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La perdita di ecosistema intertidale espone a gravi rischi le comunità costiere

Intelligenza artificiale e immagini satellitari: tra il 1984 e il 2016 gli ambienti di marea sono diminuiti fino al 16%
 |  Natura e biodiversità

Lo studio “The global distribution and trajectory of tidal flats”, pubblicato recentemente su Nature da un team delle università australiane del Queensland e del New South Wales, dell’Australian Institute of Marine Science e di Google, ha utilizzato l'intelligenza artificiale e immagini satellitari di vaste aree costiere per mappare per la prima volta le zone intercotidali del mondo, rivelando una significativa perdita di questo cruciale ecosistema. Lo studio – che è stato realizzato anche grazie a un faticoso lavoro sul campo - ha infatti dimostrato che dimostrato che tra il 1984 e il 2016 gli ambienti di marea sono diminuiti fino al 16%.

Uno degli autori dello studio, Richard Fuller  della School of biological sciences dell’università del Queensland - St Lucia, spiega che «In tutto il mondo, la zona tra le linee di bassa e alta marea protegge oltre 625 milioni di persone dalle tempeste e dagli innalzamenti del livello del mare. Identificare le aree in cui le zone intertidali vengono perse per lo sviluppo urbanistico e l'innalzamento del livello del mare è fondamentale per salvaguardare le comunità costiere. Con oltre 1,4 miliardi di persone che dovrebbero vivere nelle aree costiere entro il 2060, la nostra ricerca avrà significativi vantaggi a livello internazionale».

Lo studio ha utilizzato il machine-learning per analizzare più di 700.000 immagini satellitari e mappare la distribuzione globale delle aree intercotidali lungo n periodo di 30 anni. Il principale autore dello studio, Nicholas  Murray, anche lui della della School of biological sciences dell’università del Queensland - St Lucia e del Centre for ecosystem Science dell’ università del New South Wales, sottolinea questo «E’ stato reso possibile da una collaborazione unica tra biologi conservazionisti e scienziati del settore marino, costiero, del telerilevamento e informatici. Ha richiesto quasi un milione di ore di calcolo, eseguito su 22.000 macchine tramite Google Earth Engine. Abbiamo applicato classificatori machine learning ad ogni pixel di ciascuna immagine satellitare a nostra disposizione lungo le coste del mondo».

Il team di ricercatori, che comprendeva anche La collaborazione comprendeva anche Stuart Phinn e Mitchell Lyons dell’Università del Qeensland, Renata Ferrari dell'Australian Institute of Marine Science e gli sviluppatori di Google Nicholas Clinton, David Thau, Michael DeWitt e Renee Johnston, è convinto che i risultati di questo studio, finanziato da Google e che ha utilizzato tecnologie e dati prima impensabili, «gettano le basi per un sistema di monitoraggio costiero globale per obiettivi internazionali di conservazione e sviluppo sostenibile».

Murray conclude: «Un sistema come questo potrebbe consentire agli scienziati, ai governi e alla comunità in senso più ampio, di fare il punto sui servizi forniti dagli ecosistemi costieri. Un'app online, Intertidal Change Explorer, offre l’ open access  dataset e ne supporta l'utilizzo per comprendere e conservare gli ecosistemi costieri in tutto il mondo».

Redazione Greenreport

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