Via libera dell’Europarlamento alla semplificazione della due diligence. Il think tank Ecco: «Passi indietro sulla finanza sostenibile»
Con 428 voti a favore, 218 contrari e 17 astenuti, il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva il pacchetto Omnibus I. L’approvazione chiude le negoziazioni su due pilastri fondamentali per la finanza sostenibile: la direttiva sul reporting delle aziende (Corporate sustainability reporting directive, Csrd) e quella sulla due diligence di sostenibilità delle imprese (Corporate sustainability due diligence directive, csddd).
Il Partito popolare europeo (Ppe) si è nuovamente allineato ai gruppi di estrema destra, votando una proposta che riduce significativamente il perimetro di applicazione di entrambe le direttive. Inoltre, viene cancellato l’obbligo di implementare i Piani di transizione sul clima (Climate transition plans, Ctp), lo strumento che avrebbe garantito l’implementazione effettiva di azioni di decarbonizzazione da parte delle imprese, dalla manifattura all’Oil&Gas.
Le modifiche approvate, nate da un intento di semplificazione normativa, rischiano invece di minare la sostenibilità futura di molte imprese, in particolare quelle piccole e medie (Pmi). Questo poiché le nuove norme rischiano di ridurre la capacità delle imprese di dimostrare le proprie performance in materia di sostenibilità, proprio mentre le condizioni di accesso alla finanza stanno diventando sempre più dipendenti da fattori Esg e di gestione del rischio climatico.
Spiega Beatrice Moro, senior policy advisor Finanza sostenibile di Ecco, il think tank italiano per il clima: «Banche, investitori e autorità di vigilanza hanno bisogno di dati affidabili e di piani di transizione credibili per valutare i rischi e allocare capitale. Indebolire gli obblighi su reporting e sui Piani di transizione non riduce i costi per le imprese, ma al contrario, aumenta il rischio di esclusione dall’accesso alla finanza e dai mercati per chi non è in grado di dimostrare una traiettoria credibile verso la neutralità carbonica».
Il voto del Parlamento europeo si inserisce in un contesto segnato da forti pressioni esterne. Infatti, durante le trattative commerciali Ue-Usa della scorsa estate, Washington ha richiesto esplicitamente modifiche alla Csddd per evitare che obblighi stringenti si applicassero alle multinazionali americane attive nell’Unione. Parallelamente, oltre 170 pagine di documenti privati hanno rivelato l’azione coordinata di grandi imprese statunitensi tra cui Exxon, Chevron e JPMorgan, volta a indebolire le normative europee sulla sostenibilità in stretto raccordo con rappresentanti diplomatici statunitensi - l’ambasciatore statunitense presso l’Ue ha definito pubblicamente la Csddd un «suicidio economico» per l’Europa.
Da questi documenti, l’Italia emerge come Paese chiave della strategia Usa: viene indicata come l’attore su cui fare leva per costruire un blocco sull’articolo 22 della Csddd, relativo ai Climate transition plans, di cui è stata la prima a sostenerne la cancellazione.
Per quanto riguarda il contenuto tecnico delle modifiche apportate e l’approccio basato sui rischi della Due diligence directive, il think tank Ecco parla di «compromesso è positivo». Viene confermato un impianto basato sui rischi: le imprese dovranno innanzitutto svolgere un’analisi per individuare le aree della propria catena del valore in cui gli impatti negativi sono più probabili e gravi. Su tali aree dovranno poi condurre attività di due diligence, prevenzione e mitigazione, in linea con gli standard internazionali come UNGPs e OECD Guidelines.
È però grave la riduzione del perimetro di applicazione decisa dai vertici comunitari. La Csddd sarà applicata solo alle imprese con oltre 5.000 dipendenti e oltre 1,5 miliardi di euro di fatturato. La Csrd sarà limitata alle imprese oltre 1.000 dipendenti e 450 milioni di fatturato, con esclusione delle Pmi quotate.
La perdita principale riguarda inoltre i Climate transition plans. L’articolo 22 della Csddd, che prevedeva l’obbligo di implementare i Ctp, viene completamente eliminato. Le imprese dovranno continuare a rendicontare i propri piani attraverso la Csrd, ma non avranno più l’obbligo di attuarli, svuotando di fatto uno degli strumenti più importanti per rendere credibili gli impegni climatici.
Per quanto riguarda le prossime scadenze, dopo il voto in plenaria del Parlamento europeo, il pacchetto Omnibus I dovrà essere formalmente adottato anche dal Consiglio dell’Ue. La nuova Csddd dovrà poi essere recepita dagli Stati membri entro metà 2028 ed entrerà in vigore a metà 2029. La revisione della Csrd si applicherà da gennaio 2027.