Quali regole d’ingaggio per la fregata Alpino? Fermarsi a 120 miglia da Gaza è molto più che “precauzione”
La fregata Alpino, unità appartenente alla seconda Divisione Navale della Marina Militare italiana con sede a Taranto, sta seguendo a distanza le unità della Global Sumud Flotilla per prestare soccorsi, in caso di necessità. Ma una volta arrivata tra le cento e le centoventi miglia nautiche di distanza dalle coste della Striscia di Gaza trametterà via radio, una comunicazione in cui sarà specificato che non proseguirà più la navigazione in quanto risulta pericoloso spingersi oltre quella fascia di distanza di sicurezza: è quanto informa l’Ansa.
Quindi, con molta probabilità, questo warning verrà trasmesso a tutte le unità della Flotilla, dopodiché la nave Alpino fermerà la sua navigazione; non è chiaro se sarà richiamata a ritornare in Italia oppure potrà restare a pendolare alla distanza di sicurezza stabilità dallo Stato Maggiore della Marina Militare che, prima di emanare un ordine del genere, avrà sentito il Ministro Crosetto.
In considerazione della velocità con la quale avanza la Flotilla, questo avviso, con molta probabilità, potrebbe essere emanato prevedibilmente nella mattinata di mercoledì (domani per chi legge).
Appare chiaro ed evidente a tutti che un ordine di questo tipo travalica abbondantemente ogni principio credibile di “precauzione”, che viene spinta fino a 100-120 miglia dalla costa di Gaza; diventa palpabile che si va ben oltre il riconoscimento del blocco navale israeliano i cui profili giuridici, ricordiamolo con la doverosa fermezza, non sono stati mai del tutto chiariti, dato che ancora oggi sia le Nazioni Unite che un cospicuo numero di giuristi ed esperti di diritto internazionale marittimo sono assai scettici sulla legittimità del blocco stesso.
Considerare legittimo questo blocco navale, nato nel 2007 per ragioni di sicurezza dello Stato israeliano e che viene mantenuto ancora oggi senza che ricorrano più i presupposti di una reale necessità, se non quello di soffocare ogni possibile accesso al mare per il popolo palestinese, in ragione del fatto che non esistono altri sbocchi a mare, a nostro avviso rappresenta un atto illegittimo e non giustificabile se non come atto arbitrario, parente stretto dello ius angariae, adottato nel corso del I e II conflitto mondiale.
Queste le informazioni in nostro possesso e che riguardano l’impiego di unità della nostra Marina e ci piacerebbe conoscere quali siano le indicazioni date dall’Armada spagnola al pattugliatore Furor, inviato nel Mediterraneo orientale per seguire anch’esso la navigazione delle imbarcazioni della Flotilla e di cui la stampa italiana ha dato informazioni solo nella fase iniziale e poi si è del tutto disinteressata. La domanda sorge spontanea: la Marina Militare italiana e l’Armada spagnola, entrambe appartenenti all’Unione Europea, si sono parlati, hanno condiviso una comune strategia per il buon esito della missione?
Non ci sono notizie al riguardo e invece sarebbero state importanti conoscerle e condividerle per il successo non solo della missione umanitaria in essere e che mezzo mondo sta seguendo col fiato sospeso ma anche, e a maggior ragione sosteniamo noi, per saggiare le capacità comunicative ed operative al di fuori del quadro delle esercitazioni Nato ma provando a pensare ad una forza di pace che possa intervenire in caso di crisi, come quella attuale che stiamo vivendo nel Mare Nostrum.
Forse sarebbe il caso che a Bruxelles si iniziasse a immaginare un’entità europea capace di una propria autonoma politica internazionale, ad un’Europa protagonista, non più balbettante né genuflessa.