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L’Amazzonia brasiliana ha perso 52 milioni di ettari di vegetazione dal 1985: «Vicini al punto di non ritorno»

Lo rivela un rapporto della rete di università, ong e aziende tecnologiche MapBiomas. Le analisi effettuate sulla base di immagini satellitari indicano che negli ultimi 40 anni la foresta è stata privata del 13% della sua copertura originaria. La causa principale: l’avanzare degli allegamenti
 |  Natura e biodiversità

Con 421 milioni di ettari, l’Amazzonia occupa quasi la metà (49,5%) del territorio del Brasile. È il più grande bioma del Paese sudamericano, ma i suoi benefici vanno ben oltre questo Stato e questo continente. Peccato che tra il 1985 e il 2024 sono stati persi 52 milioni di ettari di area di vegetazione nativa: il 13% della sua copertura originaria.

A fornire questi dati è l’ultimo aggiornamento da parte di MapBiomas delle mappe annuali sulla copertura e l'uso del suolo in Brasile. L'indagine è stata condotta dai ricercatori della rete di università, ong e aziende tecnologiche sulla base dell'analisi di immagini satellitari. E mostra che la trasformazione e perdita di aree verdi ha interessato principalmente le formazioni forestali, che hanno perso quasi 50 milioni di ettari (49,1 milioni) di superficie negli ultimi 40 anni.  Nel 2024, ultimo anno della serie storica di MapBiomas, la vegetazione nativa copriva l'81,9% del bioma; il 15,3% è occupato da uso antropico.

Il motivo principale che ha portato all’attuale situazione, spiegano i ricercatori, è stato l'avanzare delle aree destinate agli allevamenti: le aree dedicate al pascolo nelle zone interessate dalle operazioni di deforestazione sono aumentate del 355% nel periodo analizzato, passando da 12,3 milioni di ettari nel 1985 a 56,1 milioni nel 2024. Scrivono gli autori dello studio: «Le immagini satellitari mostrano quanto sia recente l'antropizzazione dell'Amazzonia: l'83% dell'area antropizzata nel bioma si è verificata tra il 1985 e il 2024. Sommando tutti gli usi antropici del suolo, questi sono aumentati del 471% (+57 milioni di ettari) negli ultimi quattro decenni. In questo periodo, si è registrato un aumento di 43,8 milioni di ettari di pascoli, l'uso antropico che ha registrato la maggiore espansione. I pascoli sono passati da 12,3 milioni di ettari nel 1985 a 56,1 milioni di ettari nel 2024, con una crescita del 355%.  In termini percentuali, tuttavia, l'espansione più significativa è stata quella della silvicoltura, che è passata da 3.200 ettari nel 1985 a 352.000 ettari nel 2024, con un aumento di oltre 110 volte in 40 anni.  L'area agricola, invece, è cresciuta di 44 volte (4.321%), passando da 180.000 ettari (1985) a 7,9 milioni di ettari (2024). Negli ultimi anni, l'attività mineraria ha acquisito importanza, passando da 26.000 ettari nel 1985 a 444.000 ettari nel 2024.

Un altro motivo che ha contribuito alla massiccia operazione di deforestazione è la coltivazione della soia, che nel 2024 occupava 5,9 milioni di ettari. In particolare, l'agricoltura nel suo complesso è il settore che ha registrato la maggiore crescita proporzionale nella foresta negli ultimi 40 anni.

Spiega il ricercatore Bruno Ferreira, di MapBiomas: «L'Amazzonia brasiliana si sta avvicinando alla soglia del 20-25% prevista dalla scienza come possibile punto di non ritorno del bioma, oltre il quale la foresta non sarà più in grado di sostenersi. Possiamo già notare alcuni degli impatti di questa perdita di copertura forestale, come nelle zone umide del bioma. Le mappe della copertura e dell'uso del suolo in Amazzonia mostrano che è più secca».

Sommando la superficie coperta da acqua, foresta allagabile e mangrovie, si è registrata una contrazione di 2,6 milioni di ettari di queste aree tra il 1985 e il 2024. Questi dati mostrano che 8 dei 10 anni più secchi sono stati registrati nell'ultimo decennio. E se non ci sarà un’inversione di tendenza, il punto di non ritorno sarà presto superato.

 

Redazione Greenreport

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