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La Global Sumud Flotilla sospesa tra Egitto e Cipro

I coraggiosi volontari stanno per salpare da Siracusa, per riscattare l’ignavia dell’Occidente. Ma dove potranno attraccare per far sbarcare gli aiuti e indirizzarli a Gaza?
 |  Approfondimenti

Il convoglio umanitario composto delle unità della Global Sumud Flotilla Flotilla, salpato da Barcellona pochi giorni fa, ha raggiunto il porto di Tunisi e attende ora di ricongiungersi con le unità che partiranno tra poche ore dal porto di Siracusa per poi proseguire alla volta di Gaza.

Le imbarcazioni che compongono il convoglio umanitario vengono stimate in 44, provenienti da una moltitudine di Paesi sia dell’Occidente che del sud-est asiatico, sui quali sono stati imbarcati circa 700 volontari, tra i quali figurano anche parlamentari italiani che si sono uniti alla spedizione via mare. Questa missione, che porta speranza per i palestinesi e che contribuisce al riscatto di noi europei – noi che finora abbiamo guardato dalla finestra, senza poter intervenire – mentre i governi dell’Unione europea, al di là delle belle parole, hanno realizzato veramente poco e quel poco non può essere edulcorato enfatizzando (vantando) lanci favolosi effettuati (tardivamente) da forze militari aeree, tra le quali anche qualche velivolo dell’Aeronautica militare italiana.

Per queste ragioni, lo slancio di generosità dei volontari, per lo più giovani cittadini dell’Unione europea, diventa un impulso importante alla causa palestinese, contribuendo a riproporre l’antico progetto – due popoli, due Stati – che oggi fa molta fatica a riaffermarsi.

La Flotilla naviga verso il Mediterraneo orientale, carica di aiuti umanitari tra i quali primeggia il cibo; sì proprio quelle derrate alimentari di cui necessitano a Gaza, oltre alle medicine di prima necessità ed alimenti per i bambini. La missione umanitaria è e vuole essere, soprattutto, un segnale di partecipazione, un’assunzione di responsabilità che diventi preciso monito verso coloro che, avendo gli strumenti necessari a poterlo fare, sono rimasti nascosti, a guardare dalla fessura delle finestre dei loro spaziosi e confortevoli studi mentre una lugubre, quotidiana, contabilità diffusa dai media ci informa sulla carneficina perpetrata sul popolo inerme dei palestinesi, sui bambini sempre più denutriti e sulle loro madri sempre più scheletriche, ridotte allo stremo.

Questo è il quadro attuale e di cui tutti siamo a conoscenza, governati e semplici cittadini: negarlo sarebbe una falsità di fronte alla Storia e un abominio per coloro che credono nel Dio di Abramo. Il genocidio è in corso, inarrestabile ed irrefrenabile, senza pietà né misericordia. Si va avanti senza alcun ripensamento, senza tregua, fino alla cacciata dell’ultimo palestinese.

Ritorniamo dai ragazzi della Flotilla e al loro gigantesco ardimentoso compito, che richiede un coraggio smisurato e una determinazione assoluta. La domanda da porci è questa: dove attraccheranno le unità, dove potranno scaricare gli aiuti e come faranno per recapitarli, in tempi brevissimi, a chi ne ha bisogno?

Si tratta di aspetti che non possono essere tralasciati per poi essere affrontati all’ultimo momento, specialmente dopo le esternazioni del ministro Ben Gvir, che è stato diretto e chiaro, dichiarando il suo orribile punto di vista su come saranno trattati i volontari e che, ci auguriamo, possa essere chiamato nelle opportune sedi penali internazionali a renderne conto e ragione.

In attesa che ciò accada, è bene preparare le procedure per eseguire le operazioni logistiche di cui necessitano le unità della Flotilla. Le scelte non sono molte: o chiedere, per vie diplomatiche, all’Egitto di far attraccare e permettere di eseguire le operazioni di cui necessitano le unità (rifornimento di carburante, acqua tra le cose essenziali) e lo scarico in sicurezza dei prodotti umanitari nei porti o sorgitori egiziani; l’altra alternativa geograficamente fattibile resta quella di proseguire la navigazione verso Cipro, tertium non datur.   

Redazione Greenreport

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