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Dal caldo estremo alle alluvioni, Copernicus lancia l’allarme per l’Europa sud-occidentale

 |  Editoriale

Agosto è stato il terzo più caldo mai registrato a livello globale, secondo i dati messi in fila dal servizio per il cambiamento climatico di Copernicus (C3S), il servizio europeo di punta per l’osservazione della Terra. La temperatura media superficiale dell'aria è stata 0.49 °C al di sopra della media del periodo compreso nell’ultimo trentennio climatologico di riferimento (1991-2020) e di +1,29°C rispetto al periodo pre-industriale (1850-1900).

L’Europa è il continente che si riscalda più rapidamente al mondo, con velocità doppia rispetto alla media globale: non è dunque una sorpresa che anche ad agosto i dati siano peggiori rispetto al dato complessivo. L'Europa ha infatti vissuto la quarta estate più calda mai registrata, con una temperatura superiore di 0.90 °C alla media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020.

«Agosto 2025 è stato il terzo mese più caldo mai registrato a livello globale. Nell'Europa sud-occidentale – sottolinea la scienziata di Copernicus Samantha Burgess – il mese ha portato la terza grande ondata di caldo dell'estate, accompagnata da incendi boschivi eccezionali. Con gli oceani che rimangono insolitamente caldi, questi eventi sottolineano non solo l'urgenza di ridurre le emissioni, ma anche la necessità critica di adattarsi a fenomeni climatici estremi più frequenti e intensi».

Una realtà particolarmente evidente in Italia, purtroppo, dove ad esempio ieri l’Elba è stata colpita da un nubifragio con oltre 70 mm di pioggia accumulatisi in meno di un’ora. Anche questa non è una sopresa. Negli ultimi decenni, il Mar Mediterraneo si è riscaldato a un ritmo quasi doppio rispetto alla media globale, diventando un hotspot della crisi climatica in corso: un mare più caldo rilascia più vapore acqueo nell’atmosfera, e al contempo la fisica (con la legge di Clausius-Clapeyron) ci spiega che per ogni +1°C di aumento della temperatura, l'atmosfera può contenere circa il +7% di umidità in più. Significa che la probabilità di eventi meteo estremi come le alluvioni aumenta, in un Paese ancora impreparato ad affrontarle.

Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) è di fatto fermo al palo: approvato nel gennaio 2024 dal Governo Meloni dopo lunghissima gestazione, ha individuato 361 azioni settoriali da mettere in campo ma manca di fondi e governance per attuarle; per fare davvero i conti con l’acqua – in base alle stime elaborate dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa) – servirebbero 10 mld di euro aggiuntivi l’anno, a fronte dei 7 che il sistema-Paese finora riesce a stanziare. Volendo limitare il conto ai soli investimenti incentrati sulla lotta al dissesto idrogeologico, si scende comunque a 38,5 miliardi di euro complessivi in un decennio (in linea con gli investimenti stimati già nel 2019 per realizzare gli 11mila cantieri messi in fila dalla struttura di missione "Italiasicura", che ha lavorato coi Governi Renzi e Gentiloni).

Non va meglio sul fronte della mitigazione: a luglio le rinnovabili – le principali fonti energetiche su cui possiamo fare affidamento per sostituire i combustibili fossili, con le loro emissioni di gas serra – hanno soddisfatto il 43,8% della domanda elettrica nazionale, ma nei primi sette mesi di quest’anno Terna registra -12,9% per i nuovi impianti fotovoltaici e -25,7% per quelli eolici, mentre il Governo ha deciso di non decidere sulle aree idonee facendo ricorso al Consiglio di Stato.

Continuando a questo ritmo, a fine anno le nuove installazioni di impianti rinnovabili rischiano di fermarsi ad appena 5,2 GW, meno dei 7,48 GW conseguiti l’anno scorso e meno della metà rispetto all’ammontare necessario per traguardare gli obiettivi europei recepiti dal Governo stesso.

Secondo quanto previsto dal decreto Aree idonee, al 2030 servono infatti 80.001 MW di nuova potenza considerando le installazioni realizzate a partire dal 2021. Un obiettivo lontano, dato che con le installazioni degli ultimi quattro anni il Paese ha raggiunto appena il 24,1% dell’obiettivo (19.297 MW di nuova potenza installata dal 2021 al 2024). Per colmare questo ritardo, snocciola Legambiente, l’Italia dovrà realizzare nei prossimi 5,5 anni 60.704 MW, pari ad una media di 11.037 MW l’anno.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.