
Quando muore un presidente povero

È morto, stavolta davvero, Josè “Pepe” Mujica, un omino di ferro che è stato il gigantesco presidente di un piccolo Paese, l’Uruguay, che dalle galere fasciste dei militari è finito, spinto dal suo popolo, a fare il presidente della Repubblica. Il primo presidente di sinistra dell’Uruguay.
Come scrive oggi il suo Partito, il Frente Amplio, «Pepe non è stato solo un leader. È stato una forma di intendere il mondo. Non ci lasceranno la sua voce, il suo esempio, la sua convinta speranza. Hasta siempre, Compañero».
Mujica, il guerrigliero montonero che nelle carceri coltivò al buio la speranza e l’amore per i poveri e la povertà, si è preso il lusso, uscito da quelle prigioni, di essere il presidente più povero del mondo, di rifiutare residenze, stipendi e onori per restare al servizio del suo popolo come un umile militante di sinistra che un incidente della storia e dei cuori aveva portato in un palazzo presidenziale e a incontrare i potenti della terra.
È da questa vita coerente, da questo Mandela sudamericano, da questo vecchietto coi baffi e gli occhi chiari, che è nata la moderna sinistra che governa l’Uruguay. E’ dalla sua mite intransigenza fatta di esempio e fatti concreti che è nato il mito non voluto di Pepe,. Un uomo che riteneva sacra la Terra e i Popoli e più intoccabili di tutti gli indifesi.
Un uomo di potere che si è spogliato del potere, un intellettuale raffinato che ha saputo tradurre l’ideologia in etica pubblica e l’etica in concreta azione del potere al servizio del popolo. Un contadino ritiratosi nella sua casetta, tra il fango e la pampa, che ha dato lo scandaloso esempio che la sinistra mondiale – anche quella sudamericana dei troppi caudilli – non è in grado di seguire, che ha tenuto insieme la lotta, la galera, le torture e la vittoria in un filo rosso nel quale quel giovane rivoluzionario non ha mai perso sé stesso e la sua coerente appartenenza al popolo, a una parte del popolo, scegliendo l’umiltà, restando un compagno tra i compagni, parlando piano, come fanno i vecchi, di un mondo che credeva ancora pieno di speranza per i giovani.
In quella casupola sudamericana se ne è andato un pezzo di futuro, di mitezza contro l’arroganza che impera, se ne è andata la vita di un uomo che ha scritto la storia del suo Paese restando povero, restando sé stesso, che ha chiesto alla sinistra di restare sé stessa interpretando il mondo nuovo, col cuore di un ragazzo che sogna la libertà, la giustizia, la pace.
