Eea, grazie alle rinnovabili l’Italia può ridurre di due terzi il costo dell’elettricità al 2030
Il nuovo rapporto Renewables, electrification and flexibility - for a competitive EU energy system transformation by 2030, pubblicato ieri dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), mostra che l'espansione delle fonti rinnovabili può ridurre i costi di generazione dell’elettricità e migliorare l’indipendenza energetica del Vecchio continente, con sensibili guadagni (anche) sul fronte economico.
«Non si tratta solo di raggiungere gli obiettivi climatici – spiega la direttrice esecutiva, Leena Ylä-Mononen – Passare a più rinnovabili e all’elettrificazione è un’opportunità per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili importati. Questo abbasserebbe i prezzi all’ingrosso dell’elettricità nel medio termine e rafforzerebbe la resilienza e l’autonomia strategica dell’Europa in un contesto geopolitico sempre più incerto».
Nel 2022 i combustibili fossili rappresentano la quota più ampia dell’energia complessivamente usata nell’Ue (70%), col petrolio – impiegato principalmente nei trasporti – che rappresenta il 37% dei consumi lordi, seguito a distanza da gas (21%), rinnovabili (16%), carbone (13%) e nucleare (11%). Il 98% di tutto il petrolio gas utilizzati negli Stati membri è importato, e nel 2022 – in piena crisi energetica – l’import è costato il 4,3% del Pil, circa il doppio rispetto alla media storica.
Solo nel 2024 l’Ue ha speso 375,9 miliardi di euro per l’import di combustibili fossili, alimentando un ciclo vizioso infernale: l’ultimo anno è stato il più caldo da oltre 100mila anni, con temperature a +1,6°C rispetto ai livelli pre-industriali, e gli eventi meteo estremi legati a questa crisi climatica sono arrivati a costare ormai 738 miliardi di euro nel solo periodo 1980-2023.
Oltretutto, la maggior parte dell’energia importata viene sprecata, in quanto le centrali a carbone raggiungono un’efficienza di conversione di circa il 38-46% – due terzi dell’energia si disperdono dunque come calore inutilizzabile –, un dato che per le centrali nucleari è circa 36%, le turbine a gas variano tra il 28% e il 58%, mentre solare, eolico e idroelettrico arrivano al 100%. È uno dei principali motivi per cui è necessario spingere sul fronte dell’elettrificazione dei consumi, che secondo la Eea dovrà arrivare almeno al 32% nel 2030 e al 57% nel 2050, dal 22% dei consumi lordi di energia soddisfatti con l’elettricità nel 2022.
In questo scenario le rinnovabili devono aumentare fino al 77% di tutta la capacità elettrica installata entro il 2030 (equivalente a un aumento di tre volte rispetto al 2022), ed è necessaria una spinta uguale o maggiore sul fronte della flessibilità, attraverso l’ammodernamento delle reti elettriche e l’implementazione degli stoccaggi.
«L’Europa avrà bisogno di circa 350 miliardi di euro in investimenti aggiuntivi all’anno nel corso di questo decennio per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni nei sistemi energetici entro il 2030, oltre a 130 miliardi di euro per altri obiettivi ambientali», afferma la Eea.
In compenso, questo sforzo – oltre a contrastare la crisi climatica in corso, coi suoi morti e coi suoi danni economici da eventi estremi – ridurrà in modo determinante i prezzi all’ingrosso dell’elettricità, misurati sui Mercati del giorno prima (Mgp). Nel 2023 la media Ue era pari a 91,7 €/MWh, e già nel terzo trimestre 2024 l’Europa settentrionale si è trovata con prezzi più bassi del 28% rispetto all’anno prima, grazie alla forte generazione da fonti rinnovabili.
«Questo dimostra la capacità delle fonti rinnovabili di sostituire il gas e abbassare i prezzi dell’elettricità – argomenta la Eea – Accelerare la diffusione delle rinnovabili e migliorare l’efficienza energetica per raggiungere i livelli di riferimento per il 2030 ridurrebbe significativamente le ore durante le quali gli impianti peaker a gas devono operare come generatori di riserva».
Entro il 2030, ciò si tradurrebbe in una riduzione del 57% del prezzo medio all’ingrosso dell’elettricità nell’Ue (portandolo a 39,9 €/MWh) rispetto al 2023, con riduzioni che arrivano al -81% e -77% attesi in Spagna e Portogallo. Per l’Italia il prezzo si ridurrebbe di due terzi, da più di 120 €/MWh a poco oltre 40 €/MWh. È però necessario ricordare che si parla di prezzi all’ingrosso, mentre in bolletta ci sono altre tre componenti: i costi di commercializzazione e vendita (costi fissi, indipendenti dalle quantità consumate e stabiliti dai fornitori), gli oneri di sistema e la spesa per il trasporto e la distribuzione (stabiliti dall’autorità per l’energia, l’Arera), e gli oneri fiscali; in particolare, secondo l'ultima relazione annuale Arera, per i clienti domestici la «componente energia e i contenuti costi di rete», rappresentano rispettivamente il 55% e il 17% del prezzo totale, mentre «la componente di oneri, imposte e tasse» nel 2024 «ha inciso per il 27% sul prezzo finale per il consumatore domestico», e «ha subito un aumento del 28%». Occorre dunque redistribuire tali costi in senso progressivo, anche valutando di spostarne una quota sulla fiscalità generale, per rendere più giusta la transizione energetica.
