
A Gaza due milioni di persone l’orlo della carestia, Greenpeace alza la voce contro il genocidio

Con due milioni di persone a rischio carestia e un bilancio umanitario sempre più catastrofico, Greenpeace interviene con una dura presa di posizione contro l’aggressione israeliana nella Striscia di Gaza e la complicità della comunità internazionale.
La scorsa settimana neanche 400 camion di aiuti sono riusciti a varcare i confini della Striscia: una cifra ben lontana dai 500 camion al giorno necessari per far fronte ai bisogni primari della popolazione, secondo le stime dell’Onu. Nel frattempo, continuano i bombardamenti: secondo l’Oms, nella stessa settimana Israele ha bombardato per 28 volte gli ospedali della Striscia. Anche nella giornata di ieri, due operatori del Comitato internazionale della Croce Rossa – Ibrahim Eid e Ahmad Abu Hilal – sono stati uccisi a seguito di attacchi a Khan Yunis e Rafah.
Greenpeace definisce quanto sta accadendo una «pulizia etnica» e un’«azione militare sistematica» che «minaccia ora il maggior numero di vite innocenti non con le bombe, ma con la fame». L’ong punta il dito anche contro i governi e le istituzioni internazionali, accusati di inazione. «Nessun embargo sulle armi, nessuna sanzione coordinata, nessun intervento diplomatico decisivo. La loro inazione non è neutralità. È complicità».
La denuncia riguarda non solo l’uso indiscriminato della forza, ma anche il blocco degli aiuti e la militarizzazione delle forniture, che hanno già portato milioni di persone a vivere in condizioni di estrema vulnerabilità, senza accesso a cibo, acqua potabile, medicine o elettricità. Greenpeace elenca dunque una serie di richieste urgenti:
- Un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente.
- Il rilascio da parte di Hamas di tutti gli ostaggi.
- Il rilascio da parte di Israele di tutti i palestinesi detenuti illegalmente.
- L’imposizione di sanzioni mirate e di un embargo completo sulle armi.
- L’accesso immediato degli aiuti umanitari da parte delle Nazioni Unite.
- La fine dell’occupazione illegale dei territori palestinesi, nel rispetto delle risoluzioni ONU.
L’organizzazione ambientalista ribadisce il proprio sostegno a una prospettiva di convivenza pacifica tra Israele e Palestina «all’interno di confini riconosciuti e nel rispetto del diritto internazionale», ma sottolinea come oggi si sia davanti non solo a un «fallimento politico», bensì a un «fallimento morale». Se i leader mondiali continueranno a non agire, ammonisce Greenpeace, «dovranno rispondere di favoreggiamento di un genocidio».
