Riconquistare la terra, contro lo sfruttamento e l’inquinamento
“Il mio lavoro consiste nel dare aiuto tecnico per avviare i processi di coltivazione biologica e sostenere la crescita dell’orto agrobiologico comunitario, attraverso corsi teorici e pratici ai giovani della zona” A parlare è Francisco Javier Angulo Eslupinar, ingegnere ambientale colombiano che lavora nel progetto di COSPE, Liderazgo Juvenil che sostiene iniziative produttive per lo sviluppo di filiere legate alla biodiversità ai prodotti dell’Amazzonia. Siamo a Puerto Limòn, un villaggio abitato da afrodiscendenti in Putumayo, regione al sud della Colombia, tra le più ricche di biodiversità del paese ma anche tra le più colpite da lungo conflitto che ha attraversato questo paese (60 anni di guerra intestina e fratricida che ha lascito sul terreno circa 500mila morti, 8 milioni di sfollati interni, terreni abbandonati e forte disgregazione del tessuto sociale, ndr).
Oggi questa zona, una volta, non troppo tempo fa, off limits a causa della sua pericolosità, è ancora in gran parte in mano ad attori armati e narcotrafficanti che ne direzionano l’economia. I giovani della zona, quelli che rimangono, trovano la maggiore fonte reddito nella coltivazione, illegale, di coca. La fumigazione da parte delio Stato per sradicare queste coltivazioni ha provocato un forte inquinamento di tutta la terra e delle falde acquifere. Un vero disastro per la coltivazione verde che oggi si vuole spingere per recuperare terreno e garantire salute agli abitanti: “Qui intorno -continua Francisco- è pieno di zone contaminate, oltre ai pesticidi sversati dagli aerei sui campi di coca, si aggiunge anche l’inquinamento provocato da molte imprese estrattive che qui, nel cuore dell’Amazzonia, hanno messo il loro quartier generale. Estraggono litio, oro, rame, petrolio e lasciano dietro di loro veleni e distruzione. Oggi è difficile coltivare le piante che servono all’alimentazione base delle persone. La coltivazione di piccoli orti comunitari ci aiuta a migliorare la qualità della vita delle persone del posto. Non usiamo pesticidi chimici e piano piano cerchiamo recuperare i terreni contaminati. Seminiamo in modo organico e stiamo anche “coltivando” pratiche ancestrali per le piante medicinali, di estrema importanza per la cultura locale. I prodotti dell’orto aiutano, li usiamo sia per il paniere familiare che per la commercializzazione. Gli orti comunitari sono un modo per risollevare l’economia locale e anche per garantire cibo sano alle persone. Oggi la Colombia mostra un deficit agricolo proprio perché molti si dedicano a coltivazioni illecite ad altre pratiche che non sono sostenibili per l’ambiente. Quello che oggi indicano anche le politiche a livello nazionale è: torniamo alla terra, seminiamo, coltiviamo in modo organico curiamo il terreno, lavoriamo e viviamo con quello. Noi stiamo tentando di farlo, nonostante tutto”.
Ma c’è un altro aspetto importante del lavoro, dare una prospettiva ai giovani: “I giovani che apprendono qui queste pratiche, le replicano nelle loro comunità e si costruiscono un curriculum, un’esperienza. Possono apprendere, insegnare e diventano moltiplicatori, con il tempo e nel futuro, della loro cultura. Seminare un orto vuol dire unire famiglie, conoscere persone, aprire porte. È curare il territorio”.
Ad oggi l’orto coinvolge 15 giovani e le loro famiglie. Il progetto ha sostenuto le spese per l’acquisto di attrezzature e i corsi di formazione tecnica per l’avvio dell’orto comunitario e la nascita di una scuola professionale di campo. Sono molte altre le iniziative in corso nel Putumayo (come il sostegno all’avvio di percorsi ecoturistici o allevamenti di piscicoltura), grazie a questo progetto e altri che lo affiancano.
Tutti hanno una linea comune: cercare di valorizzare il territorio, recuperare terreno strappandolo all’inquinamento e al narcotraffico e ridare centralità alle comunità locali – composte in questa regione soprattutto da popolazione indigena Cofan e afrodiscendenti – e in particolare ai giovani e alle donne e alla loro affermazione come leader comunitari, difensori ambientali e dei diritti umani. Sono loro che costruiscono economie sostenibili e solidali a sostegno anche del faticoso processo di pace in atto in Colombia.
a cura di Pamela Cioni, responsabile Comunicazione di Cospe