Giù le mani dal Mediterraneo: la guerra di corsa può provocare vittime e danni ambientali irreparabili
Non è la prima volta nel corso del conflitto russo-ucraino che unità mercantili vengono colpiti e, in alcuni casi, affondati nel nostro mare – nel termine nostro includiamo tutta l’umanità perché l’unicità e l’importanza del Mediterraneo è tale da farlo sentire “proprio” a tutti gli uomini –, questa volta però l’attacco militare alla petroliera Qendil è stato rivendicato da Kiev, precisando che si tratta di “nuova operazione speciale senza precedenti” e questa conferma arriva direttamente da una fonte del Servizio di sicurezza ucraino (Sbu). Un video dell’operazione militare, condotta attraverso il lancio di due droni e condiviso dalla stessa fonte (Sbu), mostra una serie di esplosioni avvenute su di una nave.
L’unità fatta segno dell’attacco in alto mare (circa 90 miglia dalla costa) risulta essere la petroliera Qendil, lunga 249 metri, battente bandiera dell’Oman, proveniente da un porto indiano e diretta Ust-Luga in Russia; l’unità in questione sarebbe stata colpita in acque internazionali, e Kiev si è affrettata a chiare che la petroliera in questione “sarebbe stata messa fuori uso senza provocare danni ambientali in quanto scarica di greggio” al momento dell’attacco, avvenuto al largo delle acque greche (tra Creta e le coste libiche).
Nel Mediterraneo si erano già registrati attacchi verso navi russe o sospettate di lavorare per Mosca. La novità di questo attacco consiste nell’immediata rivendicazione dell’Ucraina che ha così dimostrato di poter compie mirati attacchi a più di 2mila chilometri dalla madre patria, in acque internazionali: è la prima volta che accade una cosa del genere e ciò in palese violazione delle norme che disciplinano il diritto internazionale marittimo e la sicurezza della navigazione, col suo principale pilastro costituito dalla “salvaguardia della vita umana in mare”.
Senza addentrarci in disquisizioni di carattere geopolitico affrontate da queste colonne in altre occasioni, limiteremo la nostra analisi a due principali fattori e che a nostro avviso sono percettibili dall’opinione pubblica mondiale come elementi palpabili e che toccano tutti noi.
Partiamo dalla salvaguardia degli “ecosistemi marini mediterranei” la cui delicatezza e fragilità è ben nota al mondo della scienza e alle Nazioni Unite, che già nel lontano 1975 pensarono di sottoporre a speciale protezione ambientale l’intera Regione mediterranea attraverso uno strumento normativo e procedurale forgiato ad hoc e conosciuto col nome di “Barcelona Convention” e i sette protocolli attuativi. Possiamo ritenere attendibile la dichiarazione del Governo ucraino che si affretta a chiarire che essendo la petroliera colpita in ballast (vuota di carico) non ci sono stati ripercussioni sugli ecosistemi marini, pur non conoscendo l’entità reale del prodotto fuoriuscito né, tanto meno, la natura chimica del medesimo? Allo stato dell’arte è impossibile rispondere positivamente.
Il secondo e non meno preoccupante aspetto è costituito dall’assoluta mancanza di preoccupazione verso l’incolumità fisica degli equipaggi; i marittimi imbarcati – che nulla hanno a che vedere con intrighi internazionali – sono rimasti tutti vivi ed illesi, ci sono elementi certi tali da poter escludere vittime dovute a questo attacco così come per i precedenti attacchi? Il segretario generale dell’Imo (International maritime organization), Arsenio Antonio Dominguez Velasco, ha protestato coi Governi belligeranti e rappresentato che non sono tollerabili comportamenti pericolosi sia per gli equipaggi che per l’ambiente marino?
Non possiamo non vedere la rapida dissoluzione delle norme internazionali che hanno disciplinato la navigazione marittima e ignorare gli sforzi compiuti dalle società civili che, da Groezio in poi, sono sempre stati rivolti al miglioramento delle regole del diritto marittimo per facilitare a tutti la navigazione e il regolare trasporto delle merci; regole che, ricordiamo ancora una volta, non riguardano le nazioni belligeranti ma sono appannaggio dell’umanità intera.
Quanto ancora potrà ritenersi accettabile la guerra di corsa che stiamo cui assistiamo quasi quotidianamente in molti teatri marittimi, dal Mar dei Caraibi al Mar della Cina e ora entrata prepotentemente nel Mare Nostrum? Quanto ancora reggerà l’UNCLOS (United Nations Convention Low of Sea) a questi continui scossoni?