Angola: proteste, saccheggi e morte nel Paese del Piano Mattei
L’Angola è uno dei pilastri del Piano Mattei di Giorgia Meloni che si è scambiata visite di stato, strette di mano e accordi con il presidente della repubblica João Manuel Gonçalves Lourenço, a capo del Movimento Popular de Libertação de Angola - Partido do Trabalho (MPLA), l’ex movimento di liberazione marxista-leninista filosovietico al potere dal 1975, dopo l’indipendenza dal Portogallo, presto convertitosi in un partito-regime petrolifero, familista e cleptocratico e fedele all’Occidente. E, nonostante la notizia sia passata sotto silenzio nei media italiani, il governo Meloni dovrebbe preoccuparsi non poco per quanto è successo e sta succedendo in Angola, anche perché riguarda il petrolio che è la vera ragione del Piano Mattei. Infatti, la causa dei disordini mortali e dei saccheggi verificatisi la scorsa settimana in Angola è, per stessa ammissione del governo di Luanda, il forte aumento del prezzo del carburante.
Il 28 luglio gli autisti dei candongueiros, i minibus blu e bianchi che trasportano quasi il 90% dei pendolari di Luanda, hanno indetto uno sciopero di tre giorni e per due giorni nella capitale angolana e in altre città si sono sentiti sporadici spari, mentre la gente saccheggiava i negozi e si scontrava con la polizia.
Dopo una riunione del Consiglio dei ministri presieduta dal presidente João Lourenço, il ministro dell'Interno Manuel Homem ha detto ai giornalisti: «Siamo dispiaciuti per le 22 morti, tra cui un agente di polizia. Negli scontri sono rimaste ferite circa 200 persone, mentre sono state arrestate più di 1.200 persone». Il governo angolano ha affermato in una nota ufficiale che «Atti vandalici e rivolte hanno innescato un clima di diffusa insicurezza. Elementi con intenzioni criminali hanno trasformato la manifestazione in una minaccia per la sicurezza».
Dal 30 luglio, le forze di sicurezza hanno pattugliato le strade di Luanda, mentre i trasporti pubblici riprendevano lentamente la loro attività dopo due giorni di blocco. Il 31 luglio, l’United Nations High Commissioner for Human Rights (OHCHR) ha scritto che «Le autorità angolane devono svolgere indagini tempestive, approfondite e indipendenti sulla morte di almeno 22 persone, nonché sulle violazioni dei diritti umani ad esse associate, avvenute durante le proteste di questa settimana contro l'aumento dei prezzi del carburante. Secondo i rapporti ufficiali, più di 1.000 persone sono state arrestate. Filmati non verificati suggeriscono che le forze di sicurezza abbiano utilizzato proiettili veri e gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti, il che indica un uso della forza inutile e sproporzionato. Notiamo che alcuni dei manifestanti hanno fatto ricorso alla violenza e che diversi individui avrebbero approfittato dei disordini per commettere atti criminali, tra cui saccheggiare negozi e vandalizzare proprietà in diverse zone della capitale, Luanda. Invitiamo le autorità angolane ad astenersi dal ricorrere all'uso non necessario o sproporzionato della forza per mantenere l'ordine pubblico e a garantire il pieno godimento dei diritti alla vita, alla libertà di espressione, di riunione pacifica e di associazione. Chiunque sia stato arbitrariamente detenuto deve essere immediatamente rilasciato. Tutti i manifestanti che scendono in piazza per esprimere le proprie opinioni devono farlo pacificamente. Tutte le violazioni dei diritti umani devono essere indagate e i responsabili devono essere chiamati a risponderne».
Ma lo sciopero dei candongueiros è stato solo l'ultima di una serie di proteste dopo che nil primo luglio il prezzo del carburante è stato aumentato da 300 a 400 kwanza (da 0,29 a 0,38 euro). La decisione di ridurre i sussidi ai carburanti pesanti è stata presa dal governo del MPLA dopo le richieste del Fondo monetario internazionale di destinare più fondi pubblici alla sanità e all'istruzione. Ma è stato come buttare benzina sulla rabbia che covava in un Paese di 36 milioni di persone, ricchissimo di risorse e poverissimo, con un'inflazione intorno al 20% e di un tasso di disoccupazione vicino al 30%. Un Paese di giovani ormai in aperta rivolta contro l’eterno governo del MPLA Che accusano di ignorare il suo popolo e che non garantisce un futuro ai giovani disoccupati. Secondo la Banca Mondiale, l'inflazione e la crescita limitata probabilmente manterranno nel 2026 alti i tassi di povertà, intorno al 36%. E’ necessaria una rete di sicurezza sociale più solida e di maggiori spese per lo sviluppo.
Geraldo Wanga, iI leader dei sindacato dei tassisti ANATA, che ha indetto lo sciopero, ha preso le distanze dai disordini e dalla la violenza, ma ha criticato «L'arresto arbitrario di autisti ingiustamente accusati di incitamento alla violenza».
In una dichiarazione congiunta, i partiti di opposizione, la destra storica dell’Unita e il più progressista Bloco Democratico, accusano le politiche economiche del governo: «L'Angola sta attraversando una grave crisi economica e sociale, conseguenza di politiche governative slegate dalla realtà del Paese».
L’Angola interessa molto l’Italia del Piano Mattei perché è il secondo produttore di petrolio in Africa, dopo la Nigeria, ma il Paese non trae praticamente nessun beneficio dalla ricchezza petrolifera. E’ la maledizione del petrolio con la quale l’Angola convive fin dall'indipendenza. E proprio i grandi festeggiamenti per il 50esimo dell’indipendenza dell’Angola dal Portogallo hanno acuito le critiche contro il governo, accusato di dilapidare denaro pubblico mentre gran parte della popolazione continua a soffrire fame e povertà, i bambini abbandonati vivono per strada e che la siccità nell'Angola meridionale continui a uccidere persone.