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La Cop30 dà all’Europa l’occasione per un ruolo di leadership globale, e non solo sul clima

Col disimpegno degli Usa, gli impegni dei Paesi di più antica industrializzazione saranno guidati dal Vecchio continente
 |  Crisi climatica e adattamento

Oggi parte a Belém (Brasile), e durerà fino al 21 novembre, la 30esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici meglio conosciuta come Cop30. Come si presenta all’appuntamento il Vecchio continente? Per rispondere occorre partire dalla posizione espressa dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: «In occasione della Cop30 di questa settimana, sottolineeremo il nostro forte impegno a favore dell'Accordo di Parigi. La transizione pulita globale è in corso e irreversibile. È nostra priorità garantire che questa transizione sia giusta, inclusiva ed equa. A Belém ascolteremo i nostri partner globali e discuteremo le questioni chiave. Per mantenere in vista il nostro obiettivo comune, dobbiamo riconoscere le diverse realtà nazionali e lavorare insieme per conseguire risultati».

Con queste parole, pronunciate la vigilia dell’evento in parola, l'Unione europea ha inteso rimarcare il proprio impegno a favore dell'azione per la salvaguardia del clima, impegnandosi a spianare la strada ad una transizione energetica globale pulita, equa e resiliente. Attraverso la transizione energetica pulita, potranno essere conseguiti risultati volti a fornire energia pulita e a prezzi accessibili, creare nuove e più redditizie opportunità commerciali per stimolare la crescita economica e migliorare la competitività industriale.

La Conferenza, dunque, costituisce un momento cruciale per elaborare nuove strategie mirate a raggiungere i necessari obiettivi dell'Accordo di Parigi, stipulati dieci anni or sono. Sono all’ordine del giorno temi di vitale importanza, a partire dalle piccole isole dell’oceano Pacifico e dei Paesi economicamente meno sviluppati che, come ben sappiamo, sono i più vulnerabili ai cambiamenti climatici.

Conforta, sotto diversi aspetti, che l'Ue continuerà a perseguire gli obiettivi fissati e mirati a conseguire l’abbattimento delle emissioni di carbonio e mantenere la barra del timone in rotta verso il conseguimento della neutralità climatica entro il fatidico 2050.

L'ultima valutazione svolta dalle Nazioni Unite chiarisce che gli impegni climatici attuali non sono in grado di fornire il necessario per mantenere il riscaldamento globale entro la soglia di +1,5°C rispetto all’era preindustriale. Naturalmente, questo reale rischio deve essere considerato un campanello d'allarme per le principali economie ed uno stimolo efficace per aumentare gli sforzi a mantenersi entro questo limite.

Segnaliamo a tal riguardo e con una punta di soddisfazione che l'Unione europea sta lavorando con impegno e determinazione al raggiungimento degli obiettivi dell'accordo di Parigi, avendo già ridotto le emissioni di gas a effetto serra del 37 % dal 1990, mentre la sua economia ha fatto registrare una crescita al contempo di quasi il 70 % e rappresenta oggi solo il 6% delle attuali emissioni globali (mentre ampliando l’orizzonte alle responsabilità storiche, l’Europa rientra tra i principali emettitori globali).

Questi progressi costanti nel campo della riduzione delle emissioni atmosferiche inquinanti fanno sì che l'Europa sia sulla buona strada per ridurre le emissioni di almeno il 55 % entro il 2030 e conseguire l’ambizioso obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.

Ma cosa avviene altrove, come si stanno comportando le altre grandi e popolose economie mondiali?

L’uscita dall’Accordo di Parigi degli Usa, voluta dal presidente Trump, diventa di per sé un preoccupante vulnus, che rischia di infettare altri Stati sovrani e di rallentare pesantemente i risultati fin qui conseguiti dall’umanità intera per tentare di contrastare con mezzi efficaci il cambiamento climatico che, contrariamente a quanto affermano i più ottusi negazionisti, è alla percezione di tutti coloro che hanno almeno due neuroni ancora lucidi e funzionanti.

Guardando invece alla Cina, il Paese non presenzierà alla Cop30 col suo presidente Xi Jinping ma in Brasile arriverà il vicepremier Ding Xuexiang, mentre per l’India parteciperà il ministro dell'Ambiente Bhupender Yadav. Ma col disimpegno degli Stati Uniti, è all’Europa che il mondo guarda per un ruolo guida dai Paesi di più antica industrializzazione: dovremo essere all’altezza delle aspettative, è l’occasione per (ri)guadagnare un ruolo di leadership internazionale.  

Redazione Greenreport

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