Accordo Usa-Ue, non solo dazi e combustibili fossili. Giovannini: introduce anche «regime speciali» sulla sostenibilità per le imprese statunitensi
Dopo l’accordo politico raggiunto a fine luglio tra Donald Trump e Ursula von der Leyen sui dazi commerciali e gli impegni d’investimento – entrambi a solo vantaggio statunitense –, ieri la Casa Bianca e la Commissione europea hanno pubblicato una dichiarazione congiunta che suggella l’intesa introducendo dazi del 15% «per la stragrande maggioranza delle esportazioni dell'Ue» (a fronte di uno 0,9% per le merci esportate dagli Usa in Ue) e non solo.
Oltre all’ormai noto impegno ad acquistare «Gnl, petrolio e prodotti energetici nucleari dagli Stati Uniti per un valore di 750 miliardi di dollari entro il 2028», ai punti 10, 11 e 12 dell'accordo «si applicano regimi speciali per le imprese americane rispetto ai temi della sostenibilità», come spiega a greenreport Enrico Giovanni, già ministro e presidente Istat, oggi direttore scientifico dell’ASviS.
Più nel dettaglio, nel punto 10 della dichiarazione congiunta si afferma: «Riconoscendo che la produzione dei beni in questione nel territorio degli Stati Uniti rappresenta un rischio trascurabile per la deforestazione globale, l’Unione europea si impegna ad adoperarsi per rispondere alle preoccupazioni dei produttori e degli esportatori statunitensi riguardo al Regolamento Ue sulla deforestazione, al fine di evitare un impatto indebito sul commercio Usa-Ue».
«Prendendo atto delle preoccupazioni degli Stati Uniti relative al trattamento delle piccole e medie imprese statunitensi nell’ambito del Carbon border adjustment mechanism (Cbam), la Commissione europea – aggiunge il punto 11 – oltre all’aumento recentemente concordato dell’eccezione de minimis, si impegna a lavorare per fornire ulteriori flessibilità nell’attuazione del Cbam».
Infine, nel punto 12 l'Unione europea «si impegna a impegnarsi per garantire che la Direttiva sulla due diligence in materia di sostenibilità aziendale (Csddd) e la Direttiva sulla rendicontazione in materia di sostenibilità aziendale (Csrd) non pongano indebite restrizioni al commercio transatlantico. Nel contesto della Csddd, ciò include l'impegno a ridurre gli oneri amministrativi per le imprese, comprese le piccole e medie imprese, e a proporre modifiche all'obbligo di un regime armonizzato di responsabilità civile per le omissioni in materia di due diligence e agli obblighi relativi alla transizione climatica. L'Unione europea si impegna a lavorare per rispondere alle preoccupazioni degli Stati Uniti in merito all'imposizione dei requisiti della Csddd alle imprese di paesi terzi con normative pertinenti di elevata qualità».
«Piove sul bagnato – commenta nel merito Giovannini – A proposito dell'arrendevolezza dei negoziatori europei e del nuovo corso della Commissione su questi temi, trovo il testo veramente sbagliato da tanti punti di vista».
Da Bruxelles provano a parare il colpo, confermando che Usa e Ue «hanno concordato di collaborare per ridurre le barriere non tariffarie» ma che «il nostro quadro legislativo e la nostra autonomia normativa non sono negoziabili».
Cosa significa? Ad esempio, la Commissione Ue dichiara di non esseri impegnata a modificare il Cbam «in alcun modo specifico, né a garantire un trattamento più favorevole alle aziende statunitensi nell'ambito del Cbam. Abbiamo concordato di impegnarci per garantire maggiore flessibilità nell'attuazione del Cbam a tutte le imprese, in particolare alle piccole e medie imprese». Allo stesso tempo è in programma «una piattaforma per discutere con gli Stati Uniti dell'attuazione dell'Eudr», ovvero il regolamento Ue sulla deforestazione, ed è stato deciso di «scambiare opinioni con gli Stati Uniti sulle questioni relative alla Csddd» per garantire che la Direttiva non comporti «un onere amministrativo inutile», soprattutto per le piccole e medie imprese, ricordando al contempo che «la Commissione si impegna a tal fine, come dimostra la nostra proposta di semplificazione della Csddd attualmente all'esame del Parlamento e del Consiglio. Questa cooperazione – assicura la Commissione – non comporta alcuna modifica alle norme nazionali dell'UE né garantiremo alle aziende statunitensi un trattamento più favorevole ai sensi del presente regolamento o di qualsiasi altro regolamento dell'Ue».
All’atto pratico, dunque, non è ancora chiaro cosa comporterà l’accordo Usa-Ue appena concluso. Basti osservare lo spinoso punto con cui l’Europa si impegna ad acquistare 750 mld di dollari in combustibili fossili da qui al 2028: l’impegno appare tecnicamente irrealizzabile, dato che l’Ue nel 2024 ha acquistato circa 70 mld di euro in beni energetici dagli Usa, e che nello stesso periodo le esportazioni statunitensi – a livello globale – di Gnl, petrolio greggio e carbone per usi metallurgici è stimato in circa 166 mld di dollari: si tratta dunque di un impegno estremamente improbabile da rispettare. La questione sulle direttive Ue è comunque più perniciosa, perché s’inserisce nella logica della “semplificazione” sui temi della sostenibilità promossa da inizio anno dalla Commissione Ue, che rischia di tradursi in un “tana libera tutti” per le imprese, come Giovannini avvertiva già a febbraio su queste colonne.