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Libia: migliaia di rifugiati e richiedenti asilo sono senza cibo a causa della guerra e del Covid-19

Intervento di emergenza di Unhcr e Wfp-Pam
 |  Green economy

L’United Nations High Commissioner for Refugees (Unhcr), e il World food rogramme (Wfp-Pam) stanno collaborando in Libia in un progetto che prevede di raggiungere con cibo d’emergenza, quest’anno, fino a 10.000 rifugiati e richiedenti asilo che vivono nell’insicurezza alimentare.

Le due agenzia Onu spiegano che «La collaborazione è stata lanciata a seguito del grave impatto socio-economico della pandemia di Covid-19 nel Paese e degli effetti del conflitto in corso. Il cibo nutriente aiuta a rafforzare il sistema immunitario, elemento ancora più critico in tempi difficili quali quelli in corso di una pandemia globale, mentre un sostegno alimentare regolare aiuta a rispondere ai bisogni di base e permette di impiegare i ridotti redditi per altre necessità. La gran parte dei rifugiati e richiedenti asilo in Libia non riesce a trovare lavori giornalieri che li sostengano a causa del coprifuoco in atto e in un contesto dove i prezzi del cibo e dei beni di prima necessità sono aumentati in modo drammatico. Il costo di un paniere alimentare minimo, che risponda alle necessità di base, è aumentato del 24% da marzo. Molti rifugiati dicono che riescono a permettersi solo un pasto al giorno».

Una verifica rapida dei bisogni, condotta dal Wfp-Pam tra il 30 maggio e il 3 giugno attraverso colloqui telefonici con il 10% dei rifugiati obiettivo dell’assistenza, ha rilevato come, «In media, una persona su due aveva un regime alimentare povero, o quasi,. La maggioranza di loro usava, con una frequenza molto maggiore, strategie negative di adattamento come la riduzione del numero di pasti giornalieri o della quantità delle porzioni. Negli ultimi 30 giorni, il 77% degli interpellati non ha potuto accedere a supermercati e il 70% non aveva denaro per acquistare cibo».

Un rifugiato ha detto al Wfp-Pam: «Ogni giorno, ho paura di morire, per la fame. Dormo su materassini. Ci sono molti negozi dove vorrei lavorare ma non c’è lavoro. A casa non ho niente, solo pane e tè».

Samer AbdelJaber, direttore e rappresentante del Wfp-Pam in Libia, sottolinea che «E’ fondamentale capire i bisogni e sostenere i più vulnerabili. L’accesso a cibo nutriente è un diritto. Non è la prima volta che L’Unhcr e il Wfp lavorano insieme in Libia in periodi di crisi, quando l’intensificazione del conflitto lasciava le persone più fragili senza accesso al cibo. Ora si aggiunge la sfida posta dal Covid-19 e continuiamo a lavorare assieme per assicurare il sostegno ai rifugiati che si trovano nell’insicurezza alimentare e che fanno completo affidamento sull’assistenza umanitaria per i bisogni di base».

Tra chi sarà assistito in questo progetto ci sono rifugiati e richiedenti asilo da poco rilasciati dai centri di detenzione, che hanno pochi mezzi per sostenersi. Come anche rifugiati che vivono in centri urbani e che hanno delle serie difficoltà ad avere accesso al cibo.

La prima distribuzione di cibo c’è stata il 15 giugno nel centro di registrazione dell'Unhcr a Serraj, nella capitale Tripoli. Circa 2.000 rifugiati e richiedenti asilo saranno raggiunti nella fase pilota. Le razioni alimentari di emergenza pronte all’uso e ricche di micronutrienti, con cibo sufficiente per un mese, includono hummus, fagioli in scatola, tonno in scatola, halawa e barrette di datteri che coprono il 53% del fabbisogno calorico giornaliero di una persona in salute (circa 1.100 chilocalorie).

Personale del Wfp-Pam e dell’Unhcr distribuirà le razioni di cibo fino alla fine dell'anno, nel rispetto delle misure di prevenzione al Covid-19, come l’uso di dispositivi di protezione personale, il distanziamento sociale, la disinfezione e i controlli accurati degli assembramenti.

Questa partnership innovativa non si limiterà al sostegno alimentare d'emergenza, ma includerà servizi tecnologici che facilitano la comunicazione e lo scambio di informazioni. Il Settore delle Telecomunicazioni di Emergenza, a guida Wfp-Pam, fornirà servizi di connettività a un Community Day Centre dell'UNHCR a Tripoli per aiutare i rifugiati a comunicare con le proprie famiglie e comunità.

Jean-Paul Cavalieri, capo missione dell'Unhcr in Libia, conclude: «L'aiuto che forniamo nell'ambito di questo progetto si inserisce in un momento critico e sarà una salvezza per alcuni dei rifugiati e richiedenti asilo più vulnerabili che vivono nelle aree urbane. La maggior parte di loro contava su lavori giornalieri che sono ora scomparsi, a causa delle restrizioni ai movimenti imposte dal Covid-19. Queste persone vivono alla giornata e a fatica riescono a sfamarsi. Inoltre, mentre le Nazioni Unite continuano a chiedere il rilascio regolare di rifugiati e migranti dalla detenzione arbitraria, è importante che tutte le volte che le autorità rilasciano persone da questi centri, noi possiamo aiutarli in contesti urbani».

Redazione Greenreport

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