
Il capovaccaio ha nidificato nel Parco regionale di Porto Conte. Giampiero Sammuri: «Un risultato straordinario»

Recentemente il Parco regionale di Porto Conte (Alghero) ha comunicato che è stato individuato con precisione il sito di nidificazione dell’avvoltoio Capovaccaio all’interno del Parco, dopo anni di supposizioni e notizie frammentarie. Il risultato è stato raggiunto grazie al lavoro di un team di specialisti coordinato da Giampiero Sammuri, che abbiamo intervistato.
Intervista
Per prima cosa ci può descrivere il capovaccaio?
«Il capovaccaio è il più piccolo degli avvoltoi europei con un’apertura alare di 155-170 cm e con un peso di circa 2 kg, quindi con dimensioni molto inferiori agli altri tre (grifone, monaco, gipeto). Altra differenza è che in ampia parte del suo areale, Italia peninsulare compresa, è un migratore regolare andando a svernare in Africa».
Ci può dire l’importanza di questa specie dal punto di vista della conservazione?
«La specie a livello globale è classificata dalla Red List della Iucn come E (Endangered) a causa della consistente diminuzione in larga parte del suo areale. In Italia la situazione è ancora peggiore, si valuta che negli ultimi 50 anni la consistenza sia diminuita di oltre l’80% ed attualmente rimangono una decina di coppie nidificanti distribuite tra Sicilia, Basilicata, Calabria ed appunto quella di Porto Conte, unica per la Sardegna. A causa di questa situazione per quanto riguarda l’Italia la red list Iucn la classifica nella categoria CR (Critically endangered), la peggiore, quella più vicina all’estinzione».
Sappiamo che è dal 2019 che si ha notizia della nidificazione all’interno del Parco di porto Conte, ma nessuno è riuscito a comunicare al Parco né l’esatta ubicazione del nido né se l’evento si è ripetuto negli anni successivi: lei come ha ottenuto questo importante risultato?
«Devo dire che non è stato affatto semplice e non mi stupisce che fino a quest’anno nessuno abbia fornito questa importante informazione al parco. Il sito è su una falesia a picco sul mare molto alta (oltre 300 metri) e frastagliata. Dal mare è impossibile utilizzare ottiche potenti a causa dell’instabilità dei sostegni. Da terra non ci sono punti di osservazione favorevoli che permettano la visione di gran parte delle rientranze della falesia. Ossia, ci sarebbero, ma solo appostandosi sulle zone alte della stessa, il che costituirebbe un significativo elemento di disturbo, non solo per il capovaccaio, ma anche per le diverse coppie di grifoni che nidificano in zona».
E allora come ci è riuscito?
«Sostituendo alle persone oggetti che osservano, ma non disturbano gli avvoltoi: ho utilizzato delle telecamere che, a mio giudizio, controllavano le aree più probabili per la nidificazione del capovaccaio. È stato un lavoro complesso ma con l’ausilio degli esperti rocciatori Tullio Bernabei e Corrado Conca, siamo riusciti ad ubicare le telecamere anche in punti a picco sul mare».
E quindi con le immagini delle telecamere avete trovato il nido?
«Non solo, grazie anche ad indicazioni e osservazioni sul campo che il team composto dal sottoscritto e dai miei formidabili collaboratori Danilo Pisu e Vincenzo Rizzo Pinna ha effettuato. Con un minuzioso e quotidiano lavoro, siamo progressivamente riusciti a ridurre l’area d’indagine e alla fine abbiamo individuato il nido».
Un risultato straordinario, quindi.
«Sì e che è stato possibile grazie alla volontà del parco che lo ha fortemente voluto, all’Acqua Oliveto e Rocchetta spa, che ha finanziato sia l’acquisto che l’installazione delle telecamere, e al lavoro delle persone che ho citato che con professionalità e passione hanno permesso di raggiungere questo obbiettivo».
