La Global Sumud Flotilla è nel pieno rispetto del diritto internazionale marittimo: il Mediterraneo orientale di chi è?
Alle 20.25 di ieri (19.25 ora italiana) è arrivato, come peraltro annunciato ai quattro venti, l’alt da Israele alle unità della Global Sumud Flotilla: gli attivisti della delegazione italiana fanno subito sapere che le autorità militari della Marina israeliana hanno annunciato: “È stato comunicato che il tentativo di violare il blocco rappresenta una violazione del diritto internazionale. Se andremo avanti verremo fermati e le navi confiscate”. Ipso facto!
Ancora una volta, con protervia ed arroganza, lo Stato d’Israele si fa unico esegeta del diritto internazionale marittimo e interpreta con libero arbitrio le norme scritte – discendenti dall’Unclos che lo stesso Stato d’Israele ha sottoscritto – e la prassi consuetudinaria, che costituiscono, appunto, il diritto internazionale marittimo; infatti, secondo il diritto del mare, la Global Sumud Flotilla ha il diritto di navigare e trasportare gli aiuti umanitari nel Mediterraneo orientale - attraversando libere acque internazionali - verso le acque territoriali palestinesi.
Ricordiamo e ribadiamo il concetto che i Paesi costieri possono controllare le acque territoriali fino a 12 miglia nautiche (circa 22 chilometri) dalla costa. Cosa accadrebbe da noi se Paesi marittimi come la Tunisia, la Libia o Malta, pretendessero di estendere con un qualsiasi pretesto le loro acque territoriali come ha fatto Israele? Significa che in Sicilia andremmo a fare il bagno all’estero, magari col rischio di essere fermati da qualche motovedetta maltese.
Torniamo però ai fatti di ieri sera: abbiamo appreso che il primo abbordaggio è stato fatto sull’Alma, nave ammiraglia della missione umanitaria. Gli attivisti della Flotilla hanno, inoltre, riferito che le persone a bordo dell’imbarcazione sono state fermate. La flottiglia, avvicinatasi alla costa di Gaza con decine d’imbarcazioni aventi a bordo centinaia di attivisti di nazionalità diversa e provenienti da ben 44 Paesi con la ferma intenzione di rompere il blocco navale imposto alla Striscia di Gaza, si è così trovata faccia a faccia con un poderoso schieramento di navi da guerra israeliane – più di venti navi – la scorsa notte. Le navi israeliane hanno circondato le unità della Flotilla, e i militari israeliani sono saliti a bordo e hanno arrestato tutti i membri dell'equipaggio e gli attivisti.
Dispiace molto doverlo ripetere: ancora una volta il governo e i militari israeliani calpestano ogni diritto riconosciuto a livello internazionale; ancora una volta sono solo i cittadini a fare qualcosa di concreto, seppur piccola. Non si può no rimarcare con forza l’assenza dei governi e delle istituzioni di ogni livello, nazionali e ancor peggio comunitari. Si fa un’incredibile fatica a giustificare i nostri governi, democraticamente eletti, che permettono un genocidio in mondovisione.
E come se non bastassero le efferatezze compiute dall’Idf, ieri sera è andato in onda l’assalto - nelle trasmissioni effettuate sull'account Youtube della Flottiglia - e il mondo intero ha visto i soldati israeliani fare irruzione sulle barche e arrestare gli attivisti. Alla minacciosa Idf che imponeva di "cambiare rotta" la Flottiglia, con la cala dei giusti, rispondeva: "Stiamo portando cibo, aiuti, filtri per l'acqua, stampelle, cibo per bambini a coloro che stanno morendo di fame".
Tra gli arrestati c'è anche l'attivista ambientalista Greta Thunberg, già arrestata il 9 giugno durante l’intervento dell’Idf in acque internazionali avvenuto a circa 90 miglia da Gaza. Chi del resto non conosce la pericolosità criminale di Greta? A fronte della pochezza della maggior parte dei governi occidentali, acquiescenti e complici, a noi piace sostenere ad oltranza quei ragazzi coraggiosi diretti verso Gaza e che stanno dimostrando all’umanità intera che il potere vero non appartiene ai governi ma è prerogativa del popolo. Ciascuno di noi salga sulla propria barca e vada nella direzione giusta, solo così il mondo potrà migliorare: direzione giusta significa fare i conti, fino in fondo, con la propria coscienza.