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Anche in Europa le foreste stanno iniziando a emettere più CO2 di quella che assorbono

Eppure l’Italia sembra in controtendenza, assorbendo il 14% delle emissioni nazionali. Come mai? Masiero (Etifor): «Richiederebbe una verifica»
 |  Natura e biodiversità

Mentre molte foreste del pianeta stanno passando da serbatoi a sorgenti di carbonio, l’Italia sembra andare in direzione opposta. Secondo il National Inventory Document 2025 dell’Ispra, le foreste italiane assorbono oggi il 14% delle emissioni nazionali di CO₂, un dato più che raddoppiato rispetto alle stime del 2022. Ma come è possibile?

A lanciare l’allarme sulle foreste che "inquinano" è Etifor, spin-off dell’Università di Padova e B Corp attiva nella consulenza ambientale, che cita tra i casi più emblematici quello del Canada. Qui, su 225 milioni di ettari di foreste soggette ad attività umana, si è registrato un passaggio da un assorbimento annuo medio di 30,5 milioni di tonnellate di CO₂ a emissioni nette di 131,2 milioni di tonnellate, causate da incendi, stress climatico, insetti e degrado forestale. Solo nel 2023 gli incendi hanno bruciato 15 milioni di ettari, il 4% delle superfici forestali canadesi.

Non è un fenomeno isolato. Anche in Europa le foreste cominciano a cedere: in Finlandia, secondo l’Istituto LUKE, l’assorbimento netto è diventato negativo nel 2021. Le cause principali sono l’aumento dei tagli legnosi e l’incremento delle emissioni del suolo dovute a una più rapida decomposizione della lettiera causata dal riscaldamento. Stessa tendenza in Estonia dal 2020 e in Germania, dove tra siccità e insetti lo stock di carbonio forestale è diminuito di 41,5 milioni di tonnellate a partire dal 2017.

Eppure, in questo quadro globale preoccupante, i numeri italiani appaiono in controtendenza. Un dato positivo? Non del tutto, secondo gli esperti. Il forte aumento dell’assorbimento stimato da Ispra si basa su una revisione della base informativa utilizzata per i calcoli, tra cui la Carta Forestale Nazionale 2024, il Sistema Informativo Forestale Nazionale (SINFor) e i dati preliminari del nuovo Inventario Forestale Nazionale.

«Se da un lato questa migliorata base informativa costituisce un elemento positivo, dall’altro il dato in controtendenza rispetto a quanto osservato in molti altri contesti internazionali autorevoli stimola riflessioni e richiederebbe una verifica» afferma Mauro Masiero, direttore scientifico di Etifor. La posta in gioco è alta: «È anche su questa base informativa che si costruiscono le politiche climatiche del Paese».

Secondo Davide Pettenella, senior policy advisor di Etifor, non si può più tergiversare: «Abbiamo già perso il treno per gestire correttamente il ruolo delle foreste nelle politiche climatiche quando dovevamo puntare sul loro ruolo temporaneo di mitigazione mentre cambiavamo il nostro modello energetico. Ora, con temperature medie salite di 1,48°, le foreste da opportunità rischiano di diventare parte del problema e devono essere gestite con maggiore cura e attenzione per non aggravare i bilanci di gas a effetto serra. È per questo che un rewilding totalmente passivo è molto pericoloso e il ripristino della natura non si identifica con l'abbandono bensì con la gestione forestale».

Secondo Etifor, gestire le foreste significa rafforzarne diversità, complessità e resilienza. Le soluzioni possibili vanno dalla migrazione assistita all’arricchimento della biodiversità con enrichment planting, fino all’adozione di specie autoctone resistenti a siccità, incendi e insetti. Al tempo stesso, bisogna pianificare a scala di paesaggio, integrando le foreste con zone umide o praterie naturali, e sviluppare filiere per prodotti legnosi durevoli, come quelli per l’edilizia, che rappresentano una forma di stoccaggio del carbonio.

Redazione Greenreport

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