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Giornata mondiale degli Oceani, Wwf: il Mediterraneo in trappola per la plastica

Un mare piccolo e semi-chiuso che ha il 7% della microplastica di tutti i mari del mondo
 |  Natura e biodiversità

Il Mediterraneo è piccolo rispetto agli oceani: si estende su  appena l’1% della superficie marina globale, eppure ospita un’enorme biodiversità che deve fare i  conti con quella che il Wwf definisce «Una ‘impronta umana’ insostenibile se si considera l’inquinamento da plastica: nel bacino del Mediterraneo si concentra infatti il 7% della microplastica globale».

Secondo il rapporto  “Mediterraneo in trappola: salvare il mare dalla plastica” pubblicato oggi dal Wwf Italia in occasione della Giornata mondiale degli Oceani e nell’ambito della sua campagna #GenerAzioneMare, «Il Mare Nostrum si sta trasformando in una pericolosa trappola per la plastica e l’impatto grava sulle specie marine e sulla salute umana, secondo quanto riportato dal nuovo L’allarme punta sugli effetti drammatici che l’eccessivo consumo di plastica, la cattiva gestione dei rifiuti e il turismo di massa stanno avendo su una delle macroregioni più visitate del mondo per la sua bellezza e peculiarità».

Il 90% delle specie di uccelli marini del mondo presenta frammenti di plastica nello stomaco e nel Mar Mediterraneo ci sono 134 specie (pesci, uccelli, tartarughe e mammiferi marini) vittime dell’ingestione di plastica. Tutte le specie di tartarughe marine del Mediterraneo hanno ingerito plastica, in un esemplare sono stati trovati fino a 150 frammenti nello suo stomaco. Ma sono le microplastiche, frammenti più piccoli e insidiosi, che raggiungono nel Mediterraneo concentrazioni record di 1,25 milioni di frammenti per chilometro quadrato, quasi 4 volte superiori a quelle registrate nell’ “isola di plastica” del Pacifico settentrionale.

Il plancton del Santuario dei mammiferi marini Pelagos  presenta elevati livelli di contaminanti in primis ftalati. Le balenottere comuni di quest’area hanno concentrazioni di ftalati 4-5 volte più alte che in altre aree. La plastica in mare, inclusi i pellet, i frammenti anche microscopici, contiene di per sé additivi e in più assorbe dall’acqua altri contaminanti tra cui pesticidi, ftalati, PCB e bisfenolo A. Nel momento in cui i contaminanti della plastica entrano all’interno di un organismo vivente interferiscono con importanti processi biologici, causando danni epatici e alterando il sistema ormonale e riproduttivo.

Eva Alessi, biologa e responsabile consumi sostenibili e risorse naturali di Wwf Italia, spiega: «Le microplastiche, entrando nella catena alimentare,  minacciano un numero ancora maggiore di specie animali e mettono a rischio anche la salute umana. Inoltre la plastica galleggiante è una vera e propria spugna che assorbe  i contaminanti marini, come pesticidi e ftalati, che poi rilascia nello stomaco degli organismi che la ingeriscono. Il 78% di questi contaminanti è tossico, persistente e si accumula nei tessuti animali».

Per questo il Panda «sollecita governi, imprese e individui ad intraprendere azioni che possano ridurre significativamente l’inquinamento da plastica nelle città, negli ambienti marini e costieri sia nel Mediterraneo sia globalmente» e ha lanciato una petizione con 4 richieste rivolte alle istituzioni italiane «affinché premano perché venga alla luce al più presto la Direttiva europea che vieta 10 prodotti di plastica monouso; introducano una cauzione sugli imballaggi di plastica monouso; vietino l’uso di microplastiche in tutti i beni di consumo e i prodotti plastici non biodegradabili; finanzino la ricerca e il recupero delle reti da pesca di plastica fantasma, abbandonate in mare».

Il Wwf auspica «un accordo internazionale giuridicamente vincolante per eliminare la dispersione di plastica negli oceani».

L’Europa (EU-28, Norvegia e Svizzera) è il secondo maggiore produttore mondiale di plastica dopo la Cina; produce 27 milioni di tonnellate di rifiuti plastici all’anno e tra le 70 e 130 mila tonnellate di microplastiche (frammenti più piccoli di 5 mm) e tra le 150 e le 500 mila tonnellate di macroplastiche (equivalenti a 66.000 camion dei rifiuti) finiscono ogni anno nel Mar Mediterraneo e nei mari d’Europa. Il Wwf ricorda che «Sulle coste del Mediterraneo vivono 150 milioni di persone, che producono tra i maggiori quantitativi di rifiuti solidi urbani pro capite, tra i 208 e i 760 kg l’anno. I turisti che ogni anno visitano il Mediterraneo generano un aumento del 40% dell’inquinamento estivo da plastica. I rifiuti plastici sono trasportati anche da fiumi come il Nilo, l’Ebro, il Rodano, il Po, i due fiumi turchi Ceyhan e Seyhan che sfociano tutti in mare dopo aver attraversato aree densamente popolate. L’inquinamento da plastica costituisce una grave minaccia per importanti settori economici del Mediterraneo, soprattutto la pesca e il turismo. La presenza di plastica costa al settore della pesca dell’Unione Europea circa 61,7 milioni di euro l’anno in quanto determina minori catture (e quindi le minori entrate), danni alle imbarcazioni e agli attrezzi da pesca, riduzione della domanda da parte dei consumatori (preoccupati dalla presenza di plastica nelle carni del pesce)».

La presidente del Wwf Italia, Donatella Bianchi, sottolinea che «In Europa produciamo un enorme quantitativo di rifiuti plastici, di cui una parte consistente non viene correttamente smaltita. Il risultato è che centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti invadono ogni anno il Mediterraneo alterando pericolosamente gli equilibri ecosistemici e la biodiversità marina. La plastica è un nemico invasivo e spietato, difficile da quantificare e, quindi, da sconfiggere, e che ormai è entrato nella catena alimentare. Ad esempio, ogni singolo frammento di plastica può venire colonizzato da alghe, microrganismi e batteri, anche pericolosi come i vibrioni, tanto da creare un vero e proprio nuovo ecosistema chiamato ‘plastisfera’. Le plastiche del Mediterraneo trasportano tra le più alte concentrazioni di organismi diversi mai registrate capaci di avere forti impatti sugli habitat marini con cui entrano in contatto. L’ingente presenza di plastica oltre che per la biodiversità e la salute è una grave minaccia anche per importanti settori economici del Mediterraneo, soprattutto pesca e turismo. Il fenomeno costa al settore della pesca dell’Unione Europea circa 61,7 milioni di euro l’anno in quanto determina minori catture, e quindi le minori entrate, danni alle imbarcazioni e agli attrezzi da pesca, riduzione della domanda da parte dei consumatori preoccupati dalla presenza di plastica nelle carni del pesce. Non possiamo permettere che il Mediterraneo soffochi nella plastica. Abbiamo bisogno di azioni urgenti che coinvolgano tutta la catena di approvvigionamento per salvare i nostri mari da questa vera e propria invasione».

Il rapporto evidenzia che «La plastica rappresenta il 95% dei rifiuti in mare aperto, sui fondali e sulle spiagge del Mediterraneo e proviene principalmente da Turchia e Spagna, seguite da Italia, Egitto e Francia. Secondo quanto riportato nel report, tra le radici profonde dell’inquinamento da plastica ci sono ritardi e lacune nella gestione dei rifiuti nella gran parte dei paesi del Mediterraneo. Dei 27 milioni di tonnellate di rifiuti plastici prodotti ogni anno in Europa, solo un terzo è riciclato, mentre la metà in Paesi come l’Italia, la Francia e la Spagna finisce ancora in discarica. E’ infatti ferma al 6% la domanda di plastica riciclata del mercato europeo».

Il leader del programma Oceani del Wwwf Internazionale, John Tanzer, aggiunge: «Gli effetti dell'inquinamento da plastica nel Mediterraneo si ripercuotono su tutto il Pianeta, causando seri problemi tanto alla natura quanto alla salute umana. Tutto ciò avrà ripercussioni negative anche sulla percezione globale del Mediterraneo sia per il turismo sia per la qualità del pescato, mettendo a rischio le comunità locali che dipendono da questi settori per il loro sostentamento. Il problema della plastica è un sintomo del declino dello stato di salute del Mar Mediterraneo e deve servire da monito per un’azione urgente e concertata».

Giuseppe Di Carlo, direttore Mediterranean Marine Initiative del Wwf: conclude: «L’inquinamento da plastica è troppo dilagante per essere risolto in un solo continente, da un solo governo o da un solo settore industriale. È solo attraverso un impegno diffuso e un’azione concertata che possiamo liberare gli oceani, i fiumi, le città e le nostre vite dalla plastica inutile».

Redazione Greenreport

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