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GEO-7: Le crisi ambientali globali minacciano il Pianeta e il benessere umano

 |  Crisi climatica e adattamento

È stato presentato nei giorni scorsi a Nairobi il Global Environment Outlook 7 (GEO-7) dell’UNEP, il principale rapporto scientifico sullo stato dell’ambiente mondiale. Il GEO-7 fornisce una valutazione completa e interdisciplinare delle crisi ecologiche globali e delle loro cause sistemiche. L’edizione appena pubblicata fotografa un pianeta in piena destabilizzazione ecologica e mostra come crisi climatiche, perdita di biodiversità, degrado del suolo, inquinamento e rifiuti si stiano intensificando insieme, trasformandosi in una crisi sistemica globale. Il mondo è fuori rotta rispetto agli obiettivi ambientali, ma il GEO-7 ricorda che le soluzioni esistono e richiedono azioni rapide e coordinate.

Lorenzo Ciccarese di ISPRA ha avuto un ruolo centrale nel processo che ha portato alla redazione del GEO-7, presiedendo gli Open Ended Meetings e partecipando al MESAG.

Pubblichiamo di seguito la prima delle tre parti in cui si articola la sintesi dell’intero rapporto.
Il rapporto completo è disponibile al link https://www.unep.org/resources/global-environment-outlook-7


Il GEO-7 segnala che il pianeta è entrato in una fase di destabilizzazione ambientale che non trova precedenti nella storia umana. Cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, degrado del suolo, inquinamento e produzione di rifiuti stanno aumentando simultaneamente, creando una crisi sistemica globale. Questi fenomeni sono strettamente interconnessi e sono alimentati principalmente da modelli insostenibili di produzione e consumo, urbanizzazione rapida e stili di vita ad alto impatto ambientale.

Il riscaldamento globale, se non contrastato, potrebbe superare le proiezioni dell’IPCC, la massima autorità scientifica mondiale in materia di cambiamento climatico, aumentando la probabilità di superare punti di non ritorno climatici nei prossimi decenni. Tra i rischi più gravi vi sono la possibile interruzione dei principali sistemi di circolazione oceanica, la rapida perdita delle calotte polari e dei ghiacciai, il disgelo diffuso del permafrost con rilascio massiccio di gas serra, in particolare di metano, e il collasso di ecosistemi corallini, che sostengono migliaia di specie marine e milioni di mezzi di sussistenza umani.

La biodiversità terrestre sta diminuendo a un ritmo allarmante: fino a un milione di specie rischiano l’estinzione, mentre la diversità genetica all’interno degli ecosistemi si sta riducendo drasticamente, con effetti negativi sulla resilienza dei sistemi naturali e sulla capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. Il degrado del suolo interessa già tra il 20% e il 40% delle terre emerse, e tra il 2015 e il 2019 si sono persi almeno 100 milioni di ettari di suoli fertili, compromettendo la sicurezza alimentare globale.

L’inquinamento e la produzione di rifiuti aumentano in modo esponenziale. Oggi si producono oltre 2 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi ogni anno, che potrebbero arrivare a 3,8 miliardi entro il 2050 se non si interviene. La crescente produzione di plastica e la contaminazione associata stanno provocando impatti ecologici e sanitari significativi, come l’accumulo di microplastiche negli oceani, contaminazione dei suoli agricoli e effetti negativi sulla salute umana, tra cui malattie respiratorie e problemi endocrini.

Le conseguenze economiche e sociali di queste crisi sono già evidenti. Infrastrutture critiche, sistemi alimentari, sicurezza idrica, salute pubblica e mezzi di sussistenza sono sempre più vulnerabili, con impatti sproporzionati sulle comunità più povere e marginalizzate. I danni combinati rischiano di annullare progressi di sviluppo duramente conquistati, approfondire le disuguaglianze globali e ridurre l’aspettativa di vita media in molte regioni del mondo.

Attualmente, il mondo è fuori rotta rispetto alla maggior parte degli obiettivi ambientali internazionali, inclusi l’Accordo di Parigi relativo alla Convenzione delle Nazioni Unite sul Cambiamenti Climatico (UBFCCC), il Quadro Globale per la Biodiversità di Kunming-Montreal relativo alla Convenzione delle Nazioni Unite per la Diversità Biologica (CBD) e gli impegni relativi alla Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione (UNCCD). Gli impegni climatici nazionali, se mantenuti, indicano un aumento della temperatura tra 2,4 e 3,9°C entro la fine del secolo, ben oltre i limiti concordati di 1,5–2°C. Allo stesso tempo, gli indicatori di biodiversità mostrano un declino costante in tutte le dimensioni, dai geni agli ecosistemi.

La crescente domanda globale di risorse naturali — guidata da crescita economica, urbanizzazione e stili di vita ad alto consumo — sta amplificando le pressioni sui sistemi terrestri, idrici ed energetici. Le strutture economiche e finanziarie attuali restano disallineate rispetto agli obiettivi di sostenibilità, incentivando attività estrattive e inquinanti e rallentando le trasformazioni necessarie.

Tuttavia, il rapporto sottolinea che le soluzioni esistono. Il raggiungimento degli obiettivi ambientali globali è ancora possibile attraverso trasformazioni sistemiche, coordinate e su scala senza precedenti. La trasformazione dei sistemi economici e finanziari è cruciale, comprendendo la progressiva eliminazione dei sussidi dannosi, pari a 1,5 trilioni di dollari l’anno, l’integrazione dei costi ambientali e sociali nei prezzi di mercato e l’allineamento dei flussi finanziari agli impegni climatici e per la biodiversità. Sono necessari investimenti annuali stimati in 6–7 trilioni di dollari per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Un’economia circolare globale ridurrebbe drasticamente i rifiuti e l’inquinamento — oggi responsabile di perdite superiori a 8,1 trilioni di dollari all’anno — e alleggerirebbe la pressione su minerali e materiali ‘critici'. La trasformazione del sistema energetico richiede una massiccia espansione delle energie rinnovabili, la rapida eliminazione dei combustibili fossili non mitigati e un’ampia elettrificazione dei trasporti, degli edifici e dell’industria. Anche il sistema alimentare necessita di cambiamenti fondamentali: diete più sane e sostenibili, pratiche agricole resilienti, riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari e riforme delle catene di approvvigionamento.

Il ruolo dei Popoli Indigeni è essenziale: la loro conoscenza dei territori, la gestione sostenibile e le pratiche agroecologiche supportano la resilienza degli ecosistemi e la biodiversità. Saranno inoltre necessari percorsi regionali differenziati, capaci di riflettere la diversità dei contesti socioeconomici, culturali ed ecologici. Nonostante la gravità delle tendenze attuali, il GEO-7 dell’UNEP conclude che azioni decise e coordinate possono ancora evitare gli scenari peggiori. I benefici economici delle trasformazioni supererebbero di gran lunga i costi, raggiungendo 20 trilioni di dollari all’anno entro il 2050 e oltre 100 trilioni entro il 2100. Tuttavia, la finestra di azione si sta rapidamente chiudendo. Il nuovo rapporto dell’UNEP invita i governi, il settore privato, le istituzioni f inanziarie, la comunità scientifica e la società civile a collaborare per co-produrre soluzioni, accelerare l’innovazione, mobilitare risorse e guidare un cambiamento sistemico, orientando il pianeta verso un futuro sostenibile, resiliente e giusto.

ISPRA

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