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Gli adulti a rischio per attrezzi da pesca, i giovani per ratti e gatti

L’inesorabile volo verso l’estinzione delle berte delle Baleari

Gli uccelli marini migratori più rari d'Europa si estingueranno entro 60 anni
 |  Natura e biodiversità

Il primo allarme sulla situazione della berta della Baleari (Puffinus  mauretanicus) venne lanciato nel 2004 in seguito a uno studio demografico che annunciava un declino così rapido da far scomparire la pardela balear,  come la chiamano gli spagnoli, entro 20 – 40 anni.  12 anni dopo, lo studio “Demography of the critically endangered Balearic shearwater: the impact of fisheries and time to extinction” pubblicato sul  Journal of Applied Ecology da un team di ricercatori spagnoli e britannici, conferma che per la Berta delle Baleari la situazione non è migliorata e, se nulla cambierà,  indica come probabile l’estinzione della specie  in circa 60 anni.

Lo studio è stato realizzato dallo stesso team che pubblicò quello del 2014 e che ha visto anche la partecipazione di SEO/BirdLife e l’associazione ambientalista spagnola spiega che «La revisione dello stato di conservazione della specie si è resa necessaria dopo il notevole incremento delle conoscenze sulla specie, soprattutto in ambito marino. Era soprattutto importante prendere in considerazione le nuove stime delle popolazioni, significativamente maggiori di quelle esistenti nel  2004 – il che in nessun caso indica un incremento della popolazione, ma semplicemente una migliore valutazione -  dato che si erano alzate voci a favore dell’abbassamento della categoria di minaccia per la specie. Inoltre, oggi disponiamo di nuove tecniche di modellizzazione che permettono analisi più complesse che comprendono la quantificazione delle cause della mortalità». Ma nonostante tutti questi cambiamenti, il verdetto finale del nuovo studio  resta preoccupante: la beta delle baleari sta volando dritta verso l’estinzione, anche perché la berta delle Baleari nidifica su scogliere, che subiscono spesso un grave disturbo antropico, e su piccoli isolotti e depone un solo uovo.

La ricerca del 2004, realizzata in occasione della revisione del “Libro Rojo de las Aves de España”, mostrava già un preoccupante e accelerato declino delle Puffinus  mauretanicu del quale non si conoscono le cause esatte, anche se il problema principale sembrava un livello anormalmente basso di sopravvivenza tra gli individui adulti, quindi c’era una qualche minaccia diretta per questa classe di età delle berte delle Baleari. I ricercatori hanno cominciato a seguire le colonie don ve non esistevano predatori introdotti dall’uomo ed hanno scoperto che l il più importante fattore di mortalità accidentale sono gli attrezzi da pesca.

Dopo la pubblicazione di quello studio e del Libro Rojo,  BirdLife International catalogò la berta delle Baleari come “In pericolo critico” a livello globale, così, in base alle direttive dell’Iucn, la specie endemica delle Baleari entro come specie da tutelare nelle liste di diversi accpordi internazionali, come la Convenzione Ospar, la Convenzione di Barcellona e l’Accordo per la conservazione degli albatros e dei petrelli (Acap). Nel 2004 veniva aggiornato il piano di recupero della specie nelle Baleari e nel 2005 venne elaborata la strategia spagnola per la conservazione della Berta delle Baleari, mentre nel 2011 venne aggiornato il piano di azione internazionale.  Grazie a tutto questo lavoro, tutte le colonie di nidificazione di Puffinus  mauretanicus sono state incluse  nella Rete Natura 2000 e nelle Zonas de Especial Protección para las Aves (ZEPA), mentre le principali aree in mare aperto frequentate dalla pardela balear sono state designate come ZEPA marine.

Il nuovo studio fa il punto sulle stime di sopravvivenza e sulla conservazione della specie, attraverso nuovi parametri demografici, come il reclutamento o la sopravvivenza giovanile, e quantifica per la prima volta la mortalità di queste rare berte causata dagli attrezzi da pesca, basandosi sui dati provenienti dal recupero degli anelli di riconoscimento applicati alle zampe delle pardela balear e su quelli dei centri di recupero della fauna selvatica.

La principale autrice dello studio, Meritxell Genovart, dell’Instituto Mediterráneo de Estudios Avanzados (IMEDEA) del Consejo Superior de Investigaciones Científicas e dell’ Universidad de las Islas Baleares,   evidenzia che «Le informazioni disponbili sono scarse, quindi i risultati devono essere presi con una certa cautela e le amministratori devono fare uno sforzo maggiore per recuperare dati. Ma la sopravvivenza annuale continua ad essere allarmantemente bassa e tutto indica nuovamente le catture accidentali come principale minaccia, il che rafforza la necessità di affrontare questo problema».

Pep Arcos, responsabile del programma marino di SEO/BirdLife, aggiunge: «Presumibilmente, e in accordo con le informazioni accumulate in diversi lavori in corso, il problema riguarderebbe tutto l’ambito di distribuzione della specie, che include il Mediterraneo occidentale e l’area atlantica europea. Attualmente diversi soci di BirdLife International lavorano coordinati per affrontare questo problema, concentrando per ora i loro sforzi nel mediterraneo spagnolo attraverso la cosiddetta Seabird Task Force, nella quale  SEO/BirdLife svolge un ruolo a parte. L’obbiettivo è quello di realizzare una valutazione più dettagliata  possibile si dove e come avvengono le catture accidentali e lavorare insieme ai pescatori e alle amministrazioni per sviluppare, testare ed evidenziare praticamente i mezzi di mitigazione più efficaci».

Il nuovo studio demografico si basa sui dati delle colonie libere dai predatori introdotti come ratti e gatti, una situazione ben diversa dalle altre colonie di berta delle Baleari che subiscono la pressione insostenibile di questi mammiferi invasivi. Gli ambientalisti sottolineano che «Attualmente esistono poche iniziative puntuali per derattizzare alcuni isolotti, però è necessario ampliare gli sforzi e affrontare anche il problema dei gatti e di altri carnivori, più complesso  però di maggior impatto».

La ricerca ha anche rivelato la scarsità di dati demografici per la Berta delle Baleari, essenziali per  avviare un vero progetto di salvaguardia. SEO/BirdLife ed altre associazioni da 5 anni stanno  lavorando sulla costa ovest e sud di Ibiza  per consolidare un programma di sorveglianza della riproduzione delle Puffinus  mauretanicus, mentre un team di ricercatori britannici, che è impegnato in un nuovo studio demografico della specie, sta vigilando sui nidi nel nord-est di Mallorca. Ma SEO/BirdLife  dice che questi sforzi saranno vani se continuerà a mancare l’impegno delle amministrazioni pubbliche per consolidare e rafforzare questo tipo di iniziative. .

A quanto pare, in tutto il mondo sono rimaste circa 3.000 coppie nidificanti di Berte delle Baleari e uno deli autori dello studio, Tim Guilford del dipartimento di zoologia dell’università di Oxford ha detto alla BBC News che cambiare il modo di calare gli attrezzi da pesca la notte, quando le berte si immergono a pescare, «Potrebbe fare una differenza enorme. La scienza dimostra quanto grave sia il problema, ma anche che esiste una soluzione tecnicamente semplice: il modo di calare i palangari demersali di notte».

Redazione Greenreport

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