Farfalle e falene contano, noi le contiamo
In questi giorni sono comparse critiche alla legge europea sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) su diverse testate, secondo cui queste misure produrrebbero pochi vantaggi se non costi aggiuntivi per un’agricoltura già in sofferenza. Le critiche si sono rivolte anche verso gli articoli della legge che prevedono di contare le farfalle per valutare lo stato di conservazione degli ecosistemi, il loro funzionamento e i progressi delle azioni intraprese per migliorarli. Chi ha scritto o rilasciato queste interviste ha cercato di far emergere una contrapposizione tra chi vorrebbe proteggere e ripristinare almeno parte della biodiversità nel nostro continente e chi cerca di mantenere produzioni agricole di qualità o comunque pensa che le priorità siano, almeno in questo momento, altre: una contrapposizione che però vedono solo loro.
Ormai da molti anni sappiamo che il nostro clima mediterraneo, con le sue estati calde e secche e le stagioni intermedie miti e piovose, si è stabilizzato nella nostra regione circa 4000 anni fa. Geologicamente parlando, ieri: era l’epoca degli Assiri e dei Babilonesi, quando le grandi piramidi d’Egitto erano già antiche di qualche secolo e l’agricoltura, ormai ben sviluppata da millenni, aveva già trasformato profondamente il paesaggio. Sappiamo quindi che non esiste un ambiente mediterraneo senza il prezioso mosaico delle attività agricolo-silvo-pastorali tradizionali, conosciamo il loro valore identitario ed economico per il nostro paese, e abbiamo anche da decenni misurato quanto la biodiversità, farfalle comprese, benefici di questo mosaico. In molte regioni d’Europa, e in alcune parti d’Italia però, questo mosaico si sta compromettendo, sbilanciato da una pressione eccessiva e crescente dalle nostre attività. Ci troviamo quindi di fronte alla necessità di ripristinare, per quanto possibile, questo nostro ecosistema ricco di storia e di biodiversità.
Ma perché è necessario? Anche qui, i seminatori di odio sostengono che la legge segua una visione ideologica della biodiversità, come se difenderla fosse una questione di gusto personale: “a me piace, quindi voglio difenderla; a te no, non importa, questa è la legge”. Ma non è così. Dobbiamo chiarire che da anni si parla di servizi ecosistemici: detti in due parole, sono servizi che alcuni elementi naturali ci forniscono senza alcuna spesa da parte nostra. A chi pensa che proteggere la biodiversità sia una fissazione da intellettuali lontani dai problemi reali, dalle produzioni che ci nutrono, dalle attività che ci sostengono, ricordiamo che i servizi ecosistemici si misurano invece proprio in soldi. Un esempio semplice? Un ristorante ha in giardino un grosso albero che fa ombra a dieci tavoli. Quanto spenderebbe il ristoratore per costruire una copertura se non ci fosse quell’albero? Probabilmente molto. E a conti fatti quel ristoratore non trasformerà quell’albero in legna da ardere per la pizza. Ma allora, perché dovremmo farlo noi con il nostro ambiente?
I servizi ecosistemici che si cerca di proteggere non sono solo quelli estetici o culturali, che potrebbero interessare solo una parte della popolazione: sono l’ossigeno che respiriamo e le reti alimentari di cui facciamo parte. Quanto paghiamo gli alberi per produrre ossigeno? Quanto paghiamo gli insetti per impollinare le piante e produrre cibo? Niente. Ma se venissero a mancare, dovremmo tirare fuori di tasca nostra soldi per cercare soluzioni — sempre che esistano.
E allora, perché contare le farfalle? Per due motivi fondamentali: il primo è che le farfalle, con molti altri insetti, contribuiscono direttamente ai servizi ecosistemici, impollinando le piante a fiore e mantenendo in vita attività agricole e ambienti naturali. Il secondo è che le farfalle sono un perfetto termometro per misurare la qualità e la funzionalità di un ambiente. Un termometro non ci cura, ma ci segnala quando qualcosa non va. Lo stesso fanno le farfalle: la loro presenza o assenza ci dice subito se un ecosistema sta funzionando o si sta degradando.
Tra tutti gli animali, le farfalle sono un termometro ideale: facili da contare anche per un cittadino comune, permettono un monitoraggio capillare, trasparente e – spesso – piacevole. Prendersela con il conteggio delle farfalle è come prendersela col termometro, dicendo che misurare la febbre non guarisce. Una scoperta, certo… ma sapendo di avere la febbre iniziamo a cercare una cura.
Per questo noi le farfalle le contiamo, perché le farfalle contano. Le farfalle contano perché contribuiscono – da ben prima della scomparsa dei dinosauri – a mantenere in vita gli ecosistemi. Contano perché la loro scomparsa ci segnala subito quando un ecosistema si sta degradando diventando meno prezioso per tutti noi, anche per chi lo coltiva. Le farfalle contano perché sono belle, e ci innamorano ogni giorno della biodiversità da cui dipendiamo. Le farfalle contano perché senza di loro, e senza le miriadi di altri insetti di cui sono sentinelle, non sappiamo davvero dove andremmo. E noi non vogliamo scoprirlo, perché sarebbe un mondo peggiore di questo. Le farfalle contano, e per questo noi continueremo a contarle e a dare il benvenuto a chiunque voglia unirsi a noi. Contro nessuno, per tutti.
Leonardo Dapporto
ALI - Associazione Lepidotterologica Italiana