
Il Piano Mattei? Per metà va a gas e non serve a frenare il fenomeno dell’immigrazione

Il Piano Mattei varato un anno e mezzo fa dal governo Meloni è stato presentato come uno strumento strategico di investimento, diplomazia, cooperazione allo sviluppo dei Paesi africani, ma finora si sta rivelando soprattutto un ulteriore mezzo con cui l’Italia continua a legare il proprio destino all’uso dei combustibili fossili. Ciò emerge con chiarezza da un’analisi realizzata dall’Osservatorio sui conti pubblici italiani (Cpi) con il titolo “A che punto è il Piano Mattei?”. Si tratta di un documento ricco di dati e tabelle sui paesi coinvolti, i progetti avviati, le risorse stanziate. Viene anche discussa la questione se serva effettivamente, come sostenuto dal governo italiano, a sostenere lo sviluppo economico dei Paesi africani coinvolti e quindi a frenare il fenomeno l’immigrazione (spoiler, la risposta è no: «in realtà, se anche venissero impiegati tutti i 5,5 mld messi a disposizione – si legge nell’analisi Cpi – questi rappresenterebbero lo 0,5% circa del Pil aggregato dei nove Paesi; non certo un importo in grado di rivoluzionare le economie di queste nazioni»). Sempre tra parentesi, più o meno: i 5,5 miliardi previsti in dotazione dal governo per questo Piano sono da risorse già stanziate e per le quali è stata decisa una nuova destinazione, con 2,5 miliardi presi dalle risorse per la cooperazione e lo sviluppo (ministero degli Esteri) e 3 miliardi dirottati dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, presi dal Fondo italiano per il clima.
Ma è soprattutto la disamina di quanto è stato speso nel 2024 in beni importati dalle nove nazioni coinvolte che merita attenzione: al di là delle belle intenzioni con cui Palazzo Chigi ha ammantato questo Piano, finora è servito soprattutto per chiudere nuovi accordi commerciali con le nazioni coinvolte fin dall’inizio (Algeria, Egitto, Tunisia, Marocco, Costa d'Avorio, Etiopia, Kenya, Mozambico e Repubblica del Congo, mentre dal 2025 il Piano dovrebbe essere esteso anche ad Angola, Ghana, Mauritania, Tanzania e Senegal). In attesa che il governo presenti entro il 30 giugno la relazione relativa allo stato di attuazione dei progetti di cooperazioni, c’è già un dato sul 2024 che ha bisogno di poche spiegazioni. Si legge nell’analisi dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani: «Nel 2024 l’Italia ha importato beni per 20,5 mld di euro (3,6% del totale delle importazioni italiane) dai nove Paesi del Piano. Il prodotto principale è il gas: 9,4 mld di euro, prevalentemente dall’Algeria; segue la manifattura per 7,8 mld e il petrolio per 2,6 mld».
Insomma, oltre la metà di quanto speso per l’import da questi paesi africani è destinato a combustibili fossili, e anche escludendo il petrolio, quasi la metà delle risorse se ne va per l’acquisto di gas. E i cinque Paesi a cui il Piano dovrebbe ora essere esteso? La spesa maggiore, di nuovo, è nell’ambito del caro, vecchio fossile. Si legge nel documento dell’Osservatorio Cpi: «Dai cinque nuovi Paesi che dovrebbero entrare nel 2025 l’Italia ha importato beni per un totale di circa 1,4 mld di euro nel 2024. Il principale prodotto è il petrolio (766 mln), seguito dagli alimentari (251 mln). Il Paese da cui abbiamo importato più petrolio è l’Angola (475 mln circa), seguito dal Ghana (287 mln)».
Per quanto riguarda poi i progetti che dovrebbero essere alla base del Piano, l’analisi dell’Osservatorio Cpi evidenzia che per ora ne sono stati identificati 21 e che tuttavia solo per 9 è stato definito in modo preciso l’importo delle risorse da impegnare, per un totale di circa 600 milioni di euro. «Un progetto assorbe più della metà dei 600 milioni – si legge nel documento – è il “Corridoio di Lobito” (320 milioni), realizzato con Usa e Ue, che collegherà Angola e Zambia tramite una ferrovia per il trasporto di minerali e prodotti agricoli». Il secondo, per oltre 200 milioni di euro, è per un progetto in Kenya affidato a Eni per la produzione di olio vegetale per biocarburanti. Da 50 milioni in giù, fino a cifre molto inferiori, gli altri progetti da realizzare in ambito formazione, salute, rete sanitaria, ospedali.
