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Cresce la quota di chi non può permettersi di consumare un pasto proteico almeno ogni due giorni

Interessati dal problema il 9,9% degli individui nel 2024, erano l’8,4% nel 2023; questo aumento è in controtendenza rispetto alla media dell’Unione europea. È quanto viene evidenziato da un’indagine dell’Istat sull’insicurezza alimentare in Italia
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La condizione di «insicurezza alimentare», secondo la definizione che ne ha dato a livello mondiale la Fao, è quella in cui si trovano le persone che non possono accedere, a causa di limitazioni fisiche o economiche, a un’alimentazione sana, nutriente, idonea a sostenere una vita attiva e in buona salute. È stata realizzata a livello mondiale anche la cosiddetta scala Fies (Food insecurity experience scale) per misurare se un individuo possa essere inserito in tale condizione. Ebbene, in Italia il 5,5% degli individui mostra almeno uno degli otto segnali di insicurezza alimentare definiti dalla scala Fies. E una persona su dieci non può permettersi per motivi economici di consumare un pasto proteico almeno ogni due giorni. Lo rileva l’Istat in un report appena pubblicato.

Il segnale più diffuso, con il 4,3% di incidenza, evidenzia l’analisi, riguarda l’aver mangiato solo alcuni tipi di cibo, che nella scala ordinata per gravità (dal meno grave al più grave) si posiziona al terzo posto, seguito dall’essere preoccupato/a di non avere abbastanza cibo da mangiare (primo posto) e dal non aver potuto mangiare del cibo salutare e nutriente (secondo posto), entrambi pari al 2,5%. I segnali Fies che rilevano l’insicurezza alimentare più grave (aver avuto fame non avendo potuto mangiare e non aver mangiato per un giorno intero) presentano un’incidenza inferiore all’1% (0,7% e 0,5%, rispettivamente).

Dal report emerge che l’indicatore di «prevalenza dell’insicurezza moderata o grave» è pari all’1,3%, con un ampio divario tra il Mezzogiorno (2,7%) e il resto del Paese (0,6% nel Nord, 0,8% nel Centro). Rispetto al 2022 si osserva un miglioramento dell’indicatore sia a livello nazionale (era 2,2%), sia a livello di ripartizione geografica (era 1,4% nel Nord, 1,5% nel Centro e 3,8% nel Mezzogiorno). La prevalenza dell’insicurezza alimentare moderata o grave è maggiore nelle grandi città (1,6%), mentre le zone rurali o scarsamente popolate risultano meno esposte (0,9%); è inoltre più diffusa tra gli individui stranieri (1,8%) rispetto agli individui di cittadinanza italiana (1,3%). Se le differenze non sono significative tra uomini e donne, né tra adulti e minori, lo sono invece quelle tra coloro che presentano, per motivi di salute, limitazioni nelle attività abituali (2,4%) e coloro che non hanno alcuna limitazione (1%).

L’Istat segnala che tra il 2014 e il 2024 si osserva una progressiva diminuzione della quota di popolazione che non dispone di sufficienti risorse per acquistare il cibo necessario (2,7% nel 2024, era 8,9% nel 2014) e che però cresce la quota di chi non può permettersi per motivi economici di consumare un pasto proteico almeno ogni due giorni (9,9% nel 2024, era 8,4% nel 2023), in controtendenza rispetto alla media dell’Unione europea. Gli anni 2022 e 2023 hanno visto una crescita eccezionale dei prezzi al consumo, inclusi i beni alimentari, che verosimilmente ha indotto le famiglie a rivedere le proprie scelte di consumo a favore di alimenti non proteici.

Viene anche evidenziato che tra gli under35 che vivono da soli, quasi uno su cinque non può permettersi un’alimentazione adeguata (17,8%) e che oltre 430mila under16 sono in condizione di insicurezza alimentare: sono più colpiti i minori di 16 anni che risiedono nel Mezzogiorno (8,7%) e quelli che vivono in famiglie monogenitore (7,8%) o in famiglie dove il titolo di studio più alto dei genitori è la licenza media inferiore (17,9%). Tra i cittadini stranieri e i residenti nel Mezzogiorno, si legge infine nel report pubblicato dall’Istat, un adulto su 10 non può permettersi per ragioni economiche di mangiare con parenti o amici almeno una volta al mese, rinunciando così a opportunità ricreative di interazione, condivisione e coesione.

Redazione Greenreport

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