Lo sfruttamento degli animali: deforestazione, inquinamento, rifiuti e veleni
Fino a un paio di secoli fa, gli animali domestici venivano certamente sfruttati ma mai come ai nostri giorni. Lo si faceva in base alle esigenze alimentari delle persone e solo quando ce lo si poteva permettere. Bisogna infatti tenere presenti le continue epidemie e carestie che allora imperversavano in Europa e non solo.
Gli animali domestici non venivano allevati su larga scala e nemmeno in batteria. Le inseminazioni artificiali erano rarissime, e peraltro di veramente artificiale non c’era quasi niente, e ovviamente non si interveniva sul loro DNA sul quale fino alla sua scoperta fatta nel 1953 dagli scienziati Francis Crick e James Watson, non si sapeva niente della struttura e poco della funzione. Per farli crescere in fretta, gli animali – stiamo ovviamente parlando di quelli domestici, polli, bovini, ovini eccetera – venivano alimentati con cereali e fieno quando erano disponibili: non sempre infatti le stagioni permettevano buoni raccolti a causa di siccità, guerre, inondazioni, incendi e altre catastrofi naturali.
I bovini, per esempio, non venivano fatti crescere con la somatotropina (STH), un ormone sintetizzato per la prima volta nel 1994. L’uso che si è fatto di questo ormone negli ultimi decenni è stato inaudito. La somatotropina viene utilizzata soprattutto per fare aumentare la produzione del latte a queste povere bestie, soprattutto mucche, ma anche capre e bufale, facendo crescere le loro mammelle smisuratamente, per ricavare latte che poi viene arricchito, scremato, parzialmente scremato o integrato. Gli allevatori si sono sempre giustificati per l’uso massiccio della somatotropina dicendo che le loro aziende agricole devono pur sopravvivere, che devono aumentare la produzione a causa dei costi di manutenzione che diventano sempre più alti, a causa del rincaro dei mangimi, cui si aggiungono i rincari delle bollette della luce, del gas, del gasolio e dell’acqua.
Sostengono che per produrre un chilo di carne occorrono più di 1400 litri d’acqua, cioè un’enormità. Se questo è vero, come è vero, c’è da rivedere tutto il sistema produttivo agricolo, soprattutto in questo nuovo millennio. I proclami sono molti ma poi le cose rimangono sempre le stesse. In realtà si pensa solo al profitto e a breve termine. Non si riflette più sul futuro e nemmeno sulla nostra salute, su quella dei nostri figli, nipoti e su quella degli animali domestici che vengono sfruttati in questo modo. Un tempo non lontano, basta risalire a due o tre generazioni fa, le mucche, per esempio, venivano utilizzate dai contadini nel lavoro dei campi, ma poi venivano ben governate, alimentate e dissetate al rientro nelle loro stalle; alle loro mucche i contadini davano addirittura dei nomi per poterle chiamare, per “parlare con loro”, come se fossero delle amiche care e generose.
Passando agli uccelli, che sono tutti selvatici, oggi la situazione non è migliorata rispetto al passato. Un tempo si cacciavano gli uccelli solo per sfamarsi. Prima dell’invenzione delle armi da fuoco, si uccidevano con gli archi e le frecce, tutto in un perfetto equilibrio tra l’uomo e la natura. Poi con l’invenzione delle armi automatiche tutto è cambiato. I nobili cacciavano solo per “ammazzare” il tempo o per vantarsi per gli animali abbattuti con i loro pari. Non si capisce nemmeno bene che fine facesse tutta quella selvaggina; certamente non andava, nemmeno in minima parte, alla servitù. Re e regine, oltre ai loro castelli, possedevano residenze specifiche per lo svolgimento delle loro attività venatorie e potevano sfruttare immense riserve di caccia: migliaia di ettari di superficie tutte per loro.
Ora che quei nobili non ci sono più, le cose non sono migliorate, anzi, sono peggiorate. Tutti hanno iniziato a sparare all’impazzata agli uccelli, persino a quelli in via di estinzione, spesso anche a quelli vietati alla caccia come gufi, falchi e nibbi, animali che infastidiscono i cacciatori, così dicono, durante le loro attività venatorie. Altro che ars venatoria, come dicevano i latini! Si va a caccia consapevoli di non prendere più niente perché non c’è più niente a cui sparare: si rimane a mani vuote e i cani da caccia girano sempre a vuoto. Il desiderio di sparare a qualcosa o qualcuno però è sempre rimasto, tanto che negli ultimi decenni la caccia è diventata uno sport. Si sono dovuti trovare dei surrogati alla caccia vera e propria e il tiro al piattello è uno di questi, checché se ne dica. È perfino diventata uno sport olimpico, con le sue diverse categorie in cui, tra l’altro, gli Italiani primeggiano e hanno sempre primeggiato. È vero che in questo modo non si uccidono gli uccelli e nessun altro animale, ma è anche vero che si tratta di una trasposizione inconsapevole di gesti originariamente venatori.
Purtroppo nel mondo non si uccidono “solo” gli animali domestici, ma, per esempio, anche le scimmie che sono tutte selvatiche, con il risultato che molte di loro sono in via di estinzione. In molti paesi dell’Africa, del Centro e del Sud America e dell’Asia le scimmie che popolavano le foreste e le savane di questi continenti praticamente non esistono più, come non esistono più o sono ridotti al lumicino molti altri animali selvatici: tigri, pantere, linci, leoni e rinoceronti. Di questi ultimi quelli rimasti in libertà nel mondo si possono contare sulle dita di una mano. Alcuni Paesi hanno cercato di porre rimedio a questa carneficina, ma si sono mossi, come si dice, quando i buoi erano già scappati dalla stalla; hanno cercato di creare dei parchi e delle riserve per proteggerli, ma invece di arginare il problema hanno alimentato il bracconaggio. Il fatto che in alcuni Stati la corruzione, a tutti i livelli, sia la regola, poi non può certo migliorare la situazione. Per esempio, molte tigri asiatiche per essere salvate dallo sterminio totale sono state catturate e portate negli zoo e nei bioparchi di grandi città europee e americane; alcune si sono perfino riprodotte in questi nuovi contesti, però si può capire la loro sofferenza e il loro dolore in quanto abituate a spaziare libere nei loro territori per centinaia e centinaia di chilometri quadrati, e finite invece, dall’oggi al domani, a vivere recintate in uno spazio di pochi metri quadrati. Per quanto riguarda i rinoceronti (sia il rinoceronte nero sia il bianco), da diverso tempo in Sud Africa i ranger hanno pensato di poterli salvare tagliando loro le corna, quella piccola e quella grande, che sono costituite da creatina pura come quella delle nostre unghie, affinché non venissero più uccisi dai cacciatori di frodo che poi avrebbero venduto le loro corna a peso d’oro in diversi Paesi orientali in cui le loro polveri sono considerate afrodisiache.
In Africa, scene raccapriccianti di questo genere, con le carcasse abbandonate a terra, non solo dei rinoceronti ma anche di elefanti senza più le zanne, sono diffusissime. In Togo, per esempio, al mercato delle cianfrusaglie si possono acquistare teste affumicate di babbuini e cercopitecidi di varie specie che vengono accatastate e messe ben in vista, pronte per la vendita per essere poi utilizzate in riti propiziatori o come feticci. In alcuni casi si acquistano scimmie appena uccise, per estrarne il cervello e mangiarlo. Dicono che questi riti macabri servano a coloro che se ne cibano per raggiungere le anime dei loro cari estinti. Altre cause di questo sterminio di massa sono, in primo luogo, la deforestazione e l’inquinamento, soprattutto quello delle acque dei fiumi dove la gente comune e le industrie, principalmente quelle minerarie (in Africa ce ne sono moltissime) riversano impunemente tutti i loro rifiuti e i loro veleni. Questi comportamenti hanno messo in pericolo molte specie di scimmie soprattutto quelle antropomorfe, quindi scimpanzé e gorilla e in Asia l’orango.
Oggi nelle foreste è praticamente impossibile incrociare queste scimmie in libertà; in Asia gli oranghi si possono vedere solo nei Parchi nazionali o in centri di riabilitazione in cui vengono recuperati e salvaguardati. A questo declino resistono ancora poche specie di scimmie, quelle che vivono nelle zone più impervie della foresta e soprattutto lontane dall’uomo.