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L’assurda visione della politica governata dall’ignoranza scientifica c’impedisce di vedere la realtà: noi siamo parte della Natura. Serve un’Assemblea permanente della sostenibilità

 |  Editoriale

Ci troviamo in un periodo di incredibili e affascinanti avanzamenti della conoscenza in tutti i campi delle scienze (dall’astrofisica alla fisica quantistica, dalla genetica all’epigenetica, dalla biochimica alla paleoantropologia, alla climatologia, all’ecologia, ecc.) ma paradossalmente assistiamo ad una politica populista, nazionalista, sovranista, che invece di seguire e indirizzare le proprie politiche nel rispetto alle conoscenze scientifiche, cerca di far trionfare attraverso le azioni di governo (eliminazione di leggi, promozioni di nuove norme, eliminazione di finanziamenti preesistenti, ecc.) l’attacco alla scienza promuovendo le fake news e le fake truths, su temi fondamentali per il futuro dell’intera umanità.

L’esempio più eclatante è costituito dagli Stati Uniti: qui l’amministrazione Trump ha avviato sin dell’insediamento, un processo di incredibile eliminazione di significativi finanziamenti alla ricerca e riduzione del personale scientifico, soprattutto finanziamenti e personale destinati alla ricerca sui grandi temi ambientali che affliggono l’intera umanità, come il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità e ha eliminato normative molto importanti su questi temi, promuovendone altre che vanno in direzione avversa e che cercano ovviamente di stabilizzare lo status quo, il business as usual, giungendo persino a far uscire gli Usa dall’Organizzazione mondiale della salute, accusata di aver agito negativamente nella pandemia del Covid a favore dei vaccini (nominando tra l’altro ministro della salute Robert Francis Kennedy jr, un dichiarato personaggio no-vax, proprio mentre l’Oms sta cercando di strutturare il miglior coordinamento mondiale possibile per le probabili future pandemie), nonché a ritirarsi dall’Accordo mondiale di Parigi del 2015 sul cambiamento climatico, avviando anche l’uscita dall’Unesco (per avere un quadro aggiornato di questa situazione si vedano i testi della famosa rivista scientifica Nature).

Esempi simili hanno purtroppo luogo anche in altre importanti nazioni, come ad esempio l’Argentina, e numerosi segnali li abbiamo anche in Italia dove si sta nuovamente cercando di far risorgere il negazionismo climatico e ambientale.

Mi capita spesso di ricordare una frase che lo straordinario amico Piero Angela, con il quale ho avuto una bellissima amicizia sin dalla seconda metà degli anni Settanta, diceva “la legge sulla gravità di Newton non è stata approvata da nessun Parlamento” e viene anche in mente quanto scrisse Isaac Asimov, lo straordinario scrittore, biochimico e divulgatore scientifico, in un suo articolo apparso su “Newsweek” del 21 gennaio del 1981, “l’anti-intellettualismo è stato un filo conduttore che si snoda attraverso la nostra vita politica e culturale, nutrito dalla falsa nozione che la democrazia significhi che la mia ignoranza è buona quanto la tua conoscenza”.

Il tema fondamentale su cui verte in particolare questo profluvio di ignoranza negazionista riguarda proprio le numerose scienze che si occupano della natura  che già dagli anni Cinquanta del secolo scorso hanno cominciato a fornirci, in maniera sempre più approfondita e dettagliata, il quadro della straordinaria importanza di quanto lo stato di salute e vitalità dei sistemi naturali del nostro pianeta siano fondamentali per la salute dell’intera umanità, e contestualmente anche dei disastrosi effetti che l’intervento umano ha causato agli ecosistemi terrestri e marini della Terra.

Vi è un punto importantissimo che paradossalmente sembra non appartenere alla conoscenza dei promotori di queste visioni antiscientifiche e che purtroppo ancora oggi è ampiamente diffuso anche oltre i negazionisti: la scienza ci dice con grande chiarezza che noi siamo parte integrante della natura, che siamo costituiti dalle stesse componenti che formano tutti gli esseri viventi del pianeta (come atomi, cellule, acidi nucleici, proteine, ormoni, enzimi, organi, ecc.), che siamo il prodotto dell’evoluzione della vita su questo nostro pianeta (un pianeta che ha un’età di circa 4.6 miliardi di anni fa, mentre il fenomeno vita si è andato formando sin da 3.8 – 4 miliardi di anni fa), che apparteniamo a un gruppo di animali che abbiamo definito mammiferi e che si sono andati evolvendo da circa 220 milioni di anni fa (in quello che nella scala geologica della Terra, abbiamo definito periodo Triassico dell’era Mesozoica), che apparteniamo a un gruppo di specie dei mammiferi, che abbiamo definito Ominidi, che si sono andate evolvendo all’incirca negli ultimi 6 milioni di anni e che la nostra specie, Homo sapiens, specie con una spiccata capacità “migratrice” esiste da circa 300.000 anni (stando ai più recenti reperti scoperti dalla ricerca paleoantropologica), che i nostri stessi corpi costituiscono, a loro volta, dei veri e propri ecosistemi per tantissime forme di vita di microorganismi che costituiscono il nostro microbioma (alcuni calcoli scientifici ci dicono che il corpo di un essere umano adulto di circa 70 chili di peso, è costituito da circa 30.000 miliardi di cellule e da ben 38.000, miliardi di cellule di microorganismi).

L’idea politica ed economica di fondo che questa politica antiscientifica cerca di far prevalere riguarda il fatto che noi esseri umani, possiamo ritenerci al di fuori o, addirittura al di sopra della natura. Il fatto cruciale delle tante confusioni, reali o volute, che ancora oggi esistono nel campo della sostenibilità, deriva purtroppo proprio dalla mancata conoscenza dei "fondamentali" di ciò che oggi definiamo sostenibilità.

Questi fondamentali derivano dalla migliore conoscenza scientifica disponibile, che proviene in particolare dalle Earth system sciences, le scienze del sistema Terra, che cercano di connettere le conoscenze che derivano dalle varie scienze che studiano la Terra e la vita su di essa, e che ci hanno consentito di comprendere la dimensione e le  caratteristiche dell'impatto umano sui sistemi naturali della Terra, facendoci comprendere che i meccanismi economici che ci hanno condotto al modello planetario dominante della crescita materiale, quantitativa e indefinita in un mondo dai chiari limiti biogeofisici, non può più continuare pena una situazione sempre più grave persino della futura possibilità della presenza della nostra specie su questo meraviglioso pianeta.

Queste straordinarie ricerche ci hanno documentato che la nostra specie si è evoluta attraverso almeno due ere glaciali (durate circa 100 000 anni) e due periodi interglaciali caldi (definiti Eemiano, circa 110 000 anni fa e Olocene, l'attuale stato interglaciale che sta attraversando il sistema terrestre). Durante la maggior parte di questo periodo, gli esseri umani sono sopravvissuti sulla Terra come cacciatori-raccoglitori, con gruppi sparsi e con uno stile di vita seminomade, fino a quando è terminata l'ultima era glaciale, circa 16 000 anni fa, e siamo entrati nell'ultima interglaciale, l'Olocene, circa 12 000 anni fa.  

L'Olocene appare come uno stato straordinariamente stabile del sistema terrestre: le temperature sulla Terra si sono stabilizzate a 14±0,5 °C, gli ecosistemi, le precipitazioni, le stagioni e le temperature si sono stabilizzati entro intervalli ben compatibili con la vita”, fornendoci gli stati della biosfera, dell'idrosfera e della criosfera della Terra come li conosciamo oggi. Il nostro pianeta si era appena “stabilizzato” in questo stato olocenico stabile quando, circa 10 000 anni fa, l’umanità ha avviato la rivoluzione neolitica, addomesticando piante e animali in diverse parti dei continenti. Siamo diventati agricoltori, vivendo in comunità sedentarie. Questo è stato il punto di partenza delle civiltà come le conosciamo oggi che ci hanno poi condotto alla rivoluzione dei grandi spostamenti commerciali e successivamente alla rivoluzione industriale. La conclusione cui hanno portato le numerosissime ricerche sui paleoclimi e sulle paleoecologie dei vari ambienti che hanno consentito alla specie umana di giungere allo stato attuale, è che lo stato olocenico del pianeta è l'unico stato del pianeta che sappiamo con certezza poter sostenere il mondo moderno come lo conosciamo. È evidente che queste conoscenze scientifiche ci dovrebbero condurre alla massima salvaguardia di questa situazione evitando quegli impatti che la specie umana sta ormai esercitando in maniera massiccia e devastante su tutti gli equilibri dinamici del pianeta.

Varrebbe quindi la pena che il mondo politico ed economico attuale segua le analisi e le proposte indicate, ad esempio, dal più autorevole e significativo programma planetario sulla sostenibilità voluto dall'International science council (Isc) dal titolo Future Earth che segue il precedente programma Earth system science partnership, avviato nel 2001 e concluso nel 2015.

Future Earth mette a disposizione una ricca informazione di grande valore scientifico circa i risultati di studi, ricerche, riflessioni e proposte che vedono coinvolti i maggiori esperti mondiali di scienze naturali e scienze sociali, con lo scopo di indicare le strade da perseguire per avviare percorsi verso la sostenibilità.

Da queste ricerche dal 2009 è stata elaborata la prima indicazione dei cosidetti planetary boundaries, confini planetari che l'intervento umano non dovrebbe superare per non entrare in ambiti pericolosi per il nostro futuro. Questi sono stati poi incrociati con i limiti sociali che non dovrebbero essere sorpassati per non inficiare la dignità della vita di ogni essere umano sul pianeta.

Uno sforzo straordinario che ha consentito di individuare una sorta di SOS (safe operating space) e che si è andato evolvendo, con il costante lavoro della Earth Commission, nei "Safe and just earth system boundaries".

Inoltre questo sforzo si sta traducendo anche nelle cosiddette science-based targets initiative che dovrebbero essere seguite da imprese, amministrazioni pubbliche ecc., mirate a perseguire la sostenibilità, mantenendosi appunto nello spazio dei safe and just earth system boundaries.

Per contrastare questo negazionismo imperante che può arrecare solo danni a tutta l’umanità torno a proporre quanto ho già scritto in un precedente editoriale su greenreport. È giunto il momento di avviare una sorta di mobilitazione permanente che metta insieme la società civile e la società scientifica organizzata, in una sorta di Assemblea permanente della sostenibilità con l’obiettivo di coordinare una capacità collettiva dedicata a svolgere una funzione “permanente” di continua promozione e diffusione corretta dei fondamenti della sostenibilità e della conoscenza scientifica che la supporta.

Gianfranco Bologna

Naturalista e ambientalista, è Presidente Onorario della Comunità Scientifica del WWF Italia, Full member del Club of Rome, Segretario generale della Fondazione Aurelio Peccei, e membro della Consulta dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). Da oltre 50 anni opera nel campo culturale, divulgativo, didattico, formativo, progettuale della sostenibilità e della conservazione della natura, in particolare nel WWF Italia, dove ha svolto anche il ruolo di Segretario generale e di Direttore Scientifico. Ha svolto e svolge attività didattiche in diverse Università. E’ membro del Comitato sul capitale naturale presso il Ministero dell’Ambiente. Ha scritto diversi volumi sulla natura e la sostenibilità, tra i quali “Manuale della sostenibilità. Idee, concetti, nuove discipline capaci di futuro” (2005) mentre l’ultimo è “Noi siamo natura. Un nuovo modo di stare al mondo” (2022). Ha curato le edizioni italiane di oltre 150 volumi di autori fondamentali per la cultura della sostenibilità a livello mondiale.