Oasi di biodiversità, vittima della crisi climatica, esempio di sostenibilità: ora Castelporziano è anche certificata FSC
La tenuta presidenziale di Castelporziano ha ricevuto la certificazione internazionale FSC - Forest Stewardship Council, riconoscimento dato a foreste gestite in modo responsabile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico - per «la gestione attiva e responsabile del suo straordinario patrimonio forestale». Ma prima è il caso di presentare quest’area boschiva, che benché sia stata aperta al pubblico dal Presidente Mattarella poco meno di 10 anni fa (nei secoli scorsi è appartenuta a famiglie nobiliari, poi nell’800 è diventata riserva di caccia del Re e infine nel 1948 è passata al Quirinale), merita due parole di introduzione per chi non la conoscesse. Anche perché stiamo parlando di una realtà che rappresenta l’unione di natura, cultura, storia, ricerca scientifica.
La prima cosa da dire, la più evidente: è una foresta di 6000 ettari situata a una manciata di kilometri da una metropoli come Roma, caso unico in Italia e in Europa. La seconda cosa, anche questa più unica che rara: è un’oasi ad elevata biodiversità incastonata tra la costa ormai praticamente tutta urbanizzata del litorale laziale (Ostia e dintorni fanno 200 mila abitanti) e l’entroterra dominato dagli oltre 5000 kilometri quadrati dell’area metropolitana romana, un ultimo testimone di quelle sterminate foreste che nell’antichità coprivano di vegetazione mediterranea questa parte della penisola, abitata fin dalla preistoria (c’è un museo archeologico a raccontarlo con reperti a partire dalla prima età del ferro) e adottata come luogo di villeggiatura dai più ricchi romani dell’età imperiale (che venivano nelle ville e nelle terme di cui oggi si vedono i resti nei mesi invernali, dalle temperature più miti rispetto all’Urbe).
Ma soprattutto, questa riserva naturale statale (è stata istituita come tale nel 1999, poi nel 2018 è stata inclusa nella rete europea Natura 2000) è ad un tempo un campanello d’allarme rispetto a quel che stanno provocando i cambiamenti climatici e un esempio di quel che si può fare per contrastarli.
Qui fino a pochi anni fa c’era una pineta monumentale ultracentenaria che si estendeva per 1000 ettari, di cui però oggi è rimasto ben poco: pochi pini morti ancora miseramente in piedi, ammassi di tronchi segati, cumuli e cumuli di legname frammentato. A distruggere questa pineta che era qui da 130 anni è stata un’infestazione di cocciniglia tartaruga, un insetto proveniente dal Nord America e segnalato per la prima volta in Europa una decina di anni fa. Non ha fatto tutto da solo questo insetto: spiegano i ricercatori che operano nella tenuta presidenziale che a rendere deboli questi pini, tutti morti nell’arco di quattro anni nonostante le misure di selvicoltura, è stato il cambiamento del regime pluviometrico (piogge concentrate in breve lasso di tempo e periodi siccitosi sempre più estesi), le temperature che in estate ormai superano spesso i 40 gradi, la scomparsa praticamente dell’inverno, il che impedisce un normale ciclo vitale degli insetti autoctoni.
E però, ultima cosa da segnalare, quest’area protetta è appunto anche l’esempio di quel che si può fare contro la crisi climatica: ora tutta l’area in cui un tempo sorgeva la pineta monumentale è soggetta a opere di rimboschimento per far sorgere in pochi anni un querceto misto; nella tenuta sono presenti quattro torrette alimentate da pannelli solari che monitorano quanta CO2 viene assorbita dalla vegetazione (la zona della lecceta ne assorbe 6 tonnellate per ettaro ogni anno); qui vengono attuate misure di tutela della biodiversità per conservare la presenza della ricchezza floristica (circa 1200 specie) e faunistica (oltre 3500 specie), compresa la preservazione di piscine naturali e ambienti umidi temporanei e permanenti fondamentali per la vita soprattutto di anfibi, insetti rettili ma anche degli altri animali qui presenti (tra i mammiferi ci sono soprattutto cinghiali, caprioli e daini); qui c’è anche un centro di inanellamento e analisi dell’avifauna finalizzata all’identificazione ed allo studio degli uccelli migratori: in una giornata come quella di ieri sono stati presi nelle reti, pesati, misurati e dotati di anellino sulla zampa destra circa 150 uccelli (l’esperto che porta avanti le operazioni racconta che anche i tempi delle migrazioni sono cambiati in conseguenza dei cambiamenti climatici); qui vengono allevate ai fini della conservazione del patrimonio genetico le vacche maremmane, specie poco produttiva e dunque a rischio scomparsa; e qui, per chiudere con una nota se vogliamo più di colore, vengono allevati e dopo molti anni di nuovo accolti per il meritato riposo quando diventano anziani e dunque non più adatti al servizio i cavalli del Reggimento corazzieri, la guardia d’onore del Capo dello Stato.
Ci sarebbe molto altro da dire sulla tenuta presidenziale di Castelporziano. Ma per chi si fosse incuriosito sarebbe meglio fare quello che centinaia di ricercatori universitari provenienti da tutto il mondo fanno ogni anno: andare a visitarla di persona.
Lasciamo la parola alla direttrice della tenuta, Giulia Bonella, che in occasione del conferimento della certificazione FSC (riguardante 5.230,38 ettari di superficie della tenuta) ha sottolineato che tutto quanto fatto e si sta facendo è «a vantaggio delle future generazioni, secondo il dettato della nostra Carta costituzionale». La gestione forestale di quest’area, viene spiegato, non si limita alla conservazione, ma punta a un ruolo attivo nella lotta ai cambiamenti climatici: i boschi di Castelporziano sono un esempio concreto di come le aree verdi possano favorire il sequestro del carbonio, proteggere i suoli e conservare le risorse idriche. Spiega anche il direttore di FSC Italia Giuseppe Bonanno: «La certificazione FSC non solo riconosce il valore della gestione attiva in atto, ma assume anche un potente valore programmatico. Tutt’altro che statiche, le foreste sono in continuo divenire e riflettono i rapidi cambiamenti in corso. La tenuta, pur nella sua natura istituzionale, può diventare un magnifico laboratorio a cielo aperto di tutela e rigenerazione».