Contro la bufala dell’orso reintrodotto sulle Alpi per scopi turistici
C’è chi sostiene che l’orso sia stato reintrodotto “per scopi turistici” – come il ministro Gilberto Pichetto Fratin, che ha parlato di una “incauta scelta di sfruttamento turistico dell’immagine dell’orso” compiuta 25 anni fa. E c’è chi invece accusa l’orso di essersi rivelato un boomerang per il comparto economico trentino dell’accoglienza, con villeggianti terrorizzati, valli svuotate e perdite quantificate all’euro: 65 mila pernottamenti in meno nell’estate 2023, rispetto al 2022, per una perdita economica pari a 12-13 milioni di euro tra perdite dirette, indirette e indotte. Ma le cose stanno davvero così?
In realtà, che l’orso non fosse in grado di spostare gli equilibri in un contesto caratterizzato da un turismo “maturo”, lo si sapeva già alla fine degli anni Novanta e lo abbiamo scritto anche su questi Fogli, nella fortunata prima fase in cui non erano ancora Nuovi. Era un modo forbito per dire che il turista di Campiglio, a Madonna (come la chiama il milanese in vacanza che si sente ormai un residente) ci andava prima della reintroduzione degli orsi, ci va anche quando gli orsi dormono e, quando ci torna in estate, spesso nemmeno sa che in giro ci sono i plantigradi. Qualcosa di simile accade in alta Rendena e in tutte le altre località sciistiche del Trentino occidentale – con un effetto a cascata che si riversa sui territori circostanti – dove non c’era bisogno dell’orso per attrarre i turisti semplicemente perché i turisti, in inverno e in estate, erano già tanti, anche prima che venisse coniato il fastidioso termine overtourism. Perché l’orso gioca in un campionato minore, almeno quando scendono in campo lo sci di massa delle località più glamour delle Alpi, il Covid, l’inflazione o il lago instagrammabile. Per intenderci, quando parliamo di gran parte del Trentino abbiamo a che fare con un contesto che, dal punto di vista turistico, è caratterizzato da dinamiche ben diverse dalle montagne abruzzesi dove, per motivi che qui non stiamo a ripercorrere, l’orso o il Parco Nazionale (di cui diamo conto in un altro articolo possono diventare e sono diventati, grazie a scelte oculate, motori del turismo locale. “Qui il problema è esattamente l’opposto” – ci spiega Umberto Martini, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese all’Università di Trento, dove è titolare di corsi legati al marketing turistico e territoriale. “A me risulta che, da qualche anno, per combattere l’overtourism, nella stagione estiva sia stata ridotta se non addirittura cancellata la promozione pubblicitaria da parte di Trentino Marketing [l’ente di promozione turistica della Provincia Autonoma di Trento, ndr]. Si fanno le campagne per la primavera e per l’autunno, ma non c’è bisogno di dire alla gente Venite a sciare o Venite in montagna in estate: tutti quelli che devono saperlo, già lo sanno”.
La reintroduzione dell’orso non è avvenuta dunque per scopi turistici e, infatti, nelle 96 pagine che compongono lo Studio di fattibilità posto alla base del progetto Life Ursus (Duprè E., Genovesi P., Pedrotti L., 2000. Studio di fattibilità per la reintroduzione dell’Orso bruno (Ursus arctos) sulle Alpi occidentali. Biol. Cons. Fauna, 105: 1-96 ), solo 14 righe sono dedicate al turismo: un breve paragrafo per dire che “l’impatto negativo dell’orso sul comparto si può ritenere minimo” (e, nota bene, eventualmente legato al possibile pericolo di aggressioni all’uomo), mentre viceversa il plantigrado “potrebbe essere una risorsa da valorizzare nell’ambito dell’economia regionale”. Una previsione azzeccata, se si vanno a leggere i sondaggi demoscopici rivolti ai turisti potenziali (ne parliamo qui che, senza stupire nessuno, rivelano un interesse aggiuntivo – per quanto marginale – per le nostre montagne da parte di chi si fa stregare dal gentile incantesimo del Respira, sei in Trentino. “C’è un modo molto semplice per rispondere a chi dice che la reintroduzione sia stata realizzata a scopi turistici: quante volte, dal 1999 ad oggi, è stato utilizzato l’orso nelle campagne di comunicazione del Trentino? Zero. Io ricordo il camoscio, il cervo, l’aquila, la marmotta. Ma non l’orso”, afferma il professor Martini, che le strategie di marketing territoriale le analizza nei suoi corsi. Qualche impresa privata, negli anni, ha sfruttato l’immagine dell’orso, ma “a livello istituzionale c’è sempre stata la consapevolezza che l’orso non può né deve divenire un fattore di attrazione turistica, sarebbe del tutto fuori luogo in un contesto come il nostro: mica siamo allo Yellowstone!”.
Appurato dunque che l’orso non è tornato per scopi turistici, proviamo a vedere se regge l’assioma opposto, vale a dire se l’orso fa male alla filiera dell’ospitalità territoriale trentina. E in questo caso dobbiamo affidarci, come siamo soliti fare sui Nuovi Fogli dell’Orso, ai dati. Abbiamo dunque chiesto la collaborazione alle Aziende per il Turismo (APT) dei due comprensori turisticamente più “maturi” del Trentino occidentale che sono, al contempo, le zone maggiormente interessate dalla presenza dell’orso (e, peraltro, registrano anche la presenza del lupo): APT Campiglio, che copre le Giudicarie (da Passo Campo Carlo Magno al Lago d’Idro e, a est, Banale, Bleggio e Lomaso), e APT Val di Sole che si occupa del territorio tra Cles e il Tonale. Abbiamo domandato loro i dati di arrivi (numero di persone che iniziano un soggiorno in una struttura ricettiva) e presenze (numero totale di notti trascorse da tutti gli ospiti) per la stagione estiva (giugno, luglio e agosto. Settembre non è ancora disponibile e comunque per molte zone già “bassissima stagione”), perché il turismo invernale ha regole diverse che hanno poco o nulla a che fare con la biodiversità e quindi con la presenza/assenza dei grandi carnivori. E ci siamo concentrati sul quadriennio 2022-2025 per allontanarci il più possibile dal Covid, ma poter avere un “prima” e un “dopo” rispetto alla tragedia dell’aggressione mortale di Caldes dell’aprile 2023.
Ecco quello che ci hanno restituito i dati.

Giudicarie
- Se l’analisi si limita agli ultimi 3 anni, si registra una crescita costante dal 2023 al 2024 al 2025. Se si include anche il 2022, si nota un calo (pari a quasi il 10%) tra il 2022 e il 2023, con una leggera ripresa nel 2024 e numeri “record” (cioè più alti anche del 2022) nel 2025.
- Il trend di cui sopra non mostra differenze di rilievo tra arrivi e presenze, né tra alberghiero ed extra-alberghiero e riguarda sostanzialmente tutti gli ambiti territoriali (Campiglio, Alta Valle Rendena, Giudicarie centrali e Valle del Chiese. Solo la Bassa Valle Rendena registra un calo nel 2025 rispetto al 2024).

Val di Sole
- Un trend simile a quello appena descritto si osserva anche in Val di Sole, dove il 2023 fa registrare un calo rispetto al 2022, con lieve ripresa nel 2024 e ritorno su valori simili al 2022 nel 2025 (arrivi eguagliati; presenze al di sotto di circa 6.000 unità).
- L’aumento vertiginoso 2025 su 2024 si evidenzia in modo particolare a giugno, con crescite del 15 e 17 % complessivi su arrivi e presenze, sostanzialmente in ogni comune (con punte di + 82% di presenze a Pellizzano, +38% a Ossana, +26% a Dimaro-Folgarida e +10% a Caldes-Terzolas Rabbi). Numeri da record anche a luglio 2025 rispetto a luglio 2024, mentre ad agosto l’aumento rispetto all’anno precedente c’è, ma è più ridotto.
“Le variazioni su base annuale, di per sé, non dicono molto, perché possono dipendere da molti fattori contingenti. Per il turismo estivo in Trentino, il meteo per esempio è cruciale: un’estate torrida in città con bel tempo sulle montagne fa aumentare di molto gli arrivi e viceversa”, racconta il professor Martini guardando i dati che abbiamo raccolto. “Però una analisi statistica ha senso solo se fatta su dieci, vent’anni: è in un lasso di tempo del genere che si possono vedere i trend, apprezzare le variazioni di tendenza, ossia come mutano nel medio periodo arrivi e presenze, e si può cercare di correlarli a qualche fenomeno esterno – macroeconomico, microeconomico, congiunturale – come può essere appunto il meteo, oppure l’inflazione, il calo del reddito, la chiusura di un mercato [come nel caso della Russia, ndr] o una guerra”. Tradotto: qualsiasi analisi scientificamente seria non può che essere multifattoriale e costruita su più variabili significative. E l’orso? “Per capire se il problema degli attacchi da parte dell’orso sia diventato particolarmente importante a partire dalla tragedia di Caldes, cioè dal 2023, io analizzerei i dati a partire da inizio anni Duemila, creando una retta di interpolazione per verificare se prima dell’aggressione c’era una tendenza e se poi quella tendenza è bruscamente variata, mantenendosi nel tempo”. E questo, i dati delle due APT che abbiamo raccolto lo smentiscono, almeno nel periodo preso in esame, vista la fluttuazione che restituiscono. “Anche se si osservasse un trend, inoltre, bisognerebbe chiedersi se ci siano altre variabili che possono spiegare il fenomeno osservato, perché il tema è ovviamente complesso e ogni semplificazione rischia di portarci fuori strada”, conclude il docente dell’Università di Trento.
Una riflessione finale, in questa complessità, va al ruolo che hanno i residenti nel raccontare ai turisti cosa è oggi la montagna trentina – esiste un effetto “contagio” che trasmette la paura dal proprietario del b&b della Val di Sole di turno al turista? – e al tipo di comunicazione che parte dalle istituzioni pubbliche. E qui arriviamo ai tanto chiacchierati cartelli: quelli gialli, piccoli e grandi, posizionati al principio di molti sentieri del Trentino occidentale per informare della presenza dell’orso. Spaventano i turisti? Sono solamente un modo per scansare le responsabilità al prossimo incontro ravvicinato? “Assolutamente no: si tratta di strumenti utili per una gestione consapevole e seria dei grandi carnivori”, assicura il professor Martini. “Un decalogo di buoni comportamenti da utilizzare nei boschi abitati da orsi e lupi, una richiesta di adeguarsi al contesto montano e, in senso lato, un modo per promuovere elementi caratteristici del territorio e quindi il territorio stesso”. Strumenti indispensabili per favorire la coesistenza che – insieme alle tante altre iniziative di comunicazione che andrebbero promosse, magari con maggiore incisività ed efficacia nelle zone dove l’orso è presente – servono per rendere gli escursionisti consapevoli di una presenza per certi versi nuova, di uno dei (tanti) cambiamenti a cui dobbiamo abituarci. Una presenza, quella dell’orso come quella del lupo, che non deve tenerci lontani dai boschi, ma di cui è bene essere informati.
Quest'articolo è stato pubblicato col titolo "L’orso non è in catalogo… ma nemmeno il colpevole della crisi dell’accoglienza turistica
Ecco cosa dicono davvero i dati" ne I nuovi fogli dell'orso del Parco naturale Adamello Brenta