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L’ispettore ambientale si è fermato a Eboli

Al nord queste figure chiave per i controlli sul corretto conferimento rifiuti e la lotta agli abbandoni sono diffuse e regolamentate, al sud restano marginali. Ma la governance è disomogenea ovunque
 |  Green economy

Un campione di 28 gestori ambientali italiani è stato al centro di un’indagine nazionale (in allegato a coda dell’articolo, ndr) effettuata da Utilitalia per verificare la presenza di ispettori ambientali con qualifica di pubblico ufficiale, figure chiave per i controlli sul corretto conferimento dei rifiuti e per la lotta agli abbandoni illeciti.

Tale indagine mette in luce un Paese spaccato: al Nord ispettori diffusi e regolamentati, al Sud la figura resta invece marginale. La nomina avviene soprattutto con decreto sindacale, ma la governance rimane disomogenea. I risultati mostrano un quadro contrastato: 18 gestori (64,3%) dispongono oggi di ispettori accertatori con poteri sanzionatori, mentre 10 gestori (35,7%) non hanno ancora attivato questa figura, pur dichiarando in alcuni casi interesse ad approfondirne l’introduzione.

La mappa che emerge è netta: in Emilia-Romagna tutti i gestori hanno adottato agenti accertatori seguendo il regolamento Atersir n. 13/2023; in Lombardia le nomine avvengono tramite Comuni o Unioni di Comuni, dopo corsi di formazione con le Polizie locali; in Toscana si ricorre a ordinanze o decreti sindacali, mentre in Veneto si segnala la collaborazione con Guardie ecologiche volontarie (Gev) e Legambiente. Al Sud e Centro-Sud, invece, la figura resta poco diffusa: unica eccezione un gestore pugliese che ha introdotto gli ispettori tramite decreto sindacale. In regioni come Abruzzo, Marche e Friuli-Venezia Giulia ci sono segnali di interesse, ma ancora nessuna attivazione concreta.

Particolarmente interessante è la procedura di nomina infatti secondo l’analisi, la maggioranza dei gestori che impiega ispettori ricorre al decreto sindacale (61,1%), seguito dalle delibere di Giunta comunale (22,2%) e da provvedimenti misti (16,7%). In quasi tutti i casi, l’abilitazione è subordinata a un percorso di formazione specifico, organizzato da Polizie Locali, enti regolatori o dallo stesso gestore. Solo al termine dei corsi, gli ispettori possono esercitare i poteri di accertamento e contestazione delle violazioni previste dalla Legge n. 689/1981, redigendo verbali poi trasmessi alla Polizia municipale.

Si ricorda che gli ispettori ambientali non hanno solo funzioni sanzionatorie: svolgono anche attività di sensibilizzazione e informazione ai cittadini, con l’obiettivo di migliorare la raccolta differenziata e contrastare comportamenti scorretti. Un passaggio normativo recente, la legge n. 137/2023, ha inoltre introdotto una novità significativa: l’abbandono di rifiuti oltre 5 metri dai cassonetti è ora classificato come reato contravvenzionale e non più come semplice illecito amministrativo. In questi casi, gli ispettori devono limitarsi a trasmettere rapporti alla Polizia locale, che provvede alla denuncia penale.

In conclusione il quadro che emerge è quello di una governance non uniforme, con forti differenze tra regioni che hanno adottato regolamenti organici e altre in cui la vigilanza ambientale è ancora lasciata a iniziative sporadiche. Il rischio, sottolinea l’analisi, è quello di accentuare il divario tra territori in cui i cittadini beneficiano di controlli e strumenti di prevenzione efficaci e aree in cui i fenomeni di abbandono e irregolarità restano più difficili da contrastare.

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Redazione Greenreport

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