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Alle 18 l’economista Antonio Massarutto presenta il suo ultimo libro insieme all’europarlamentare Simona Bonafè, all’ad di Alia Alessia Scappini e al presidente Cispel Alfredo De Girolamo

Ecco perché l'economia circolare non è un pasto gratis, spiegato a Firenze

Comitati per il no a tutto? Mentre il settore è ingessato da opposti estremismi – da “rifiuti zero” a “inceneriamo tutto” – chi ci governa è impaurito dal conflitto, e in molti sperano che grazie all’economia circolare non si debbano più fare impianti sul territorio. Non è così
 |  Green economy

L'economia circolare è un mezzo straordinario per creare lavoro e al contempo tutelare l’ambiente. Sono circa 150mila gli occupati in più che potrebbero nascere in quest’ambito a brevissimo termine – entro il 2025 – secondo la Fondazione per lo sviluppo sostenibile guidata dall’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi. Un obiettivo che sembra a portata di mano: del resto l’Ue ha recentemente approvato un pacchetto normativo che spinge fortemente in questa direzione, e in Italia gli applausi per questo nuovo modello economico si sprecano, così come i convegni dedicati alla sua celebrazione. Ma allora perché nel nostro Paese i reali pilastri dell’economia circolare – la produttività delle risorse, quella energetica e l’effettivo utilizzo di materiali riciclati (inchiodato al 17,1% sul totale) – sono fermi o in calo ormai dal 2014?

La risposta affiora soltanto guardando alla qualità del dibattito pubblico sul tema, prodromica ad ogni possibilità di sviluppo (o inviluppo) del comparto: mentre negli altri Paesi europei si discute, si cercano soluzioni, si fanno compromessi, si fanno i conti con la realtà e con l’innovazione in modo serio, in Italia il settore è ingessato da opposti estremismi – da “rifiuti zero” a “inceneriamo tutto” –, bloccato da una discussione sempre più polarizzata e identitaria. In questo contesto l’ultimo libro dell’economista Antonio Massarutto (Un mondo senza rifiuti? Viaggio nell’economia circolare, edito da il Mulino) che l’autore presenta a Firenze oggi alle 18 – insieme all’europarlamentare Simona Bonafè, all’ad di Alia Alessia Scappini e al presidente Cispel Alfredo De Girolamo – rappresenta una boccata d’ossigeno, l’occasione per capire come ripartire.

Il pregio più grande che ha il libro è infatti la sua laicità: economia circolare come “stella cometa”, come direzione, tendenza da seguire senza dogmi a anche senza sospetti. Insomma un paradigma che eviti sia approcci apocalittici (moriremo sepolti dai rifiuti), sia eccessivamente utopistici (i rifiuti spariranno). Economia circolare come “ragionevole compromesso” fra pauperismo fanatico e ottimismo industrialista”. Il contrario di quanto spesso oggi accade, con l’economia circolare che è divenuta una delle vittime preferite della sindrome Nimby (Not in my back yard, non nel mio cortile) e sempre più spesso Nimto (Not in my terms of office, non durante il mio mandato elettorale) che bloccano ogni possibilità di concreto sviluppo.

Si è infatti ormai allargata a macchia d’olio la “speranza” che, grazie all’economia circolare, sul territorio non si debbano più fare impianti per gestire i rifiuti prodotti da cittadini e imprese. Chi ci governa – a tutti i livelli – è sempre più spesso impaurito dal conflitto e vede una facile scorciatoia. Comitati per il no a tutto?  Nessun problema, ora ci pensa l’economia circolare: i rifiuti “spariscono” nel mercato (meglio se all’estero). Naturalmente non è così. Fare economia circolare significa fare più impianti per il riciclo (digestori anaerobici, compostaggio, riciclo, piattaforme) ma anche avere gli impianti per gli scarti del riciclo e rifiuti non riciclabili (termovalorizzatori, discariche), altrimenti l’economia circolare non gira. Ma soprattutto economia circolare vuol dire industria: cartiere, acciaierie, vetrerie, manifattura per la plastica, i tessuti, i materiali da costruzione, le bioraffinerie.

Il problema del consenso dovrà comunque essere affrontato, anche se in modo nuovo e su nuove basi; l’appuntamento di oggi a Firenze mette a disposizione di tutti nuovi strumenti cognitivi, utilissimi per ripartire.

L. A. 

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.