Le tre barriere che ostacolano la transizione verso un sistema alimentare sostenibile
Il sistema alimentare globale, fondamentale per la sopravvivenza di miliardi di persone, non riesce ancora a rispondere adeguatamente alle sfide della salute, dei diritti umani e della sostenibilità ambientale. Basti pensare che è il primo imputato per la perdita di biodiversità, responsabile dell’estinzione e della distruzione dell’80% di specie e habitat e che nel 2024 oltre 295 milioni di persone nel mondo hanno sofferto di fame acuta.
Un nuovo rapporto pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) e da Chatham House evidenzia tre ostacoli principali che frenano la transizione verso un sistema alimentare più equo e sostenibile. Si tratta del paradigma del cibo economico, della concentrazione del mercato e della dipendenza da percorsi di investimento obsoleti.
Il rapporto, intitolato Unlocking Sustainable Transition for Agribusiness, esplora come questi fattori, percepiti, tecnici, istituzionali o economici, stiano rallentando la trasformazione necessaria. Per affrontare questi blocchi, il documento, pubblicato in vista del Vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari (Unfss+4), previsto dal 27 al 29 luglio e co-ospitato da Etiopia e Italia, sottolinea il ruolo fondamentale che devono giocare le organizzazioni internazionali, il settore finanziario, le imprese private e la società civile, al fine di rimuoverli.
Uno dei principali ostacoli è rappresentato dal paradigma del cibo economico, che impone l’idea che il cibo debba essere accessibile a tutti, anche a costo di compromettere l’ambiente e la salute umana. Questo approccio, che favorisce la produzione e il consumo a basso costo, sta infatti esponendo il pianeta a rischi elevati, con un impatto negativo sia sul lungo periodo per la salute umana che sull’ecosistema. Il risultato di questa logica è una continua sovrapproduzione, un consumo eccessivo e un aumento degli sprechi alimentari, con conseguente deterioramento dell’ambiente.
Per superare questo problema, il rapporto suggerisce l’introduzione di regolamentazioni più severe, che incentivino pratiche agricole sostenibili e penalizzino i modelli tradizionali. Solo un cambiamento di approccio che faccia emergere i costi reali a livello ambientale e sanitario consentirà di trasformare il sistema alimentare in uno che supporti una crescita economica più verde e sana.
Il secondo ostacolo analizzato riguarda la concentrazione del mercato. Oggi, il settore agroalimentare è dominato da pochi grandi gruppi, che esercitano un potere significativo sulla produzione e sulla distribuzione; questo accentramento crea una situazione in cui l’innovazione e la concorrenza vengono limitate, impedendo ai piccoli agricoltori di adottare modelli agricoli più sostenibili.
Le aziende di grandi dimensioni, infatti, preferiscono restare ancorate a metodi consolidati e industrializzati, che garantiscono profitti rapidi, ma che sono dannosi per l’ambiente. In questo scenario, gli agricoltori si ritrovano dipendenti da pratiche agricole poco diversificate e da prodotti chimici che riducono la loro capacità di operare in modo autonomo e sostenibile.
Superare questa concentrazione del mercato è una sfida complessa che richiede politiche pubbliche in grado di stimolare la competizione e l’adozione di pratiche agricole più rispettose dell’ambiente, sostenendo nel contempo i produttori locali che vogliono innovare in modo responsabile.
Il terzo blocco da superate riguarda le dipendenze da percorsi di investimento che si sono radicate negli ultimi 80 anni e che continuano a orientare gli investimenti agricoli verso l’efficienza produttiva e la massimizzazione delle vendite, senza considerare gli impatti sociali ed ecologici. Le pratiche agricole ad alta intensità di capitale e l’uso di prodotti chimici hanno avuto l’effetto di alimentare una dipendenza da risorse non rinnovabili e tecnologie dannose per l’ambiente.
Il rapporto suggerisce una riforma profonda degli investimenti. Dovrebbero essere promossi fondi destinati a pratiche agricole rigenerative, all'uso di energie rinnovabili e alla diversificazione delle colture. Solo un cambiamento radicale nelle scelte di investimento potrà consentire una transizione verso un sistema alimentare meno dannoso e più equilibrato.
«Con il Global Biodiversity Framework, i governi si sono già impegnati a ridurre i sussidi che danneggiano la biodiversità, a ridurre l'inquinamento da nutrienti, pesticidi e sostanze chimiche pericolose e a proteggere almeno il 30% delle terre e dei mari – ha affermato Doreen Robinson, vicedirettrice della divisione ecosistemi dell'Unep – Eppure, nonostante questo forte slancio politico, il sistema alimentare globale rimane vulnerabile e contribuisce alla triplice crisi del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell'inquinamento».
La società civile e i consumatori stanno diventando sempre più protagonisti di questo cambiamento. Grazie a un numero crescente di iniziative a livello di cittadinanza, c'è una maggiore pressione affinché le aziende e gli investitori prendano in considerazione i costi sociali e ambientali delle loro scelte. Le azioni dei consumatori, attraverso scelte consapevoli e un maggiore impegno per la sostenibilità, possono accelerare il passaggio a un sistema alimentare più sano e più rispettoso dell’ambiente.
In questo senso, la domanda di cibi più sostenibili e la crescente attenzione verso le alternative alimentari, come le carni vegetali o coltivate, stanno segnando una tendenza che potrebbe ridurre significativamente l’impatto ambientale del settore. Ciò non solo migliorerebbe la qualità del cibo, ma potrebbe anche ridurre i danni all’ecosistema causati dall’agricoltura industriale.
Il rapporto dell’Unep dimostra che, se affrontate correttamente, le sfide del sistema alimentare possono trasformarsi in opportunità per creare un futuro più sano e sostenibile. Un sistema alimentare meno dipendente dalle tecnologie intensive e più basato su pratiche diversificate e rigenerative sarebbe un passo fondamentale per garantire un futuro sicuro per il pianeta.
«Sbloccare il potenziale positivo dell'agroindustria, è essenziale per raggiungere un sistema alimentare sostenibile, equo e a sostegno della salute», conclude Robinson.