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L’Ue bacchetta l’Italia, mancano investimenti a favore dell’ambiente per 8,29 miliardi di euro all’anno. In compenso paghiamo multe da oltre 800 milioni di euro su acqua e rifiuti

 |  Editoriale

Sulla base delle singole relazioni per paese dei 27 Stati membri dell'Ue, la Commissione europea ha pubblicato ieri il quarto riesame dell'attuazione delle politiche ambientali, dal quale emerge che i costi della mancata attuazione della normativa ambientale dell'Ue a causa dell'inquinamento atmosferico e idrico, del degrado della natura e dei rifiuti sono stimati a 180 miliardi di euro all’anno: si tratta di circa l'1% del Pil dell’Ue.

«Investire nell'attuazione del diritto ambientale è un ottimo rapporto qualità-prezzo – commenta nel merito la commissaria per l'Ambiente, Jessika Roswall – Si tratta di un promemoria tempestivo del fatto che l'attuazione e la competitività vanno di pari passo per proteggere il nostro ambiente e le risorse di cui abbiamo bisogno per la transizione e per le generazioni future». 

In questo quadro, l’Italia non brilla certo per buoni risultati. Nella relazione dedicata al nostro Paese, la Commissione Ue sottolinea che le principali sfide sull’attuazione delle politiche ambientali «permangono irrisolte» e richiedono «un'azione urgente».

Per quanto riguarda ad esempio la qualità dell'aria, l'Italia ha compiuto «alcuni progressi nella riduzione delle emissioni complessive, ma si continuano a registrare superamenti dei valori limite tanto per il Pm10 che per l'NO2», come testimonia da ultimo anche il nuovo rapporto Ambiente urbano dell’Istat.

In termini di gestione delle risorse idriche, secondo la Commissione Ue l'Italia ha compiuto «progressi limitati» nella riduzione del numero di agglomerati non conformi per il trattamento delle acque reflue, ricordando che la Corte di giustizia dell'Unione europea ha comminato sanzioni pecuniarie per due delle quattro procedure di infrazione.

Se l’Italia «ha migliorato» la sua capacità di assorbire fondi dell'Ue per le misure ambientali «tranne che in Sicilia», secondo Bruxelles occorre migliorare anche lo stato di conservazione degli habitat e delle specie: «Le specie esotiche invasive e il bracconaggio destano crescenti preoccupazioni. Il consumo del suolo avviene a un ritmo allarmante», snocciola la Commissione Ue.

Spaziando al fronte della governance ambientale, dal rapporto emerge che «l'Italia deve migliorare la propria capacità amministrativa per sostenere la transizione verde, compreso il coordinamento tra i livelli nazionale, regionale e locale», com’è purtroppo evidente dal caos normativo e dalle sindromi Nimby che rallentano ovunque l’installazione degli impianti rinnovabili.

La parziale buona notizia è che in Italia la carenza complessiva di investimenti a favore dell'ambiente «è diminuita» e ammonta ora a circa 8,29 miliardi di euro all'anno (lo 0,43% del Pil), con le «esigenze più pressanti» che riguardano l'economia circolare e l'acqua.

Dove trovare le risorse? Da Bruxelles evidenziano che «per colmare la carenza di investimenti occorre un maggiore livello di finanziamento da parte del settore privato», ma restano ampi margini di miglioramento anche sotto il profilo dei bilanci pubblici.

«Si possono compiere progressi anche attraverso un maggior spostamento del carico fiscale dal lavoro verso le basi imponibili ambientali e di altra natura, compresa la graduale eliminazione delle sovvenzioni dannose per l'ambiente nel corso del semestre europeo e tramite il Pnrr», sottolinea nel merito il rapporto. Soprattutto, rispettando la normativa ambientale potremmo migliorare la qualità di vita dei cittadini, offrire maggiore competitività alle imprese e risparmiare un sacco di soldi in multe, che potrebbero essere meglio spesi in investimenti: «Dal 2015 l'Italia ha pagato oltre 800 milioni di euro a titolo di sanzioni pecuniarie per l'inosservanza delle sentenze della Corte di giustizia dell'Ue nei settori dei rifiuti e delle risorse idriche», chiosa il report. Ma senza una rapida inversione di rotta, il dato sembra destinato a salire ancora.

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.