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Emissioni industriali, sostanze pericolose, reti elettriche: Bruxelles vara un nuovo pacchetto. Bocciato dagli ambientalisti

La Commissione europea ha presentato una serie di norme che mirano ad assicurare risparmi per le aziende e «semplificare» le norme su valutazioni ambientali, responsabilità del produttore e permessi. Sottolineano però Wwf, Lipu ed European environmental bureau: «Indebolite le leggi fondamentali dell’Ue che proteggono la natura e la salute delle persone»
 |  Crisi climatica e adattamento

In Italia come nel resto d’Europa, la galassia ambientalista boccia il pacchetto Omnibus a cui hanno dato via libera Commissione, Consiglio e Parlamento europeo. Non solo. Da Bruxelles ieri è arrivata anche luce verde a un pacchetto relativo alle infrastrutture energetiche che impatta sulle rinnovabili e a una serie di norme in materia di ambiente che, com’è ormai prassi negli ultimi mesi a livello comunitario, spingono sull’obiettivo di «semplificazione» andando però a discapito delle misure a tutela di natura e biodiversità. In particolare, la Commissione Ue, con l’obiettivo di «promuovere una crescita sostenibile con una legislazione ambientale più semplice e intelligente» ha presentato un pacchetto di misure che vanno a influire sulla legislazione ambientale nei settori delle emissioni industriali, dell’economia circolare, delle valutazioni ambientali e dei dati geospaziali. Spiegano da Bruxelles: «Le modifiche contribuiranno a ridurre gli oneri amministrativi per le imprese, mantenendo al contempo gli ambiziosi obiettivi dell’Ue in materia di protezione dell’ambiente e della salute umana. Accelereranno e snelliranno le procedure di autorizzazione per tutti i progetti, in particolare nei settori strategici, quali i progetti digitali strategici, i progetti relativi alle materie prime critiche e gli alloggi a prezzi accessibili, facilitando la transizione verso un’economia pulita e digitale nell’Ue. La semplificazione delle normative e la riduzione degli oneri amministrativi sono infatti essenziali per raggiungere questi obiettivi ambientali e rafforzare la competitività dell’Ue». Viene anche spiegato dai tecnici della Commissione che con le misure previste nella proposta le imprese europee potranno risparmiare circa 1 miliardo di euro all’anno, portando i risparmi amministrativi annuali derivanti dai pacchetti Omnibus e da altre iniziative di semplificazione già presentate dalla Commissione a quasi 11 miliardi di euro all’anno: «Ciò ci avvicina all’obiettivo complessivo di 37,5 miliardi di euro di risparmi annuali sui costi amministrativi entro la fine del mandato della Commissione nel 2029».

Il problema e che tutti questi risparmi presentano un rovescio della medaglia in fatto di tutela della natura e della biodiversità. Tra le misure chiave della proposta avanzata dalla Commissione europea figurano infatti «standard di emissioni industriali semplificati per l’industria e gli agricoltori», «valutazioni ambientali semplificate per la concessione dei permessi», modifiche alla direttiva quadro sui rifiuti per abrogare la banca dati Scip («il costo del database Substances of concern in products sulle sostanze pericolose nei prodotti – dicono sempre da Bruxelles – è stato sproporzionato e le sue funzioni saranno sostituite con soluzioni digitali più efficaci come il passaporto digitale del prodotto e l’implementazione del pacchetto One substance one assessment) e una «responsabilità estesa del produttore semplificata»: Semplificata quanto e come? E perché? Ecco la risposta di Bruxelles: «Attualmente la legislazione in materia di batterie, imballaggi, apparecchiature elettroniche, plastica monouso e rifiuti impone alle aziende con sede nell’Ue di nominare un rappresentante autorizzato che adempia agli obblighi relativi alla loro responsabilità estesa del produttore. Le aziende devono istituire questo sistema in ogni Stato membro in cui non hanno sede e vendono prodotti.  Tale obbligo sarà sospeso per i produttori europei in attesa di un’ulteriore semplificazione dei sistemi di responsabilità estesa del produttore ai sensi della legge sull'economia circolare. Ciò ridurrà i costi delle attività commerciali nell’Ue».

Il rovescio della medaglia di queste «semplificazioni» e sospensioni e accantonamenti di norme che erano state introdotte a livello comunitario per una maggiore tutela dell’ambiente viene portato in primo piano da numerose associazioni ambientaliste italiane ed europee. La Lipu denuncia il fatto che «l’attuazione di queste disposizioni porterà a un’ulteriore perdita di habitat e al declino delle specie nell’Ue, con rischi di estinzioni molto elevati». Il dito è puntato soprattutto sul rischio di un maggiore inquinamento industriale e chimico «esponendo le comunità a emissioni nocive prevenibili e aumentando l’esposizione umana a sostanze chimiche tossiche» a causa del depotenziamento della direttiva sulle emissioni industriali e l’eliminazione della banca dati Scip sulle sostanze più preoccupanti. «Mentre alcune potenti industrie ne trarranno vantaggio, normative più deboli aumenteranno l'esposizione a sostanze chimiche tossiche, peggioreranno la qualità dell’aria e dell’acqua e aumenteranno i rischi a lungo termine per le comunità».

Ma il dito dell’associazione è puntato anche contro il pacchetto riguardante le infrastrutture energetiche presentato dalla Commissione europea. L’obiettivo delle nuove norme, spiegano da Bruxelles, è quello di arrivare a un «potenziamento» per favorire l’indipendenza europea in fatto di energia e un abbassamento dei costi delle bollette. Sottolinea però la Lipu: «Il nuovo pacchetto Ue sulle reti energetiche accelera ulteriormente la deregolamentazione, ridefinendo radicalmente le modalità di approvazione dei progetti energetici». Oltre all’«incertezza giuridica» provocata dalle nuove misure, la proposta di Bruxelles porta con sé due altri fattori: «mancanza di flessibilità», perché «norme rigide eliminerebbero la discrezionalità degli Stati membri nel raggiungimento degli obiettivi in materia di energie rinnovabili, e le priorità nazionali, come la pianificazione urbana o la protezione dell'ambiente, vengono ignorate, portando a restrizioni sproporzionate nell'uso del suolo». E «indebolimento delle protezioni ambientali»: «La direttiva mina le norme ambientali consentendo a un maggior numero di progetti di aggirare le salvaguardie ambientali. Ciò mette a rischio le aree ecologicamente sensibili, come i siti Natura 2000 o i fiumi a corso libero, e potrebbe rendere lo sviluppo accelerato la norma piuttosto che l’eccezione».

Critiche altrettanto dure e puntuali arrivano dal Wwf: «Le proposte segnano l’ennesimo grave arretramento delle politiche ambientali dell’Unione europea e rischiano di demolire decenni di protezione della natura, con effetti immediati su aria, acqua, ecosistemi e salute pubblica». L’associazione ambientalista sottolinea il fatto che Bruxelles «parla solo di tagliare costi amministrativi e tace sui costi enormi che ricadono sulla collettività: più inquinamento, più spese sanitarie, più ecosistemi degradati, più alluvioni e frane per eventi climatici estremi». E anche per il Panda il pacchetto reti elettriche mostra molte criticità, a cominciare da un’eccessiva indeterminatezza delle regole, non allineate alle procedure di valutazione ambientale, dalla minore flessibilità per gli Stati membri nella pianificazione e nella tutela del territorio, dall’indebolimento complessivo delle protezioni ambientali, con più progetti autorizzati anche in siti Natura 2000 o lungo fiumi a flusso libero.

Tutte osservazioni rilanciate anche a livello europeo dall’European environmental bureau, secondo il quale il nuovo pacchetto Omnibus ambientale della Commissione europea «indebolisce le leggi fondamentali dell’Ue che proteggono la salute delle persone, la natura e la prosperità a lungo termine». Oltre alle critiche mosse dalle due associazioni italiane citate, la rete di sigle ambientaliste europee evidenzia il fatto che il pacchetto presentato a Bruxelles colpisce anche la direttiva riveduta sulle emissioni industriali e dell’allevamento (Ied 2.0) e il regolamento che istituisce il portale delle emissioni industriali, entrambi adottati solo lo scorso anno. La proposta avanzata dalla Commissione Ue, sottolinea infatti l’European environmental bureau, «elimina l’obbligo di valutare sostituti più sicuri per le sostanze chimiche pericolose, elimina l’obbligo per le industrie ad alta intensità energetica di spiegare come intendono passare a una produzione climaticamente neutra e circolare e consente ulteriori ritardi nell’adeguamento agli standard più avanzati in materia di prevenzione dell’inquinamento. Esclude inoltre gli allevamenti avicoli biologici dal campo di applicazione della Ied ed esenta i grandi allevamenti avicoli e suini dall’obbligo di segnalare l’utilizzo delle risorse di base. Inoltre, introduce esenzioni dal rispetto dei limiti di emissione per la combustione di idrogeno, senza un’adeguata valutazione e consultazione. Ciò consentirà alle industrie più arretrate di continuare a operare come se nulla fosse: bad-business-as-usual».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.