
Crisi alimentare globale: entro il 2050 produzione agricola in calo del 35%

Il nostro sistema agroalimentare sta entrando in una fase di vulnerabilità senza precedenti. Cambiamenti climatici estremi, guerre, instabilità geopolitiche e un’eccessiva concentrazione della produzione agricola stanno minacciando la sicurezza alimentare globale. Stando al nuovo report di Boston consulting group (Bcg) in collaborazione con Quantis “Building Resilience in Agrifood Supply Chains”, entro il 2050 la produzione agricola mondiale potrebbe diminuire fino al 35%, con effetti devastanti sulla disponibilità e sull’accessibilità del cibo.
Non è più un’ipotesi lontana. Già oggi, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, una persona su undici vive in condizioni di insicurezza alimentare. A peggiorare lo scenario contribuiscono sprechi enormi – un terzo del cibo prodotto viene perso – e una filiera globale esposta a shock sempre più ravvicinati.
«Non è un tema da futuro distopico, ma una realtà da affrontare subito, con pragmatismo e visione – afferma Antonio Faraldi, Managing director e partner di Bgc – Serve agire su più fronti: innovazione genetica, agricoltura rigenerativa, logistica sostenibile e digitalizzazione. Nessuno può farcela da solo: pubblico, privato, filiere e governi devono collaborare».
Il report analizza 15 colture fondamentali – tra cui riso, grano, mais e caffè – che rappresentano il 70% dell’apporto calorico mondiale. Emergono quattro vulnerabilità strutturali. La prima riguarda la concentrazione della produzione: il riso, ad esempio, è coltivato in gran parte tra India, Bangladesh e Indonesia. Entro il 2050, la produzione complessiva potrebbe calare del 9%, con punte del 18% nei principali Paesi produttori. In caso di crisi regionale, l’offerta mondiale di riso rischia di crollare del 54%.
La seconda criticità è geografica. Il 60% del cacao mondiale proviene da Costa d’Avorio e Ghana, oggi colpiti da crisi climatiche e malattie delle piante. Nel dicembre 2024, i prezzi hanno raggiunto livelli record, superando i 13.000 dollari a tonnellata. Non esistono aree alternative pronte a colmare il vuoto.
A rendere ancora più fragile il sistema è la scarsa diversità genetica. Colture come la banana Cavendish – che rappresenta il 95% delle banane vendute – sono geneticamente identiche ovunque, e quindi vulnerabili a malattie e parassiti: una sola infezione può compromettere l’intera produzione globale.
Infine, molte colture strategiche non beneficiano di sufficienti investimenti in ricerca e sviluppo. Le patate, ad esempio, pur essendo versatili e nutrienti, sono sempre più esposte a siccità e nuove fitopatie, ma non esistono ancora varietà alternative efficaci e produttive su larga scala.
Le conseguenze sono pesanti non solo sul piano alimentare, ma anche su quello economico e sociale. Paesi come India, Cina, Bangladesh e Vietnam rischiano perdite al Pil per miliardi di dollari. I margini degli agricoltori potrebbero ridursi fino al 40%, rendendo impossibile ogni reinvestimento e alimentando un circolo vizioso di vulnerabilità, soprattutto nei Paesi emergenti.
La buona notizia è che questa crisi si può prevenire. Il report propone una roadmap concreta: investimenti in sementi ad alta resa, tecnologie post-raccolta per ridurre gli sprechi, diffusione dell’agricoltura rigenerativa e uso di strumenti predittivi – come sensori, satelliti e intelligenza artificiale – per anticipare eventi estremi. Fondamentale sarà anche la diversificazione delle colture e delle aree produttive, insieme a una logistica più flessibile ed efficiente.
Bcg propone infine un approccio in tre fasi: comprendere e mappare i rischi, pianificare strategie di lungo periodo e attivare una “control tower” digitale per monitorare e gestire le crisi in tempo reale. Una trasformazione radicale, ma necessaria per garantire un futuro alimentare sostenibile, equo e resiliente.
