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Grazie a Green Plasma, questi rifiuti possono diventare syngas

L’86,5% dei rifiuti trovati in mare è connesso alle attività di pesca

Il progetto MER - Ghost Nets coordinato da Ispra ha permesso di mappare 157 ettari di fondale, ripristinarne 25, rimuovere oltre 400 attrezzi da pesca abbandonati (pari a 11 tonnellate di materiali plastici e metallici) e liberare habitat vulnerabili
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

Reti fantasma che non soffocano più i fondali, ma generano energia. È la nuova prospettiva aperta da Green Plasma, la tecnologia in grado di trattare fino a 100 kg di plastica marina non riciclabile al giorno, trasformandola in syngas, “un gas combustibile ricco di idrogeno impiegabile per generare elettricità”, direttamente nei porti e nelle aree di raccolta. Il sistema, sperimentato nell’ambito del progetto PNRR MER – Ghost Nets usando le reti da pesca abbandonate recuperate in mare, è stato presentato ad Ancona e punta a offrire una via innovativa per la gestione dei rifiuti marini più difficili da trattare.

La tecnologia è stata illustrata nel corso del convegno “Green Plasma per lo smaltimento delle reti fantasma”, ospitato all’Università Politecnica delle Marche e presentato nel giorno della “Giornata del Mediterraneo”, ricorrenza che richiama l’attenzione “sulla fragilità del mare e sull’urgenza di soluzioni più sostenibili”. La sperimentazione è stata realizzata da Fondazione Marevivo, Castalia, CoNISMa, in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche e la società IRIS.

Il contesto è noto e drammatico: “Ogni anno ben 12 milioni di tonnellate di plastica – l’equivalente di un camion di spazzatura riversato in acqua al minuto – finiscono negli oceani”. E, in questo quadro, gli attrezzi da pesca dispersi o abbandonati – “reti, cime, retini, nasse, cordame e cassette di polistirolo” – si accumulano in superficie e sui fondali, “destinati a non degradarsi”. Secondo i dati Ispra, “l’86,5% dei rifiuti trovati in ambiente marino è connesso ad attività di pesca”. Proprio per questi materiali “altamente degradati”, sottolinea il comunicato, “non esistono filiere di riciclo efficaci diverse dallo smaltimento in discarica”.

È qui che entra in gioco il progetto MER - Ghost Nets, coordinato da Ispra, che “nel corso dei primi due anni” ha già permesso di mappare 157 ettari di fondale, ripristinarne 25, rimuovere oltre 400 attrezzi da pesca abbandonati – “pari a 11 tonnellate di materiali plastici e metallici” – e liberare habitat vulnerabili popolati da “coralli, gorgonie, ricci, crostacei e numerose specie protette”. Le attività “proseguiranno nel 2026”, con l’obiettivo di consolidare gli interventi di recupero e offrire nuove occasioni per applicare Green Plasma “in contesti operativi reali”.

Nell’ambito dell’intervento, Marevivo, Castalia e CoNISMa (insieme all’Università Politecnica delle Marche e IRIS) hanno promosso la sperimentazione del sistema, valutandone la capacità di offrire “un’alternativa allo smaltimento tradizionale”. L’idea è chiara: Green Plasma consentirebbe di “smaltire” i rifiuti in loco, riducendo costi e impatto ambientale legati al trasporto in discarica.

Per Ispra, “La sperimentazione Green Plasma rappresenta un avanzamento significativo nella gestione delle reti fantasma” perché “si tratta di materiali altamente degradati che rendono impossibile il loro riciclo attraverso le filiere tradizionali”. E ancora: “Dimostrare che possano essere convertiti in un gas energetico direttamente nei luoghi di recupero significa introdurre un metodo di trattamento più sostenibile dal punto di vista ambientale e più efficiente sul piano operativo”. Secondo i ricercatori, inoltre, “Il modello Green Plasma è replicabile soprattutto nelle aree portuali deputate al conferimento degli attrezzi da pesca dismessi e pienamente coerente con gli obiettivi del PNRR e con le esigenze di tutela del Mediterraneo”.

Marevivo, con la segretaria generale Raffaella Giugni, mette però l’accento anche sulla prevenzione: “Il Green Plasma è un dispositivo valido poiché consente di non attivare tutta la logistica del trasporto in discarica e di ridurre l’inquinamento atmosferico che ne deriverebbe”, ma “riteniamo sia fondamentale trovare materiali alternativi alla plastica per gli attrezzi da pesca, sensibilizzare sempre di più i pescatori sulla necessità di non disperderli in mare e promuovere sistemi di tracciamento delle reti attraverso strumenti di geolocalizzazione”.

Sul fronte operativo, il Project manager RTI Ghost Nets Stefano Chianese evidenzia i risultati e le scelte logistiche: “Il progetto Ghost Nets ci ha permesso di recuperare quasi 11.000 kg di attrezzi da pesca abbandonati, evitando che continuassero a danneggiare il mare”. E aggiunge: “Abbiamo scelto una gestione centralizzata dei rifiuti presso l’impianto Labromare di Livorno, socio consorziato di Castalia, garantendo un trattamento omogeneo e tracciabile”. L’“ottimizzazione logistica”, spiega, “ha ridotto del 54% i chilometri di trasporto, minimizzando costi e impatto ambientale”, mentre “le reti sono state avviate a recupero secondo principi di economia circolare, valorizzando plastiche e metalli”.

Non è un lavoro semplice, ricorda il prof. Carlo Cerrano (DISVA, Università Politecnica delle Marche, per CoNISMa): “La rimozione delle reti fantasma è un’operazione complessa e delicata”, perché richiede “un’accurata valutazione delle condizioni del fondale e delle comunità presenti prima, durante e dopo l’intervento”. La permanenza prolungata degli attrezzi, osserva, favorisce “l’insediamento e il concrezionamento di organismi”, con il rischio di danni a “specie protette o di particolare pregio durante il recupero”. Per questo “i ricercatori del CoNISMa hanno seguito direttamente sul campo ogni fase del processo”, garantendo “il massimo livello di cautela” e “un costante controllo scientifico”. Ad Ancona, aggiunge, “alcune gorgonie sono state rimosse durante la rimozione delle reti e sono ora mantenute in acquari nell’attesa di essere ricollocate”.

Infine, per l’Università Politecnica delle Marche, la sperimentazione indica una possibile strada anche per il “dopo recupero”. “Il Green Plasma rappresenta un esempio concreto di come la ricerca e la sperimentazione possano dare un contributo alla gestione di un problema ambientale molto complesso”, dichiara Francesco Regoli, delegato alla Ricerca. E conclude: “I risultati della sperimentazione hanno evidenziato l'efficacia della tecnologia Green Plasma nel valorizzare un rifiuto critico come le reti da pesca in un gas ricco di potere calorifico, e abbattendo la massa del rifiuto di oltre il 90%”. Oltre alla tecnologia, sottolinea, “Green Plasma introduce anche un nuovo paradigma”: “non solo si trasforma un rifiuto in risorsa, ma si crea anche un modello virtuoso in cui la possibilità di osservare la produzione di energia direttamente nei luoghi di raccolta incentiva comportamenti responsabili, riduce la necessità di stoccaggio e trasporto e contribuisce a sensibilizzare cittadini, operatori e aziende” sull’urgenza di ridurre questo tipo di inquinamento.

Redazione Greenreport

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