
A Gaza entrano i primi aiuti, ma la situazione resta drammatica e si intensificano i bombardamenti israeliani

I camion delle Nazioni Unite hanno cominciato in queste ultime ore a distribuire cibo e attrezzature mediche, ma la situazione a Gaza resta drammatica. Per la prima volta dall’inizio del blocco totale imposto dal governo israeliano sul territorio palestinese, l’Onu ha organizzato in una colonna di 90 mezzi pesanti centinaia di sacchi di farina, alimenti per neonati, materiale sanitario da consegnare a una popolazione ridotta allo stremo. Per quanto importante, si tratta però di una goccia che non riuscirà a soddisfare neanche in minima parte il fabbisogno di due milioni di persone sfinite dopo 11 settimane di blocco totale. Basti pensare che durante la tregua concessa dal premier israeliano Netanyahu, a Gaza entravano circa 600 camion di aiuti al giorno.
«Troppo poco e troppo tardi» è però quel che sta arrivando in queste ore nella Striscia, secondo le Nazioni Unite, che per settimane hanno aspettato che venisse allentato il blocco per consegnare almeno un po’ di cibo e medicinali. Anche i vertici dell’Unicef lanciano un allarme e anche un appello affinché si possa andare in soccorso della popolazione senza ulteriori restrizioni. «Stiamo esaurendo i rifornimenti a Gaza e non abbiamo più tempo» dice la direttrice dell'Unicef Catherine Russell. «I bambini a Gaza continuano a essere uccisi, feriti e privati degli aiuti - ha scritto su X - I pochi camion che sono entrati con forniture salvavita non sono neanche lontanamente sufficienti e non hanno ancora raggiunto chi ne ha disperatamente bisogno».
Di fronte alle crescenti proteste internazionali sul blocco totale imposto a marzo e alla condanna per il rischio di carestia diffusa, il governo di Israele ha iniziato a consentire l’ingresso di questa manciata di camion, intensificando però contemporaneamente la sua offensiva militare. Già nei giorni scorsi l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, aveva condannato l’escalation di bombardamenti ordinata da Netanyahu, non esitando ad accusare il governo israeliano di puntare a una «pulizia etnica» nei territori palestinesi. La forte escalation di attacchi e uccisioni in corso a Gaza, compresi gli attacchi israeliani agli ospedali, aveva detto, stanno aggravando la già disperata situazione umanitaria, con segnali di un futuro ancora peggiore. E poi: «La raffica di bombe che costringe la gente a spostarsi sotto la minaccia di attacchi più intensi, la distruzione metodica di interi quartieri e la negazione dell’assistenza umanitaria sottolineano che sembra esserci una spinta per un cambiamento demografico permanente a Gaza, che è in contrasto con il diritto internazionale ed equivale a una pulizia etnica».
Ma l’atteggiamento del governo israeliano non è cambiato, neanche a seguito delle proteste che sono state espresse a livello internazionale dopo che ieri l’esercito israeliano ha sparato colpi in aria di avvertimento in Cisgiordania mentre erano presenti diplomatici provenienti da oltre 20 Paesi. L’Onu ha chiesto conto alle autorità israeliane di quanto accaduto con «un’indagine approfondita». Al portavoce delle Nazioni Unite Stéphane Dujarric è stato chiesto un commento dell’accaduto durante il suo regolare briefing con i media da New York e la risposta è stata netta: «È chiaro che i diplomatici che stanno facendo il loro lavoro non dovrebbero mai essere colpiti, attaccati in alcun modo, forma o forma, e la loro sicurezza, la loro inviolabilità, deve essere rispettata in ogni momento. Qualsiasi uso della forza contro di loro è inaccettabile e invitiamo le autorità israeliane a condurre un'indagine approfondita, a condividerne i risultati con noi e a prendere qualsiasi misura che impedisca qualsiasi altro incidente di questo tipo».
Ma ormai Netanyahu non fa neanche più mistero di quale sia il suo obiettivo, costi quel che cosi: «Controlleremo tutta Gaza». In risposta all’escalation dei bombardamenti israeliani e alle limitazioni all’ingresso degli aiuti, nei giorni scorsi il Regno Unito ha convocato l'ambasciatore di Israele e sospeso i negoziati sugli accordi commerciali. Anche l’Ue, che è il principale partner commerciale di Israele, con scambi di oltre 45 miliardi di euro all’anno, si è mossa sulla stessa linea. I ministri degli esteri dell’Unione hanno appoggiato la proposta olandese di rivedere gli accordi con Tel Aviv. L’Italia ha votato contro.
