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L’Italia tra i principali importatori

Carne di squalo, nel nostro paese la mangiamo senza saperlo

La denuncia del Wwf: etichette poco chiare e tracciabilità debole favoriscono un consumo inconsapevole che mina l’equilibrio marino
 |  Enogastronomia moda turismo

Gli squali stanno scomparendo dai nostri mari, spesso finendo nei piatti degli italiani sotto mentite spoglie. È il paradosso di un sistema alimentare che consente il consumo inconsapevole di specie a rischio, dietro l’anonimato di nomi ambigui e un’etichettatura insufficiente. In occasione della Giornata mondiale dello squalo, il Wwf denuncia il ruolo centrale — e problematico — dell’Italia nel commercio globale della carne di squalo: oltre 43.000 tonnellate importate tra il 2017 e il 2023, con la Spagna come principale paese esportatore.

Nel Mediterraneo, oltre la metà delle 86 specie di elasmobranchi (squali, razze e chimere) è a rischio estinzione. La principale minaccia è la cattura accidentale, spesso non gestita o ignorata dalle politiche di pesca. Ma un fattore determinante è anche la scarsa consapevolezza del consumatore finale, che acquista carne di squalo senza saperlo. Questo accade perché la legge consente la commercializzazione di queste specie con nomi comuni poco riconoscibili o addirittura fuorvianti. Verdesca, palombo, gattuccio, smeriglio: dietro queste denominazioni si nascondono squali anche minacciati di estinzione, come Prionace glauca o Lamna nasus.

L’etichettatura dei prodotti ittici, pur obbligatoria, non riesce a garantire la trasparenza necessaria. La normativa prevede che siano riportate quattro informazioni fondamentali: denominazione commerciale e nome scientifico della specie, zona FAO di cattura, metodo di produzione (pescato o allevato) e tipo di attrezzo da pesca utilizzato. Tuttavia, spesso l’etichetta espone solo la denominazione commerciale, lasciando in ombra il nome scientifico, l’origine e le modalità di cattura. In altri casi, i prodotti vengono venduti già trasformati o cucinati, e quindi privi di etichetta completa, specie nella ristorazione o nei mercati al dettaglio.

Il risultato è che il consumatore non è messo nelle condizioni di sapere cosa sta comprando e da dove proviene. Un’indagine condotta su oltre 600 cittadini milanesi, pubblicata su Marine Policy, ha rivelato che il 64% non sa che la carne di squalo è legalmente in vendita in Italia, mentre il 28% ha dichiarato di aver consumato inconsapevolmente specie come verdesca o palombo. Solo il 30% è a conoscenza dei rischi sanitari collegati a questo tipo di carne, che può contenere alti livelli di metalli pesanti e contaminanti persistenti.

Il Wwf sottolinea che una corretta etichettatura non è un dettaglio tecnico, ma uno strumento essenziale per garantire tracciabilità, combattere la pesca illegale e orientare i comportamenti di consumo. Sapere dove e come è stato pescato un prodotto permette di scegliere metodi di pesca meno impattanti e aree di cattura più sostenibili. Ancora oggi, molti prodotti a base di squalo non riportano il tipo di attrezzo utilizzato, una variabile chiave per valutare l’impatto ambientale della pesca.

In questo contesto, l’Unione Europea presenta forti contraddizioni. Da un lato promuove regolamenti per la protezione degli elasmobranchi, come l’obbligo di sbarcare gli squali con pinne naturalmente attaccate; dall’altro, consente l’importazione e la commercializzazione di specie minacciate senza garantire un controllo efficace sulla corretta etichettatura e tracciabilità. I controlli restano limitati e le sanzioni spesso inefficaci.

Per colmare questo vuoto, il Wwf invita cittadini, istituzioni e operatori del settore a un impegno collettivo. Ai consumatori si chiede di leggere sempre le etichette, evitare prodotti privi di indicazioni chiare e familiarizzare con i nomi scientifici e commerciali delle specie di squalo. Alle autorità, di rendere obbligatoria l’indicazione del nome scientifico ben visibile, di standardizzare i nomi comuni a livello europeo, e di aumentare i controlli soprattutto sulla ristorazione e sul prodotto trasformato.

Un contributo concreto arriva dal progetto LIFE PROMETHEUS, cofinanziato dall’Unione Europea e avviato nell’ottobre 2024. Il programma punta a migliorare lo stato di conservazione degli elasmobranchi nel Mediterraneo, attraverso la riduzione delle catture accidentali, la protezione di aree critiche per riproduzione e alimentazione, il coinvolgimento dei pescatori e l’educazione dei consumatori. A Castelsardo e Porto Torres, ISPRA ha avviato una mappatura della presenza storica di squali e razze tramite interviste ai pescatori locali, mentre il CSIC ha marcato 284 esemplari nelle acque delle Baleari, tra cui una razza Rostroraja alba dotata di tag satellitare.

La scomparsa degli squali non è un effetto collaterale inevitabile, ma il risultato di scelte politiche, commerciali e individuali. Dietro ogni filetto anonimo c’è un impatto ecologico profondo. Rendere visibile ciò che oggi è nascosto — nei nomi, nelle etichette, nei mercati — è il primo passo per salvare questi animali e con loro l’equilibrio dei nostri mari.

Vincenza Soldano

Vincenza per l’anagrafe, Enza per chiunque la conosca, nasce a Livorno il 18/08/1990. Perito chimico ad indirizzo biologico, nutre da sempre un particolare interesse per le tematiche ambientali, che può coltivare in ambito lavorativo a partire dal 2018, quando entra a fare parte della redazione di Greenreport.it