenza, posso far fronte alle mie esigenze in modo anche molto semplice. Qualche volta basta alzare il dosso che porta al garage per evitarne l'allagamento, oppure ingrandire una rete di drenaggio urbano per evitare che un determinato quartiere si allaghi. Dobbiamo sviluppare questo tipo di conoscenza nella cittadinanza, per cercare di intraprendere e realizzare interventi di difesa più semplici ma anche più efficaci».

meno rischio marta

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.