Il Parco dell’Adamello rischia di essere dimezzato, l’allarme di Federparchi: «Non si comprendono i motivi»
La Federazione italiana dei parchi e delle riserve naturali (Federparchi) esprime profonda preoccupazione per il destino del Parco dell’Adamello, che rischia un sostanziale restringimento di propri confini. L’allarme era già stato lanciato da Legambiente a metà maggio, quando è balzata agli onori della cronaca la proposta di alcuni amministratori della Comunità Montana della Valle Camonica, ente gestore del Parco dell’Adamello, di ‘accorciare’ i confini del Parco spingendoli sempre più in alto (fino a raggiungere la quota di 1600 mslm): degli oltre cinquantamila ettari di territorio attuale, il Parco si ridurrebbe a quasi la metà.
«Apprendiamo che potrebbero esserci nuove linee di indirizzo da parte della Comunità del Parco per una riperimetrazione che vada a restringere l’area naturale protetta – aggiungono oggi da Federparchi – Stessa cosa fa un ordine del giorno depositato presso la Regione Lombardia che mira alla ridefinizione dei confini del parco. Non si comprendono i motivi di tali intenzioni. È ampiamente dimostrato, ormai, che le aree protette, oltre a svolgere la loro funzione primaria di tutela della biodiversità, costituiscono importanti volani per uno sviluppo sostenibile dei territori. Oggi un parco ben strutturato genera posti di lavoro, imprese e benessere per le comunità locali; il tutto in equilibrio con il rispetto degli habitat naturali. Basti considerare che le aree protette sono sempre più attrezzate per una gestione sostenibile dei flussi turistici, che crescono di anno in anno».
Il tutto senza dimenticare che una riduzione del perimetro del parco andrebbe in direzione contraria alla Strategia europea per la biodiversità e alla conseguente Strategia italiana, che prevedono l’obiettivo del 30% di superficie tutelata entro il 2030.
«Ridurre l'area protetta sarebbe, quindi, una scelta in contrasto non solo con le politiche della Ue ma anche con gli impegni assunti dall’attuale governo italiano», sottolineano nel merito da Federparchi.
Sullo sfondo resta un quadro attuale non roseo: secondo i dati messi in fila da Greenpeace e Wwf in occasione della Cop16 sulla biodiversità che si è svolta in Colombia, meno dell’1% delle aree marine italiane è protetto in modo efficace, mentre la superficie terrestre protetta si ferma al 21,68%. In quest’ultimo caso sembra che l’obiettivo del 30% possa essere alla portata dell’Italia, ma occorre mettere le cose nella giusta prospettiva: per raggiungere il target, in soli 5 anni il nostro Paese dovrebbe creare la metà delle aree protette terrestri che ha creato in oltre 100 anni.