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“All you can eat” per grandi erbivori? I risultati di un esperimento che coinvolge anche i lupi

Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Ecosphere” ha analizzato gli effetti del foraggiamento artificiale tramite mangiatoie sugli ungulati a cui sono destinate e sui loro predatori naturali. La ricerca è stata svolta in Val di Fassa, nel Trentino orientale, negli inverni del 2022 e 2023
 |  Natura e biodiversità
Copy Giulia Bombieri, Muse - Capriolo vicino a una mangiatoia, Val di Fassa

«La ricomparsa di grandi mammiferi nei paesaggi europei dominati dall'uomo pone nuove sfide per la conservazione della fauna selvatica e le pratiche di gestione». Parte da questa considerazione uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Ecosphere” che ha analizzato gli effetti del foraggiamento artificiale tramite mangiatoie sugli ungulati a cui sono destinate e sui loro predatori naturali «L'alimentazione supplementare degli ungulati – si legge in testa all’articolo – è una pratica diffusa con diverse motivazioni, tra cui la caccia, ma gli effetti noti sulle specie bersaglio e non bersaglio devono ancora essere chiariti. Secondo la teoria del foraggiamento ottimale, tali fonti di cibo concentrate possono attirare a loro volta erbivori e carnivori. Pertanto, i siti di alimentazione possono alterare la distribuzione spaziale della fauna selvatica e modificare le interazioni intra e interspecifiche, comprese le dinamiche predatore-preda». Nello studio sono stati esaminati l'uso dei siti di alimentazione specifici per ungulati da parte delle specie bersaglio e non bersaglio in un'area turistica delle Alpi dominata dall'uomo, utilizzando trappole fotografiche sistematiche. «Abbiamo valutato la potenziale segregazione temporale tra caprioli e cervi nei siti di alimentazione e se queste fonti di cibo artificiali concentrate influenzassero la presenza e l'intensità di utilizzo dei siti da parte di ungulati e lupi su scala più ampia».

Lo studio è stato condotto da Muse – Museo delle Scienze – e Act – Associazione Cacciatori Trentini, con la collaborazione di Fem, Fondazione Edmund Mach. La ricerca è stata svolta in Val di Fassa, nel Trentino orientale, negli inverni del 2022 e 2023, in un'area caratterizzata da un'alta densità di mangiatoie (2,6 per 10 km quadri); 54 sono stati i siti studiati, 14.000 le sequenze fotografiche analizzate.

 La pratica del foraggiamento artificiale degli ungulati è molto diffusa in tutta Europa, specialmente a fini venatori per aumentare la sopravvivenza invernale delle specie cacciate. Diverse ricerche recenti però hanno messo in luce anche molti effetti collaterali di questa pratica, che possono potenzialmente avere ricadute negative sia sulle specie target che sull’intera comunità di specie.

Ricercatrici e ricercatori si sono appunto chiesti: la presenza di mangiatoie potrebbe influenzare le relazioni tra gli ungulati, portando ad aggregazioni ‘non naturali’? Questo potrebbe avere anche delle conseguenze sui loro predatori, modificandone l’uso dello spazio e il comportamento? 

Marco Salvatori, ricercatore Muse e primo autore dello studio, spiega: «Il nostro obiettivo era testare l’ipotesi che le mangiatoie creassero aggregazioni di ungulati, attratti da cibo concentrato e facilmente disponibile, che a loro volta potessero influenzare il movimento e il comportamento dei lupi, loro predatori naturali. Ci si aspetta, infatti, che gli erbivori massimizzino l’acquisizione ‘facile’ di cibo alle mangiatoie, e che i predatori ottimizzino predazione e dispendio energetico, selezionando le aree in prossimità delle mangiatoie per via della loro attrattività sugli erbivori. E i dati sembrano supportare le nostre ipotesi».

Dallo studio emerge infatti che la variabile che più influenza la distribuzione degli ungulati è la vicinanza alle mangiatoie: la probabilità di presenza degli ungulati era massima nei pressi delle mangiatoie, e si azzerava in siti a 3 km di distanza dalla mangiatoia più vicina. La loro attività, invece, risulta più sensibile alla presenza umana: più un sentiero è frequentato, meno attivi risultano gli ungulati nelle aree circostanti. Anche l’attività dei lupi è risultata correlata alla vicinanza alle mangiatoie per ungulati: i siti di campionamento più vicini alle mangiatoie erano usati il doppio rispetto a quelli a un chilometro di distanza.

«Grazie alle fototrappole - sottolinea Giulia Bombieri, ricercatrice Muse e coordinatrice dello studio - abbiamo potuto osservare quali specie visitano le mangiatoie e con quale frequenza. Il cervo è risultato il frequentatore più assiduo, con il 49% delle sequenze rilevate alle mangiatoie, seguito dal capriolo (27%) e dal muflone (15%), quest’ultima è per altro una specie alloctona per la quale è raccomandato il contenimento. Lo studio ha inoltre evidenziato potenziali dinamiche di competizione fra i due ungulati più presenti: il capriolo tende infatti a evitare le mangiatoie quando il cervo, di maggiori dimensioni, è presente. Non solo ungulati: anche volpi, lepri, e perfino gatti domestici hanno visitato i punti di alimentazione, con possibili effetti sull’intera comunità di specie. Ulteriori studi sono necessari per verificare a fondo tali conseguenze».

Lo studio è frutto della collaborazione tra Muse e Act, avviata nell’ambito del Programma di Stewardship del progetto LIFE WolfAlps EU, che promuove la co-progettazione e la realizzazione di azioni concrete di conservazione e gestione del lupo insieme ai portatori di interesse. Preziosa anche la collaborazione con i guardiacaccia Act, il personale del Corpo Forestale e i custodi forestali dell'area della Val di Fassa per il supporto nella raccolta dati.

Una conclusione che si legge nell’articolo pubblicato sulla rivista scientifica è molto chiara: «I nostri risultati rivelano gli effetti collaterali dei siti di alimentazione artificiale, contribuendo così a una gestione più informata e basata su dati concreti, con grande rilevanza soprattutto alla luce del notevole recupero dei grandi mammiferi nelle regioni antropizzate dell'Europa e della popolarità dell'alimentazione artificiale degli ungulati a fini venatori o ricreativi. Consigliamo quindi di limitare questa pratica nelle aree in cui grandi erbivori, predatori ed esseri umani coesistono a stretto contatto».

Redazione Greenreport

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