Ispra, in Italia i rifiuti urbani crescono tre volte più del Pil: si ferma il disaccoppiamento
Presentato come tradizione a dicembre, il Rapporto annuale di Ispra sui rifiuti urbani mostra prevalentemente dati positivi, con qualche preoccupazione.
Il Rapporto si apre con un quadro di analisi dei dati europei, fermi però ancora al 2023 mentre quelli italiani siamo al 2024. Ma il dato complessivo dell’Unione è buono, con una riduzione (-0,2%) della produzione dei rifiuti urbani, che passano da 230 a 229 milioni di tonnellate. Dati diversi nei singoli Paesi, con alcuni in aumento (Germania, Italia) e altri in riduzione (Spagna). Ma soprattutto si riduce la produzione di rifiuti urbani per abitante, che passa da 534 kg/ab/anno del 2021 a 511 nel 2023. L’Italia sta sotto la media europea.

Dati non straordinari invece sul lato della gestione dei rifiuti urbani. Aumenta (di poco) la discarica che passa dal 22% del 2021 al 23% del 2023, peggiora il riciclo che passa dal 50% del 2021 al 47% del 2023, migliora l’incenerimento che passa dal 26% del 2021 al 27% del 2023. Una tendenza preoccupante in vista degli obiettivi europei di riciclo e di discarica.
In questo quadro “grigio” si conferma il dato che i Paesi con maggiore recupero di energia sono anche quelli con migliori obiettivi di riciclo. Al contempo, i Paesi con alto uso di discarica sono anche quelli con più bassi tassi di riciclo.

Veniamo all’Italia. Il primo dato non è buono, ma era prevedibile: la produzione di rifiuti urbana aumenta, passando da 29,3 milioni di tonnellate del 2023, a 29,9 milioni di tonnellate del 2024, un balzo del 2,3% (più 664mila tonnellate, valore pari ad un grande impianto di incenerimento in più). Un rimbalzo che ci porta ai livelli precovid del 2018-2019.

Si tratta di un aumento significativamente più alto della dinamica socio economica: Pil e consumi delle famiglie aumentano “solo” dello 0,7%, contro un +2,3% della produzione di rifiuti urbani, dunque dopo alcuni anni nel 2024 si è fermata la tendenza al disaccoppiamento.

Insomma una pericolosa inversione di tendenza, chiarissima in questo grafico che fa riferimento al rapporto fra i dati e gli obiettivi del Piano di prevenzione.

Ma soprattutto un dato ancora più preoccupante se si considera la produzione ad abitante, che passa da 496 kg/ab/anno del 2023 a 507 del 2024. Insomma aumentano i rifiuti urbani pur in un contesto di riduzione degli abitanti. E aumentano in tutte le regioni, tranne Marche, Puglia e Basilicata.

Buono invece il risultato delle raccolte differenziate, che passano a livello nazionale dal 66,6% del 2023 al 67,7% nel 2024, con un aumento dell’1,1%. Target 2012 quindi superato da tre di anni, ormai da un numero crescente di regioni; al 2024, restano infatti sotto il 65% solo la Liguria, il Lazio, il Molise, la Campania, la Puglia, la Calabria e la Sicilia. Si riduce però il differenziale fra i risultati delle regioni del sud rispetto a quelle del nord.
Il totale di materiale raccolto in forma differenziata supera la soglia delle 20 milioni di tonnellate (più 660mila tonnellate, pari all’aumento della produzione rifiuti totali), con trend di crescita sostanzialmente in tutte le frazioni (l’unica flessione la vediamo sul vetro). Aumenta in particolare la raccolta differenziata dei rifiuti organici, che passa da 7,5 milioni di tonnellate a 7,7.

Il quadro della gestione dei rifiuti urbani viene riportato nel seguente grafico, con confronto col 2023. Come si vede aumenta il recupero di materia effettivo che passa da 55% a 57% (secco, organico, copertura discariche e autocompostaggio), si riduce l’incenerimento che passa dal 19% al 18% (stabile all’1% il coincenerimento), si riduce la discarica dal 16% al 15%, si riduce l’export che passa dal 5% al 4%, aumentano i trattamenti intermedi (dal 4% al 5%).

In realtà il calcolo sul riciclo che il Rapporto riporta presenta valori diversi, a causa del sistema di calcolo del riciclo che la Commissione europea ha definito nel 2019 e che non consente di conteggiare tutti i flussi fisici di avvio a recupero di materia.
A livello di certificazione legale, infatti, il tasso di riciclo al 2024 è pari al 52,3% (e non 57%) con un importante balzo in avanti rispetto al 2023 (50,8%), ma che non ci tranquillizza rispetto al target da raggiungere nel 2025, pari al 55%. Manca un 2,7% da colmare in un anno, e sulla base degli incrementi medi degli ultimi anni sembra di poter dire che non raggiungeremo il target (con conseguente procedura di infrazione) a meno di non registrare un vero e proprio balzo miracoloso nell’ultimo anno. Non sembra ridursi di molto, infatti, il differenziale fra raccolte differenziare e riciclo (15,8% del 2023, 15,4% nel 2024), con conseguente produzione di molti scarti del riciclo.

Rimane ancora alto il fenomeno dei flussi extraregionali di frazione organica, che arriva nel 2024 al valore di 2,2 milioni di tonnellate su 7,7, erano 1,957 nel 2023. Un fenomeno che per adesso non si riduce.
Si riduce invece, ancora il numero di inceneritori: nel 2024 sono 35, erano 37 nel 2020. Il quantitativo di rifiuti inceneriti pure si riduce leggermente, passando da 5,520 milioni di tonnellate del 2023 a 5,484. Un dato non positivo. Il coincenerimento vale 330mila tonnellate, trattate in 12 impianti industriali, valore in riduzione rispetto al 2023 (378mila tonnellate in 11 impianti). Altro dato non positivo.

In discarica finiscono 4,4 milioni di tonnellate, contro le 4,6 nel 2023, in 102 discarica (10 meno del 2023).
L’export vale 1,3 milioni di tonnellate (4,3% sul totale dei rifiuti urbani prodotti), un valore in leggera riduzione rispetto al 2023 (meno 52mila tonnellate) ma sempre molto alto.