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Dagli ambientalisti europei di Can Europe una bocciatura su tutta la linea

È molto improbabile che l’Ue possa importare dagli Usa i combustibili fossili promessi a Trump

Armaroli: «Gli Usa sono in grado di esportare tutti questi idrocarburi? Allo stato attuale, no»
 |  Nuove energie

Nell’ambito dell’accordo sui dazi commerciali siglato tra Donald Trump e Ursula von der Leyen, l’Unione europea si è impegnata a importare dagli Stati uniti beni energetici – in particolare, combustibili fossili come il gas naturale liquefatto (Gnl) – per l’equivalente di 250 miliardi di dollari l’anno, nell’arco di un triennio.

Si tratta di un quantitativo enorme, contando che nell’intero 2024 l’Ue ha importato complessivamente (da tutto il mondo) 375,9 mld di euro in combustibili fossili, e già oggi gli Usa sono la prima fonte di import per il Gnl in Ue (50,7%). Nel corso dell’ultimo anno, in Europa sono arrivati dagli Usa ingenti quantità di Gnl e prodotti petroliferi, ma la nuova asticella è stata posta talmente in alto che ci sono fondate perplessità sul fatto che possa essere raggiunta.

Come osserva Clyde Russell, editorialista della Reuters specializzato in materie prime ed energia, nel 2024 tutto l’export globale degli Usa di Gnl, petrolio greggio e carbone per usi metallurgici è valso 165,8 mld di dollari (mentre quello verso l'Ue viene stimato da Russell su dati Kpler in 64,55 mld di dollari): in altre parole, non ci sarebbero abbastanza beni energetici da acquistare per soddisfare i termini dell’accordo, anche se l’Ue comprasse l’intero export energetico Usa. Il tutto mentre i consumi di Gnl in Ue sono stimati ulteriormente in calo del 7% al 2030 (e del 15% in Italia).

Per rispettare l’accordo sui dazi, l’Ue dovrebbe dunque più che triplicare l’import attuale.  «Con gli altri fornitori che si fa, gli strappiamo i contratti in faccia? Ma soprattutto – osserva Nicola Armaroli, dirigente di ricerca al Cnr – gli Usa sono in grado di esportare tutti questi idrocarburi? Allo stato attuale, no».

L’accordo sui beni energetici potrebbe dunque finire in una bolla di sapone, come del resto già successo con l’analogo firmato nel dicembre 2019 tra Trump e la Cina, ma marca un indirizzo politico molto chiaro: Trump vuole fermare il Green deal per salvaguardare gli interessi dell’industria fossile statunitense, e non a caso appena atterrato su suolo europeo – in Scozia – ha invitato l’Ue a «smettere di costruire pale eoliche» dato che «rovinano la bellezza dei vostri Paesi».

Non a caso, la coalizione di associazioni ambientaliste europee Climate action network (Can) evidenzia come questo accordo commerciale non faccia altro che «spostare la nostra dipendenza dal gas russo al Gnl statunitense ottenuto tramite fratturazione idraulica, che ha un'impronta di metano molto più elevata rispetto al gas convenzionale e sta compromettendo direttamente sia gli obiettivi climatici dell'Ue sia il regolamento Ue sul metano. Ciò implica anche – argomenta Esther Bollendorff, senior gas policy coordinator per Can Europe – triplicare le importazioni di Gnl dagli Stati Uniti rispetto all'anno scorso e la risoluzione dei contratti esistenti con altri paesi esportatori verso l'Ue, come Norvegia o Qatar. Ma, cosa ancora più importante, ciò è in netto contrasto con la riduzione del 20% della domanda di gas documentata negli ultimi due anni e con le riduzioni previste nell'ambito di RePowerEu e Fit for 55. In un momento in cui stiamo assistendo agli impatti del cambiamento climatico in tutta l'Unione europea, anziché passare a soluzioni climatiche concrete e all'energia pulita, stiamo andando incontro a una pericolosa sostituzione, aggravando la crisi».

Redazione Greenreport

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