L’Italia è sopra la media Ue per disuguaglianza e rischio povertà
Non è rosea la situazione economica e sociale del nostro Paese, checché ne dica la narrazione di governo. L’Italia è sopra la media Ue sia per disuguaglianza che per rischio povertà. A certificarlo è l’Istat, che nell’ultimo rapporto riguardante gli indicatori di benessere equo e sostenibile (Bes) relativi all’anno 2024 segnala diverse criticità e condizioni peggiori di quel che vivano altri Stati comunitari.
Dall’analisi effettuata dall’Istat emerge che in Italia il rischio di povertà è al 18,9%, contro il 16,2% dell’Unione europea. La disuguaglianza del reddito netto è anche più alta: 5,5% contro 4,7% Ue-27. Rispetto al 2023, inoltre, nel 2024 la percentuale di persone che faticano ad arrivare a fine mese è aumentata, passando dal 5,5% al 5,8%. In aumento anche le persone insoddisfatte per il paesaggio del luogo di vita (dal 21,3% del 2023 al 22,2% del 2024) e quelle preoccupate per i cambiamenti climatici (dal 58,6% del 2014 al 69,2% del 2024).
Andando nel dettaglio per quel che riguarda il confronto con l’Europa rispetto a disuguaglianze e rischio povertà, sono stati analizzati 39 indicatori, 22 dei quali disponibili anche distinti per genere. E le conclusioni dell’indagine mostrano una situazione peggiore per l’Italia per 18 indicatori.
Rispetto al contesto europeo, si legge, il nostro Paese presenta significativi svantaggi nel mercato del lavoro, con un tasso di occupazione al 67,1%, 8,7 punti sotto la media Ue-27. Il divario si accentua tra le donne, tra le quali il tasso scende al 57,4% in Italia, contro il 70,8% registrato a livello comunitario. Particolarmente elevata è anche la forbice tra le persone che lavorano in part–time involontario (8,5% Italia; 3,2% Ue-27) soprattutto tra le lavoratrici (13,7% Italia; 4,8% Ue-27).
Non è finita qui. Il nostro Paese è al di sotto della media Ue-27 anche per alcuni indicatori del dominio Istruzione e Formazione, con solo il 31,6% dei 25-34enni laureati, contro il 44,1% nell’Ue-27 e il 66,7% delle persone di 25-64 anni che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado (80,5% Ue2-7).
E se questo è il presente, non va meglio su fronti che dovrebbero garantirci un futuro migliore. A cominciare da quelli riguardanti l’innovazione e la ricerca: l’Italia investe meno in ricerca e sviluppo di quanto facciano in media i nostri partner europei. Noi investiamo appena l’1,37% del Pil, contro il 2,22% della media comunitaria. E, in tutto ciò, la percentuale di lavoratori con formazione universitaria nelle professioni scientifico-tecnologiche è inferiore di 7,4 punti percentuali rispetto alla media europea: 26,7% Italia contro 34,1% Ue-27.