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È un’estate calda (anche) sul fronte del diritto internazionale dell’ambiente

Una serie di pronunce e negoziati sta ridefinendo il quadro giuridico globale, ma la sfida resta quella di colmare il divario tra principi e azioni concrete
 |  Approfondimenti

Il 2025 si sta rivelando un anno particolarmente interessante per l’evoluzione della protezione dell’ambiente a livello mondiale. In particolare, una serie di pronunce e negoziati sta ridefinendo il quadro giuridico globale, rafforzando in primo luogo gli obblighi degli Stati e ponendo le basi per nuove azioni legali contro i grandi inquinatori.

Il parere della Corte internazionale di giustizia sul clima (23 luglio 2025)

Su richiesta dell’Assemblea generale Onu – promossa da Vanuatu e sostenuta da 131 paesi – la Corte internazionale di giustizia ha emesso uno storico parere consultivo storico con l’obiettivo di precisare gli obblighi legali degli Stati in materia di cambiamento climatico.[1]

Punti chiave:

  • Gli Stati hanno un obbligo giuridico vincolante di prevenire danni ambientali significativi causati dalle emissioni di gas serra, agendo con dovuta diligenza e cooperando in buona fede, in linea con l’Unfccc, il Protocollo di Kyoto, l’Accordo di Parigi e il cosiddetto diritto internazionale consuetudinario.
  • Il cambiamento climatico è ormai riconosciuto come “minaccia esistenziale urgente” ed altresì un ambiente sano è considerato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, come diritto umano fondamentale poiché essenziale per la vita, la salute, l’accesso all’acqua e al cibo.
  • In linea con il principio di responsabilità comuni ma differenziate, i paesi sviluppati devono fornire supporto finanziario e tecnologico ai paesi vulnerabili.
  • La produzione e il consumo di combustibili fossili, se non regolati, possono costituire illecito internazionale. In questa prospettiva, gli Stati devono anche controllare le attività degli attori privati, incluse le industrie fossili.
  • Gli Stati insulari non perdono sovranità o zone marittime a causa dell’innalzamento del livello del mare.

La pronuncia della Corte inter-americana dei diritti umani (29 maggio 2025)

La Corte inter-americana dei diritti umani ha emesso un parere consultivo sulle obbligazioni degli Stati in materia di emergenza climatica rafforzando il legame tra cambiamento climatico e diritti umani e fornendo una base per contenziosi regionali e globali.[2]

Affermazioni principali:

  • Gli Stati hanno l’obbligo di rispondere all’emergenza climatica per proteggere i diritti umani, come il diritto alla vita, alla salute e a un ambiente sano.
  • Le azioni climatiche inadeguate possono costituire violazioni dei diritti umani, con particolare attenzione alle comunità vulnerabili, come quelle indigene e insulari.
  • Gli Stati devono garantire finanziamenti e misure di adattamento per i paesi più colpiti, in linea con il principio di equità.

Negoziati a Ginevra per il Trattato globale sulla plastica (5-14 agosto 2025)

A Ginevra, il Comitato intergovernativo di negoziazione dell’Organizzazioni delle Nazioni Unite sta lavorando per finalizzare un trattato giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica, affrontando l’intero ciclo di vita del materiale.[3]

Priorità africane nei negoziati:

  • Regolamentare produzione, consumo e smaltimento, evitando il dumping di rifiuti plastici nei paesi in via di sviluppo.
  • Introdurre misure commerciali per favorire materiali alternativi e sostenibili.
  • Garantire supporto finanziario e tecnologico per migliorare la gestione dei rifiuti.
  • Proteggere biodiversità marina e terrestre dalla dispersione plastica.

La Corte africana dei diritti umani e dei popoli si prepara a pronunciarsi

Non è finita qui. Per la prima volta, la Corte africana dei diritti umani e dei popoli[4] è stata investita di una richiesta di parere consultivo sul cambiamento climatico, avanzata dalla Pan african lawyers union con il sostegno di molteplici reti specializzate in diritto e ambiente.[5]

Obiettivi della richiesta:

  • Chiarire gli obblighi degli Stati africani alla luce della Carta africana, che tutela diritti come vita, salute, sviluppo e ambiente sano.
  • Allineare gli obblighi climatici con l’Agenda 2063 dell’Unione africana.
  • Promuovere un approccio afrocentrico alla giustizia climatica, che tenga conto di impatti sproporzionati come siccità, inondazioni e temperature estreme.

In conclusione, le pronunce della Corte internazionale di giustizia, della Corte inter-americana dei diritti umani, i negoziati sul trattato della plastica e l’iniziativa presso la Corte africana dei diritti umani e dei Popoli dimostrano una convergenza verso la centralità del diritto internazionale dell’ambiente. Tuttavia, restano ostacoli significativi: la complessità probatoria, la dipendenza di molti Paesi dai combustibili fossili e la resistenza politica di grandi emettitori a obblighi stringenti. Dunque, il 2025 potrebbe passare alla storia come l’anno in cui il diritto internazionale dell’ambiente ha, quanto meno, iniziato a colmare il divario tra principi e azioni concrete. Ma la vera sfida sarà trasformare queste affermazioni in politiche effettive e giustizia reale per le comunità più colpite.

[1] https://www.icj-cij.org/sites/default/files/case-related/187/187-20250723-pre-01-00-en.pdf

[2] https://climatecasechart.com/wp-content/uploads/non-us-case-documents/2025/20250703_18528_decision-2.pdf

[3] https://www.unep.org/inc-plastic-pollution/session-5.2

[4] https://www.african-court.org/wpafc/home/

[5] https://africaclimateplatform.com/wp-content/uploads/2025/05/Petition-Document-.pdf

Giuseppe Poderati

Giuseppe Poderati è professore di Lingua e Cultura Italiana presso la Hubei University of Economics in Cina con focus su eco-linguismo. Laureato con lode in Giurisprudenza presso l’Università LUMSA, ha arricchito il suo percorso formativo partecipando a un programma di scambio internazionale presso la SUNY - State University of New York e il Center for Italian Studies. Giuseppe ha proseguito gli studi con corsi post-laurea in Business Internazionale, Politiche Pubbliche nell’Euro-Mediterraneo, ASEAN e Diritto Internazionale e Comparato, frequentando prestigiose istituzioni come il Graduate Institute di Ginevra e la National University of Singapore. Durante la sua carriera accademica, è stato visiting scholar presso il Max Planck Institute e l’Università di Palermo. Autore di numerosi articoli scientifici, Giuseppe ha completato un dottorato di ricerca in Diritto Ambientale presso la Wuhan University, consolidando il suo profilo di studioso internazionale e collaborando con altre università e organizzazioni.