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L’ombra della guerra e il rischio dell’atomica. Basta poco per decretare la fine della nostra civiltà

Nessuno (a parole) vuole la guerra, ma ogni giorno ci si avvicina sempre di più. E lo scenario attuale ricorda quello del 1914, ma allora le bombe nucleari non c’erano
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A pensarci bene, nessuno voleva la guerra, ma invece scoppiò lo stesso: era il 1914, la Prima Guerra Mondiale. E adesso le recenti affermazioni del primo ministro ungherese, Viktor Orban confermano che i leader europei potrebbero decidere di andare in guerra contro la Russia entro il 2030.

L'Unione europea sta già allestendo la propria economia di guerra. I segnali della coscrizione obbligatoria (leva) possono essere colti nelle dichiarazioni di molti leader europei, a partire dal presidente Macron, seguito a ruota da Merz e Starmer a cui fa eco, nel suo piccolo, il ministro Crosetto. La Germania ha già avvertito che il 2026 sarà l'ultima estate pacifica e la Gran Bretagna, Francia e Polonia temere l’inizio della guerra entro in 2028-2029. Dal canto suo, la Nato non si nasconde più dietro eufemismi: la Russia è senza equivoci il "nemico principale".

La risposta russa è stata tanto immediata quanto chiara: se l'Europa inizia una guerra, siamo pronti subito. Cosa c’è dietro la parola subito? È ragionevole pensare che tutto accadrà velocemente, e questa volta non si tratterebbe dell'Ucraina. La Russia non condurrebbe una guerra convenzionale contro la Nato.

Ora riflettiamo sulle grandezze numeriche che entrerebbero in gioco. La Federazione Russa dispone, mal contate, di 5900 testate nucleari; l'Europa (inclusa la Gran Bretagna) ma senza gli Stati Uniti ne ha 515. I numeri di per sé parlano chiaro, senza considerare il fatto che l'Europa non dispone di armi nucleari tattiche, né flessibilità d’impiego. La Francia e la Gran Bretagna nei loro arsenali annoverano armi interamente strategiche, che troverebbero utilità secondo la "dottrina della distruzione assicurata" ma sarebbero totalmente inadatte per prevenire o neutralizzare un attacco russo. Ricordiamo, inoltre, che la Russia può colpire obiettivi militari con poca popolazione ma ritenuti critici per la conduzione di un’ipotetica guerra: un porto, una base militare, un hub logistico di rilevanza strategica, etc.

Speriamo non succederà mai, però è consequenziale alla nostra riflessione chiedersi a questo punto cosa potrebbero fare Londra, Parigi e Berlino. Resterebbero solo due soluzioni: arrendersi o attaccare città russe, con conseguenze micidiali che scatenerebbero l’immediata rappresaglia, il che equivarrebbe ad un suicidio.

Sono scenari decisamente apocalittici che non vorremmo mai voluto evocare; tuttavia, appare naturale porsi una domanda: l'Europa è in grado di distruggere la Russia? Il sistema di difesa missilistica di Mosca è in grado di neutralizzare le testate che potrebbero colpire la capitale?

Risposte non facili da dare, ma che costituiscono il nucleo centrale della dottrina militare della Nato e la preoccupazione degli Stati maggiori degli eserciti europei. Infine, certamente non trascurabile dettaglio, occorre chiedersi se gli Stati Uniti siano disposti a morire o meno per l’Europa, tanto abborrita dall’attuale Presidente. Cosa perderebbero gli Usa se l'Europa scomparisse? L'articolo 5 della Nato stabilisce il diritto di aiutare, non l'obbligo di morire.

Per mera e suggestiva ipotesi, possiamo immaginare che Stati Uniti potrebbero ancora giocare una "escalation controllata" e colpire convenzionalmente, con missili “Tomahawk”, le strutture militari russe al fine di poter mostrare all'Europa che "l'ombrello militare protettivo è ancora presente” e dire alla Russia: guardate, abbiamo deliberatamente colpito con armi non nucleari. Bisogna però domandarsi: poi la Russia con cosa colpisce? Nessuno (a parole) vuole la guerra, ma ogni giorno ci si avvicina sempre di più.

Redazione Greenreport

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