
In Toscana Regione e Comuni investano direttamente nelle rinnovabili, anziché ridurre le aree idonee

La Toscana ha un’occasione unica per avere un ruolo da protagonista nella transizione verso le energie rinnovabili, e in generale nella svolta ecologica ed energetica, a condizione che abbandoni paure infondate, demagogia localista e territorialista, e tiri fuori tutto il coraggio e la capacità di innovazione politica di cui è storicamente sempre stata capace.
Per prima cosa si deve affermare un punto di onestà intellettuale e di serietà. L’energia non è una questione che si può gestire a livello comunale o regionale, ma è una priorità strategica nazionale ed europea. Tutte le forze politiche, soprattutto a sinistra, riconoscono che la riforma del Titolo V della Costituzione, delegando eccessivi poteri alle regioni in materia energetica, è stata un pessimo errore. Questo ha frammentato la gestione di un settore che richiede invece una visione unitaria.
La transizione da un sistema basato sui combustibili fossili a uno elettrificato e fondato sulle rinnovabili è un processo di immane complessità che non può essere governato con approcci regionalistici o, peggio, localistici, che impediscono agli operatori di lavorare e al gestore della rete di programmare un sistema coerente.
In tutti gli altri Paesi d'Europa, la transizione energetica è gestita a livello nazionale, non delegata a regioni o comuni. In Italia, invece, si è creato un caos, alimentato anche dal decreto sulle "aree idonee", che ha visto regioni di centrosinistra come la Sardegna, e, ahimè, anche in parte la Toscana, fare battaglie per rivendicare un’autonomia decisionale che si è rivelata non solo platealmente illegittima sul piano del diritto, come del resto avevamo ampiamente paventato, ma anche contraria agli interessi nazionali ed europei.
È triste, e inaccettabile, dover vedere la Regione Toscana, amministrata dal centrosinistra, lottare contro il governo nazionale di destra, nuclearista e negazionista, non per chiedere più rinnovabili, ma per farne di meno, insieme alla Sardegna, diventando così l’unica sinistra esistente al mondo (attendo smentite, ma non arriveranno) che combatte un governo di destra per avere meno rinnovabili, anziché di più.
La Giunta si è persino vantata sui giornali di aver reso idoneo al fotovoltaico solo il 30% del territorio toscano, contro il 70% indicato dal governo Meloni, addirittura meno della metà. Questa situazione politicamente imbarazzante si inserisce in un contesto drammatico: l’Italia è fanalino di coda in Europa per l’installazione di rinnovabili, come sottolineato dalla recente bocciatura del piano nazionale energia e clima da parte della Commissione Europea, che lo ha definito arretrato, poco ambizioso e lontano dai target europei.
Mentre l’Europa, pur con difficoltà, è più o meno in linea con gli obiettivi climatici, l’Italia arranca. La contraddizione politica è lampante: le forze progressiste in Parlamento accusano il governo Meloni di inazione sulle rinnovabili, ma nelle regioni da loro governate, come la Toscana, si oppongono di fatto ad un loro sviluppo.
Questa schizofrenia politica riflette un problema culturale profondo, non solo tra gli amministratori, ma anche nella sinistra, che fatica a vedere le rinnovabili come un’opportunità, alimentando invece paure e resistenze.
La Toscana si è impantanata in una situazione davvero poco edificante, proponendo (e addirittura rilanciando, come hanno fatto recentemente i consiglieri regionali Pd, tramite la sponsorizzazione di un post su Facebook), provvedimenti segnati da chiari profili di illegittimità, come il non indicare aree idonee per l’eolico, o l'insistere a porre vincoli sull'assetto societario di chi deve proporre i progetti di agrivoltaico, ipotesi già percorsa dalla Regione Lombardia e bocciata ripetutamente da sentenze chiarissime che non lasciano spazio a dubbi.
L’eolico è piuttosto la fonte rinnovabile con il minore impatto ambientale sull’intero ciclo di vita. Meno delle metà di CO2 emessa per ogni KWh di energia prodotto, secondo le analisi Lca sul ciclo vita, rispetto al fotovoltaico, che pure è anch'essa energia pulitissima, ovviamente. E parliamo, a scanso equivoci, dell'eolico industriale, quello delle grandi pale da 200 metri, ecologicamente superiore al piccolo eolico, perché produce tre o quattro volte più energia con la stessa quantità di materia, grazie a principi fisici elementari che qui non ripeto perché noti. Eppure, si continua a fare demagogia sul “piccolo e bello”, demonizzando il grande eolico.
Così come sappiamo benissimo che il fotovoltaico a terra produce molta più energia di quello sui tetti, senza usare un filo di cemento, quindi non consumando suolo, a differenza di ciò che si continua a dire (magari invece forse lo sottrae, il suolo, a chi vorrebbe cementificarlo per davvero). È perciò inaccettabile la crociata contro il fotovoltaico in agricoltura, alimentata dai diktat di Coldiretti, che trovano in Giunta Regionale sponde politiche ben note.
Proporre che gli impianti agrivoltaici siano realizzati solo da imprenditori agricoli è illegittimo, come stabilito da recenti sentenze del Tar Lombardia, che hanno chiarito che le regioni non possono imporre tali restrizioni.
Anche le paure sui presunti danni al turismo, sono infondate. In Europa, l’eolico convive con il turismo senza problemi: le pale eoliche sono presenti in maniera massiva e pervasiva (grandi pale eoliche industriali, non minieolico) lungo il Cammino di Santiago in Spagna, su tutte le isole greche turistiche, lungo la costa portoghese, in Scozia, in Irlanda. Non risulta che in questi luoghi un solo turista sia stato perduto a causa dell’eolico.
Invece di fare battaglie di retroguardia, la Toscana dovrebbe ispirarsi a modelli virtuosi, come Norvegia e Regno Unito, dove si creano percorsi turistici didattici nei parchi eolici, con visite guidate per studenti e turisti. I parchi eolici possono anche offrire servizi come il monitoraggio antincendio tramite sensoristica, migliorando la sicurezza dei territori e l'accessibilità dei crinali.
La Toscana deve ribaltare la narrazione: non si tratta di discutere il “se” o il “dove” delle rinnovabili, perché il “se” non è più in discussione, visto il ritardo italiano, e il “dove” è competenza del Ministero, che segue criteri europei.
La Regione deve invece concentrarsi sul “come” trarre vantaggio dalle rinnovabili. E qui vengo a qualche proposta. Le società partecipate, a livello comunale o comprensoriale, come Alia, ad esempio (me lo suggeriva Lorenzo Falchi qualche tempo fa), dovrebbero diventare investitori e proponenti di progetti, collaborando con i privati e le aziende energetiche, in modo che i guadagni della produzione energetica arrivino ai cittadini.
I sindaci, invece di continuare a scrivere attraverso Anci ed Uncem documenti francamente imbarazzanti contro i progetti fotovoltaici ed eolici, dovrebbero consorziarsi, chiedere supporto alla Rregione, e promuovere il crowdfunding per coinvolgere i cittadini in percorsi di azionariato popolare, da contrattare con le aziende private. C'è già una piattaforma, ener2crowd, che fa questo, e lo ha realizzato già in diversi contesti.
Dobbiamo creare e sistematizzare buone pratiche, e questo deve farlo la Regione. Si potrebbe anche sviluppare un turismo legato ai parchi eolici e all’agrivoltaico, che, con piantumazioni di ulivi e siepi, può riqualificare i territori. La crisi climatica rende questa svolta urgente. Il Mediterraneo sta raggiungendo temperature spaventose, come documentato dal ricercatore Giulio Betti dell’Università di Pisa in questi giorni. Questo accumulo di energia nel mare si tradurrà, da settembre, in uragani, eventi estremi e miliardi di danni, come e più degli anni appena trascorsi.
Continuare a ignorare la realtà è insostenibile. La Toscana deve smettere di comportarsi come i negazionisti climatici e con l'irresponsabilità della sindrome Nimby, echeggiando a volte i toni di Trump, la Le Pen, o l’AfD tedesca, che continuano a veicolare la frottola della speculazione rinnovabile. La retorica della “speculazione” sulle rinnovabili è priva di senso: in Italia, per approvare un progetto ci vogliono 8-9 anni, altro che speculazione.
La Regione deve assumere un ruolo di coordinamento, promuovendo formazione per gli enti locali, in collaborazione con noi associazioni, con le associazioni di categoria, con tecnici e scienziati. Si potrebbe seguire l’esempio delle comunità energetiche, dove la Regione ha avuto un ruolo propulsivo, affidando ad Arrr un ruolo di coordinamento, e creare un centro di diffusione di buone pratiche sulle rinnovabili: una vera e propria task force, che lavori per aiutare gli enti locali a trarre vantaggio dai progetti energetici e a farli accettare bene dal territorio.
Anche il Partito democratico, che governa la regione come partito di larghissima maggioranza, ha una grandissima responsabilità, in questo senso. Il Pd non può essere solo una collezione di “capofila” locali che in Consiglio Regionale riportano i “no” ai progetti eolici e fotovoltaici provenienti dai propri collegi elettorali: “in Maremma no, nel Grossetano no, in Valdichiana no”.
Bisogna che il partito chiami i suoi amministratori ad una riflessione più avanzata, matura e responsabile. Le forze alleate, come Sinistra Italiana, Verdi e Sinistra civica ecologista, hanno a loro volta la possibilità e in qualche modo il dovere di spingere per un cambio di passo.
La Toscana è a un bivio: o accoglie le rinnovabili, facendone un punto di forza, proteggendo anche l’agricoltura con l’agrivoltaico, indispensabile contro siccità e insolazione, o si troverà nel paradosso di continuare a vietare i pannelli solari e di dover tollerare un'invasione di teloni di plastica nelle campagne, come già accade al Sud, indispensabili per proteggere le orticole, ma anche i vitigni, da un’arsura sempre più intollerabile.
È tempo di una rivoluzione culturale e politica per fare della Toscana un modello di transizione ecologica, valorizzando le opportunità economiche, ambientali e sociali delle energie pulite.
